di ALBERTO BRUZZONE
A quasi due anni dal suo insediamento ufficiale, l’amministrazione chiavarese del sindaco Marco Di Capua è ormai troppo lontana dal dire che è colpa degli altri e troppo vicina al dover risolvere, senza recriminare, situazioni spinose.
Si chiama responsabilità politica, prima ancora che tutela dei propri concittadini. Così sul fronte della riqualificazione dell’area ex Italgas di via Trieste – tema caldissimo in queste settimane e che ‘Piazza Levante’ ha sollevato per prima tra i media, rompendo un assurdo e inspiegabile muro di silenzio, generale e generalizzato – l’attuale maggioranza si gioca pienamente la faccia e gran parte del suo futuro.
Lo schema Preli, sapientemente utilizzato in campagna elettorale dall’avvocato Segalerba, nel caso di via Trieste non paga più. Perché, questa volta, ci sono carte ufficiali a dire che, se fosse passato il Puc voluto dalla precedente amministrazione, oggi in quell’area ci sarebbero spazi pubblici e verde.
Per assurdo, Segalerba chiede all’ex sindaco Levaggi, attraverso un messaggio assai provocatorio pubblicato sulla pagina Facebook di Avanti Chiavari, di dimostrare “che lì avrebbe fatto giardini e parcheggi”.
Ma la risposta, invece che presso Levaggi, l’avvocato Segalerba, che è anche presidente del Consiglio Comunale di Chiavari (giusto per ricordarlo), dovrebbe cercarla presso gli uffici tecnici del Puc. Qui, evidentemente, troverebbe la relazione alle 189 osservazioni all’attuale Puc presentate dai residenti di via Trieste, che deve ancora esser resa ufficiale ma, si sente dire, parrebbe essere di segno negativo, salvo stravolgimenti.
Ad ogni modo, in questo stesso riscontro e nelle osservazioni, ripercorrendo la storia, si dice che “nel Puc adottato nel 2015, per le parti di competenza Italgas, previa necessaria procedura di disinquinamento delle superfici originariamente interessate dagli impianti di produzione e deposito del gas e conseguente demolizioni dei fabbricati, è obbligatoria la sistemazione superficiale per usi compatibili con il contesto urbano di riferimento, con sistemazioni a verde e realizzazione di accesso pubblico al fabbricato del Palazzo di Giustizia”.
Ora, i casi sono due. O l’attuale amministrazione non è a conoscenza di questa relazione – e pare un fatto strano – oppure, essendone a conoscenza e avendo comunque dichiarato di volersi iscrivere al Comitato di via Trieste, è in palese contraddizione.
Ma con quale disinvoltura l’avvocato Segalerba intende appoggiare direttamente la battaglia dei comitati, ben sapendo che gli uffici tecnici del Comune potrebbero bollare le loro richieste con il ‘non luogo a procedere’?
Palazzo Bianco, per parte politica, si sta in pratica schierando contro il settore tecnico… dello stesso Palazzo Bianco, in un cortocircuito assurdo il cui unico scopo è quello di provare a salvare la faccia arrampicandosi sugli specchi.
È uno schema piuttosto consueto, e ormai non si stupisce più nessuno. Ma la crescente goffaggine, nei tentativi di deresponsabilizzarsi, sfiora quasi il ridicolo. Il film è talmente banale da essere ormai scontato. Spunta una pesantissima colata di cemento. L’amministrazione che governa è chiamata in causa. Ma è sempre colpa di quelli che c’erano prima.
Vi ricordate due anni fa? Gli attuali esponenti di maggioranza di Palazzo Bianco andarono a Preli, si fecero un video che ebbe migliaia di visualizzazioni sui social, e con un clamoroso ribaltamento di prospettiva riuscirono a convincere gran parte degli elettori che il cemento della riqualificazione dell’ex cantiere navale non era opera loro. Peccato che l’allora sindaco Vittorio Agostino, di cui Segalerba e Di Capua erano assessori, fosse nel frattempo stato condannato in via definitiva proprio sull’affaire Preli.
Peccato che, nei verbali di quel processo, l’avvocato Segalerba, sentito come testimone, definisse quel progetto “il cavallo di battaglia nostro della nostra parte politica perché volevano realizzare la passeggiata; insomma tutte le parti pubbliche che sono in una posizione molto rilevante per Chiavari e quindi questo era per noi il fiore all’occhiello da realizzare durante il mandato che si era aperto da giugno del 2002, quindi questa era l’attenzione generale che noi tutti i consiglieri avevamo su questa vicenda. L’amministrazione ha sempre voluto almeno dagli atti del consiglio portare avanti questo progetto e tutto oggi voglio dire, è molto qualificante per Chiavari”.
Niente, una volta in campagna elettorale, il refrain era completamente cambiato: “Progetto invadente, impattante ed eccessivo. Non ho mai voluto firmare nei confronti dei chiavaresi questo progetto”. E ancora: “Il mostro approvato a Chiavari”.
Passano due anni, cambia la zona, ma la tattica è la stessa: buttare le colpe sugli altri. Riuscirà la strategia ad andare a segno? Riusciranno gli attuali amministratori a dimostrare totale estraneità? E, nel caso, come farà Palazzo Bianco ad andare contro se stesso?
Per questo, la mossa di aderire al Comitato di Via Trieste è la classica scelta ‘paraculo’ anche agli occhi dei più sprovveduti. Come mai non si è andati in questa direzione sin da subito? Come mai si è lasciato scadere il Puc?
Ultimo aspetto, il parallelismo con il depuratore. Sempre nello stesso post, Segalerba afferma: “Anche per la battaglia contro il depuratore al Lido – sempre gli stessi di oggi – dicevano che non ci saremmo riusciti. Invece con il voto di 67 comuni della ex provincia il depuratore non si fa più al Lido. Serietà e determinazione portano i risultati per una Chiavari più bella al fianco dei nostri cittadini”.
Davvero a Palazzo Bianco ci sono in sella tali e tanti ‘fresconi’ da considerare una vittoria l’aver spostato il depuratore di pochi metri, buttando letteralmente via la zona di Colmata, probabilmente ancora più vicino alle abitazioni e sicuramente più vicino al porto turistico? Davvero questo risultato porterà Chiavari a essere “più bella”?
Forse, al posto di puntare sempre l’indice, gli attuali governanti di Chiavari avrebbero dovuto avere il coraggio di fare scelte più chiare. Magari smettendola di ragionare nell’ottica dell’accozzaglia e dello stare con tutti, di cui la composizione variegata di questa maggioranza è la perfetta fotografia. Magari bisognerebbe osare, una volta tanto, dire bianco o nero. Invece, si preferiscono sempre le cinquanta sfumature di grigio. Guarda caso, il colore del cemento che, ancora una volta, incombe sulla povera Chiavari. Senza che, mai una volta che sia una, sia colpa di qualcuno (di loro).