di MARCO ANSALDO *
Mediterraneo e Mar Nero. Due mari al centro. Protagonisti vivi e forse inattesi sulla scena politica attuale. Perché gli avvenimenti internazionali più recenti ci spingono a considerare queste due entità non come meri comprimari, ma come veri e propri attori di primissimo piano.
Lo scorso anno ‘Piazza Levante’ ha dedicato un potente editoriale al Mediterraneo e al suo ritorno strategico, giudicandolo fin dal titolo ‘Un’occasione da non perdere per Genova e per la Liguria’. L’anima glocal, globale e locale che ci caratterizza, non può prescindere dalla centralità delle acque che toccano le nostre coste e ci collegano però con Paesi lontani con cui la Liguria ha da sempre legami storici, diplomatici, commerciali. Un genovese, un ligure, non può prescindere dalla propria storia e da quel mare che segna la sua vita e la sua sopravvivenza.
Ma l’aggressione della Federazione Russa di Vladimir Putin alla sovranità dell’Ucraina e lo scoppio della guerra ha messo al centro da un anno a questa parte un’altra realtà, che ci appariva distante, e che eppure per molti secoli ha rappresentato, proprio per i genovesi e i liguri, un territorio di conquista e di sviluppo.
Il Mar Nero è così entrato di prepotenza nelle cronache. E quella Crimea che risuonava nelle nostre orecchie per i tanti siti laggiù costruiti nel Medioevo dalla Repubblica di Genova, ha improvvisamente assunto un sapore attuale e diverso rispetto alla considerazione puramente storica che le avevamo assegnato. E ai ricordi delle colonie di Caffa e degli accordi di Jalta abbiamo così dovuto aggiungere l’occupazione russa del 2014 della penisola e gli attacchi al ponte di Kerch che unisce il territorio della Russia alla Crimea.
È come se i blitz a colpi di droni, partiti da quelle acque, ci avessero improvvisamente risvegliato. E il Mar Nero, a suon di invasioni e di bombe, è tornato al centro dei nostri pensieri, meno lontano di dove lo avevamo confinato, e più vicino di quel che pensassimo. Per chi vive poi da anni, come chi scrive, a Istanbul e ci passa la maggior parte del tempo ad analizzare le rotte della geopolitica, quello specchio d’acqua è un vicino ben presente che si spalanca di fronte ogni mattina che si apre la finestra, e si guarda da una parte il Bosforo e il Corno d’Oro, e dall’altra gli sciabordii di quell’immenso lago che oggi è tornato a far paura.

Le navi da guerra russe che lo dragano giorno dopo giorno percorrono minacciose i porti tra la Russia e la penisola della Crimea, spingendosi fin nel cuore delle acque internazionali. Erroneamente Mosca ritiene che quel ‘lago’ sia di sua proprietà. Sono infatti ben sei i Paesi che vi si affacciano, e tutt’altro che secondari. La Turchia come base d’attracco non ha solo Istanbul, ma un porto come Trebisonda, tanto per dire, città dalle mille sfaccettature e i cui venti sono capaci di ribaltare uomini e navi se non si è capaci di governare quegli eventi atmosferici così peculiari nella zona. L’Ucraina vi schiera una città come Odessa, impastata di cultura e di legami internazionali. La Romania rivendica l’Isola dei Serpenti che sta di fronte alle basi della Nato poco oltre un altro scalo fondamentale come quello di Costanza. La Bulgaria affaccia porti avvezzi a traffici e commerci come Burgas, non disgiunti dalle attività turistiche che hanno dato a Varna il nome di Perla del Mar Nero. E la Georgia soffre dei tentativi di soffocamento da parte di Mosca, ma riesce a reagire con forza mostrando tutto l’orgoglio di un’indipendenza conquistata a fatica.
Se ora le ambizioni della Russia sul Mar Nero stanno cercando di stravolgere le abitudini dei Paesi litoranei, minacciano pure molto seriamente i rapporti internazionali. E il ‘grande lago nero’, non navigabile ai tempi di Omero, dunque considerato come inospitale e oscuro, è diventato un centro di gravità nuovo, dove si giocano interessi mondiali. Solo di recente, e dopo l’ennesimo acceso negoziato con Mosca, è stato rinnovato l’accordo per l’esportazione di grano che, rimasto bloccato nei primi mesi di guerra in Ucraina, è infine affluito dal Mar Nero attraverso lo Stretto del Bosforo, poi lungo quello dei Dardanelli per arrivare in Europa ma soprattutto in Medio Oriente e in Nord Africa. Un’intesa importantissima, siglata nel luglio del 2022 a Istanbul, grazie all’intermediazione della Turchia che ha favorito il patto e sbloccato un’iniziativa capace di dare via libera a 20 milioni di tonnellate di grano, consentendone l’accesso a quei Paesi che ne avevano un assoluto bisogno.
Ma nel Mar Nero si giocano molte altre partite decisive. E oltre alla controffensiva militare ucraina sulla Crimea e all’accordo per l’esportazione del grano, c’è la questione del gas. La Turchia di recente ha scoperto qui alcuni importanti giacimenti nel lotto chiamato Sakarya, spostando le sue uniche tre navi dotate di trivelle la Yavuz, la Kanuni e la Fatih, dal Mediterraneo Orientale e da Cipro, dove Ankara ha scoperto altri giacimenti.
C’è inoltre un fronte squisitamente diplomatico, ineludibile. Nei mesi che hanno preceduto l’attacco russo a Kiev, gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli sono stati attraversati da navi e sottomarini russi provenienti dalle basi militari del Baltico e dell’Artico, diretti per l’appunto sul Mar Nero. Gli ammiragli di Putin hanno fatto questa mossa in tempo. Perché l’altra grande potenza di queste acque, la Turchia, ha la possibilità di chiudere, in caso di guerra, il passaggio dei suoi stretti a navi militari, secondo la Convenzione di Montreuxfirmata nel 1936. E così come Mosca e Ankara si spartiscono altri fronti internazionali caldi, la Libia dove la Russia è presente in Cirenaica e la Turchia in Tripolitania, o la Siria dove insieme pattugliano il nord liberato dalla presenza curda, o il Caucaso tuttora in guerra, allo stesso modo si posizionano e si fronteggiano su queste acque in una sorta di “collaborazione competitiva”.
Per il presidente russo, oggi, il Mar Nero è dal punto di vista strategico forse l’impegno più importante della guerra in Ucraina. Lo considera alla stregua di un ‘lago russo’, ma la sua percezione non è corretta se deve avere a che fare non solo con la Turchia, bastione della Nato sul fianco sud orientale dell’Alleanza atlantica, ma anche con Romania e Bulgaria che fanno parte della stessa organizzazione. La Russia anzi è in netta minoranza, visto che le stesse Ucraina e Georgia vorrebbero far parte della Nato.
Ecco come allora sul Mar Nero si incrociano molti destini e tante partite. Così da diventare un elemento cruciale nella geopolitica di inizio Millennio. Solo un pugno di anni fa temevamo un possibile conflitto nel Mediterraneo orientale, a causa della Turchia che con il suo ingresso prepotente in Libia occupava le acque a sud di Cipro sconvolgendo i confini marittimi e scombinando i piani di Paesi come Israele, Egitto, Grecia, Cipro, e finanche Francia e Italia. Ora ci ritroviamo con un Mar Nero tornato attuale, perché in bilico fra guerra e pace. Vengono in mente le parole scritte da Predrag Matvejevic in quello che è ormai un classico, il suo ‘Breviario Mediterraneo’: ‘Di solito le coste del Mar Nero vengono escluse dal cerchio mediterraneo, come se in qualche misura non gli appartenessero. Ho voluto rendermi conto di persona se le cose stavano così, e mi sono diretto verso quelle che mi erano accessibili’. I dubbi del grande scrittore croato, che visse a lungo a Roma, rimasero tali. Ma è oggi lampante che il Mar Nero, al pari del Mediterraneo, è il nuovo territorio su cui si gioca una partita mondiale.
(* inviato e consulente a Istanbul per Turchia, Medio Oriente, Caucaso)