di ALBERTO BRUZZONE
Più infrastrutture e più innovazione digitale e tecnologica. Sono le strade, sia materiali che immateriali, per le quali passa il futuro della regione Liguria, secondo il Governatore Giovanni Toti. Era l’estate del 2015 quando, un po’ a sorpresa, il giornalista ed ex delfino di Silvio Berlusconi s’insediava a piazza De Ferrari a Genova, per guidare il principale ente pubblico ligure, dopo il decennio di presidenza di Claudio Burlando.
Ora, con le elezioni alle porte, pure Toti punta a bissare il successo di un lustro fa, per quanto la sua ricandidatura non sia ancora ufficiale, né siano stati ufficializzati i nomi dei suoi sfidanti. Le idee, però, sono piuttosto chiare, sia su quanto fatto che su quanto rimane da fare: e proprio in tema sia di infrastrutture che di innovazione tecnologica, il Levante genovese, nella visione di Toti, dovrebbe avere un ruolo di assoluto protagonista.
La mancanza di infrastrutture è un fatto endemico, per questa parte di territorio ligure. In Fontanabuona molte aziende hanno già chiuso, altre si sono spostate. Come si argina questo fenomeno?
“Le infrastrutture sono un problema di tutta la Liguria. O, per dirla meglio, la cronica mancanza di infrastrutture: questa è il vero problema, e purtroppo dura da decenni. Per questo, anche in occasione del recente incontro con il ministro Francesco Boccia a Sanremo, ho chiesto maggiore autonomia per la Regione Liguria, ho chiesto ulteriori competenze per poter discutere di infrastrutture con Anas e con Autostrade. Anche perché questo Governo sta dando, in questo senso, poche risposte. Già si faceva fatica con la parte grillina del precedente esecutivo, ma con questo Conte bis la situazione è nettamente peggiorata. Invece, alla Liguria le infrastrutture servono come il pane e il tunnel della Fontanabuona, a mio avviso, è la priorità delle priorità. Per questo ho chiesto autonomia, per capire la disponibilità di Anas e di Autostrade rispetto a questa opera, se hanno cioè l’intenzione di partecipare a un progetto del genere, una volta che sarà chiarita la vicenda delle concessioni ad Autostrade, che sta diventando abbastanza surreale e stucchevole”.
Se le infrastrutture sono un’emergenza nel Levante, l’altra grande emergenza è la messa in sicurezza dal rischio idrogeologico. A che punto siamo?
“Abbiamo fatto moltissimo, ad esempio con lo scolmatore di Santa Margherita e con i lavori al torrente San Francesco di Rapallo. Ora il centro della nostra attenzione è a Chiavari: ci siamo visti di recente con l’amministrazione comunale, in occasione della Fiera di Sant’Antonio. Il discorso della messa in sicurezza del Rupinaro è apertissimo. Sono sostanzialmente d’accordo con l’ipotesi dello scolmatore e vorrei arrivare a una progettazione già nel corso di quest’anno, per poi inserire l’opera all’interno di una programmazione pluriennale. Regione Liguria c’è ed è pronta a fare la sua parte”.
Sempre a Chiavari, tiene banco il discorso del depuratore alla Colmata.
“Aspettiamo diligentemente che i tecnici finiscano le loro analisi e i loro studi. E restiamo rispettosi sia verso la Città Metropolitana che verso l’amministrazione comunale di Chiavari. Noi siamo disponibili a supportare tutte le soluzioni che ci verranno proposte. Il progetto del depuratore ha incontrato parecchie ostilità in città, e questi sono tutti punti che sono da chiarire, insieme a quelli di natura tecnica. Aspettiamo l’esito”.
In tema di sanità, c’è stato parecchio dibattito sulla riorganizzazione della Asl 4, in particolare dell’ospedale di Sestri Levante: lei che ne pensa?
“Io credo che molto sia stato fatto, e che molto altro rimanga da fare, come del resto in tutta la Liguria, alla voce sanità. È il tema più aperto e complicato della nostra amministrazione, non possiamo negarlo. Ma, parlando solo dell’Asl 4, la situazione non mi pare così negativa: Sestri Levante è stato efficientato, Lavagna funziona, Rapallo potrebbe funzionare meglio con altri reparti. Quello che conta, però, è che siamo riusciti a mantenere un presidio ospedaliero praticamente in ogni città della costa, e questo ci pare fondamentale per venire incontro alle esigenze delle persone, anche in termini di prossimità rispetto al territorio, che, non dimentichiamolo, è un territorio vasto e morfologicamente molto complesso”.
L’innovazione tecnologica: secondo lei è una ricetta che la Liguria deve sperimentare ancora di più.
“Ne sono assolutamente convinto. Sia io, sia i membri della Giunta Regionale. La Liguria può e deve dare un’ulteriore accelerata, rispetto all’innovazione digitale e tecnologica. Ho visitato diverse volte l’incubatore di Chiavari, Wylab, e ne sono rimasto ben impressionato: è bello che nella nostra regione nascano così tante startup, molte delle quali riescono poi ad avere successo. I numeri del recente Rapporto Ambrosetti, in questo senso, sono molto positivi: in Liguria, proporzionalmente rispetto alla popolazione, nascono tante startup quante in Piemonte e in Lombardia. È un dato di cui tener conto e sul quale andare avanti, continuando a investire. Anche qui Regione Liguria è pronta a fare la sua parte, come ha già fatto in questo quinquennio. Quello che io penso, però, è che vada trovato un maggiore equilibrio tra incubatori pubblici e incubatori privati. Occorre maggiore sinergia. Noi puntiamo molto su Liguria Digitale, che è un po’ il nostro hub tecnologico pubblico, ma ci sono molte altre realtà che stanno crescendo, non solo nel Levante. Prendiamo ad esempio gli Erzelli, dove arriverà Cisco e dove tante piccole e medie imprese hanno già fatto la loro strada. Io penso che la Liguria sia una regione fatta apposta per quei mestieri del ‘nomadismo digitale’: laddove in altre zone d’Italia la vita è più cara e il clima è peggiore, qui c’è la possibilità di stare meglio, spendendo meno. E facendo lo stesso identico lavoro. Siamo l’approdo ideale per le nuove professioni legate a Internet. Non a caso, stiamo spingendo sempre più con Enel e con Open Fiber perché si vada a innervare con la banda larga anche quelle zone commercialmente meno importanti, ma pur sempre meritevoli di un collegamento veloce alla rete, proprio in questa ottica che ho descritto”.
La sensazione, però, è che ci siano tante belle idee, ma poi si finisca sempre per rincorrere l’emergenza, e lì vadano disperse tante energie. Non trova?
“Se si riferisce alla gestione post mareggiata, certamente quella è stata una emergenza. Così come la gestione post crollo del Ponte Morandi. Ma le emergenze fanno parte di qualsiasi ciclo amministrativo: anche da quelle, però, si può intravedere un certo slancio, e questa regione senza dubbio l’ha dimostrato. Prendiamo Portofino: non aveva certo bisogno di pubblicità. Ma una strada rifatta in tre mesi non ha fatto altro che accrescerne il prestigio, è stata una importante coda di popolarità. Il porto di Santa Margherita è stato rimesso a posto, a giorni stanzieremo dieci milioni di euro per il Comune di Rapallo, per la pulizia dei fondali e per i dragaggi. Compiamo ogni sforzo, quotidianamente, per far tornare tutto al periodo pre mareggiata. Il Tigullio è stato un bell’esempio di una regione capace di reagire e di non gettarsi la croce addosso. E, in questo senso, devo anche rilevare il grande spirito di collaborazione tra i tre sindaci del territorio: una collaborazione non scontata, ma che Viacava, Donadoni e Bagnasco hanno saputo mettere sempre in campo”.
Il Tigullio è stato anche il veicolo del vostro primo esperimento di comunicazione massiccia: il red carpet.
“È vero. Da lì, da quel tappeto rosso tra Rapallo e Portofino, ne sono partiti poi molti altri. Abbiamo saputo lavorare bene, secondo me, sulla comunicazione. Ma ogni comune ha fatto egregiamente la sua parte. Poi, ci sono stati anche fatti più concreti, come la riapertura del sentiero dei baci. Il Tigullio, secondo me, rappresenta un bell’esempio di come si possono fare belle cose, con una giusta sinergia tra Regione e amministrazioni locali. Questa, a lungo andare, diventa una calamita per gli investimenti. Non è un caso se Cracco apre un ristorante a Portofino, non è un caso se arrivano altri capitali, se si affacciano importanti gruppi alberghieri. Ecco, se dovessi dire una terza via per la Liguria, è sicuramente il turismo. Infrastrutture, innovazione tecnologica e turismo: questa è la strada della Liguria per i prossimi anni”.