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Giovedì 13 novembre 2025 - Numero 400

Un libro dell’antropologo Giardelli racconta gli antichi mestieri dell’entroterra di Levante

Presentazione venerdì 19 maggio alle 17 nella Sala Borlandi – Società Ligure di Storia Patria, al Palazzo Ducale di Genova
Le mondine, uno degli antichi mestieri descritti nel libro di Paolo Giardelli
Le mondine, uno degli antichi mestieri descritti nel libro di Paolo Giardelli
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di ALESSANDRA FONTANA

Che cosa ne è stato degli antichi mestieri, dei racconti che hanno forgiato generazioni dell’entroterra? Molti dei lavori che si tramandavano sono scomparsi e i ragazzini di oggi, specialmente quelli che hanno vissuto sempre e solo in città, non conoscono nomi e regole di questo tempo che sembra lontanissimo.

Lo sa molto bene l’antropologo Paolo Giardelli che ha raccolto quarant’anni di ricerche sul campo in un libro: ‘La memoria ritrovata. Andare e venire in una valle appenninica dalle mondine alle maestre di montagna’ passando al setaccio la Valbrevenna, una valle stretta e conservativa alle spalle di Genova, raccontando figure e dinamiche riconoscibili in tutte le valli dell’Appennino, comprese quelle del nostro Levante.

Dalle mondine: “Tra le prime a lottare per le otto ore di lavoro giornaliere”, passando per le maestre di montagna: “L’unico mestiere, a parte quello di levatrice, che permetteva alla donna l’indipendenza economica”. Giardelli ricompone il puzzle di un passato lontano e al tempo stesso vicino: “Sono tantissimi i mestieri scomparsi da quelli più comuni a quelli più bizzarri. Dalla Valpolcevera, Valle Scrivia c’erano uomini che andavano in Sardegna per fare i ‘camalli’ del tonno. Ma i tonni di allora erano enormi, dicevano ‘grossi come una vacca’ e se li caricavano sulle spalle oscillando per la strada, sembrava che ballassero. Scomparso ormai anche il ‘treno delle montagne’, il mitico mulattiere che era il collegamento con la città”.

E ancora il merciaio: “Con tutti quei cassetti con bottoni, stoffe…  Ma c’era anche chi aveva i trampoli e faceva il traghettatore nei fiumi e nei torrenti si caricava in spalle la persona o i bagagli per portarli dall’altra parte”. Eppure tutto torna, forse non i mestieri ma le strategie sì: “Non tutto del passato è obsoleto – continua l’antropologo – basti pensare alla cultura del riuso che va di moda ora. Sarebbe stato impensabile per questi contadini buttare via qualcosa, tutto si usava e si riutilizzava fino allo sfinimento. Nemmeno le tematiche dell’immigrazione sono nuove, tante persone hanno affrontato i viaggi in condizioni disumane sperando in una vita migliore e hanno avuto problemi di integrazione e non solo. Io ripeto sempre questa frase: ‘Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo’. Conservare la memoria è importante, bisogna capire da dove veniamo”.

E il concetto di memoria è molto caro agli abitanti dell’entroterra che non si arrendono al passare del tempo e continuano a rinnovare tradizioni purché non si perdano. 

A proposito del libro ‘La memoria ritrovata. Andare e venire in una valle appenninica dalle mondine alle maestre di montagna’, Giardelli sottolinea un passaggio: 

“Ho aperto a caso una pagina del libro, ed è comparsa la testimonianza di una mondariso, da cui ho estrapolato un brano:

– Ce n’erano altre come lei?

– Ce n’erano tante altre. Ci avevano fatto fare le carte che avevamo quattordici anni, ma ne avevamo tredici. Ci facevano fare le carte di quelle che restavano a casa. Se no non ci prendevano, se dichiaravamo meno di quattordici anni. Poi ci trattenevano anche otto franchi perché eravamo novizie.

– Vi controllavano?

– Sì, c’erano i capi che venivano dal paese. Ce n’era fino troppa gente che non faceva niente. Continuavano a dire: ʽBassu cun la göbba, muntagne da furcaʼ. Perché loro erano di pianura, noi venivamo dalla montagna. ʽBassu quella göbbaʼ, abbasso quella schiena. Guai se ne vedevano una dritta, quattordici ore lì, con la testa nell’acqua.

– Era faticoso il lavoro?

– Eh, non si poteva mica stare lì senza fare niente.

– C’erano anche dei momenti più lieti perché eravate giovani e alla monda più libere dal controllo della famiglia?

– No, no. Solo che alla domenica c’era sempre qualcuno che aveva la fisarmonica, si facevano dei balli in fondo alla cascina.

– Eravate contente di andare alla monda?

– Sì perché si guadagnava qualcosa, non perché si andasse a divertirsi”.

Il libro verrà presentato all’interno de ‘I venerdì a Pâxo’ da Compagna Palazzo Ducale a Genova. Appuntamento venerdì 19 maggio alle 17 nella Sala Borlandi – Società Ligure di Storia Patria. La presentazione sarà tenuta dell’autore con la collaborazione di Francesco Pittaluga, responsabile de ‘I Venerdì da Compagna’, e Isabella Descalzo.

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