Settimanale di attualità, economia e sport, Chiavari, Genova, Liguria

Glocal… no social
Settimanale di attualità, economia e sport

Settimanale di attualità, economia e sport

Giovedì, 8 giugno 2023 - Numero 273

Ritardi, silenzi, occasioni perse, allarmi inascoltati: Ponte Morandi, cronaca di un crollo annunciato

Condividi su

di ALBERTO BRUZZONE

Premessa doverosa: non è il momento delle polemiche. E non lo dev’essere, almeno per un bel po’. Ma dopo l’immane tragedia del crollo del Ponte Morandi, è naturale mettersi a rispolverare gli annali.
Così si riscopre una storia d’inizio anni Novanta. Che comincia a Roma: premier Giulio Andreotti, ministro per le Infrastrutture Giovanni Prandini. Il governo stanzia consistenti finanziamenti per Genova: ci sono in ballo le Colombiane del 1992 e anche il raddoppio del Ponte Morandi, per alleggerire la viabilità su una struttura evidentemente molto ‘stressata’ già ai tempi.
Costruito dall’ingegner Morandi secondo precise previsioni e aspettative di traffico negli anni Sessanta, tre decenni dopo il ponte si ritrovò con transiti quasi quintuplicati. Da lì, la necessità di pensare, progettare e realizzare un’alternativa.
Il disegno venne fatto, e pure tutti gli studi preliminari. Il raddoppio del Ponte Morandi era possibile: “Non si trattava di una vera e propria Gronda, come quella che vorrebbero realizzare ora – ricorda un ex consigliere regionale di quel periodo – ma di un viadotto che comunque sarebbe stato molto utile per collegare la zona del centro città al ponente. Il ‘secondo ponte’ doveva essere costruito esattamente settecento metri più a nord rispetto a quello attuale e, una volta raggiunto il crinale, sarebbe stata costruita una galleria. Il raccordo tra vecchia e nuova viabilità era previsto nella zona di Pra’. Sarebbe stata un’opera importante, necessaria e, col senno di poi, assolutamente imprescindibile. Forse in questo modo il Ponte Morandi sarebbe stato ristrutturato anche potendolo chiudere, e non sarebbe crollato”.
Ma quale intoppo avvenne? Che cosa ci fu a bloccare la costruzione del secondo viadotto? “Il Governo – ricorda l’ex consigliere – aveva stanziato per l’opera mille miliardi di lire. Ma, sin da subito, il dibattito fu molto aspro e contrastato. Alcuni politici erano favorevoli ai lavori, altri fortemente contrari. Anche dai cittadini si levarono molte voci contro. In particolare, ricordo le proteste di chi aveva le serre di basilico nella zona di Pra’. Discorsi molto simili rispetto a quelli ascoltati anni dopo con la Gronda”.
Vale a dire espropri, opere grandi e inutili, troppo cemento eccetera eccetera. E’ puramente cronaca: “Fatto sta che il tempo trascorse e, senza presentare nessun progetto concreto, il finanziamento venne perso. Il ministro Prandini dirottò i fondi sul Veneto e l’opera non venne mai realizzata. A Genova restarono i soldi delle Colombiane. Fu un successo in termini turistici e di promozione. Ma la grande occasione di avere un’infrastruttura di fondamentale importanza venne irrimediabilmente persa”.

Le ripetute denunce del senatore Maurizio Rossi
Questo negli anni Novanta. Ma il discorso infrastrutture è sempre stato molto attuale, in Liguria. Ed è tornato più e più volte a Roma, nelle stanze dei Palazzi. “Per quattro volte mi sono occupato del Ponte Morandi, lanciando l’allarme senza mezzi termini. Per quattro volte non ho ricevuto alcuna risposta”. Maurizio Rossi, editore di Primocanale, una vita dedicata all’informazione e alla comunicazione, è stato senatore della Repubblica tra il 2013 e il 2018, nella diciassettesima legislatura, per Scelta Civica.
Da sempre ha avuto a cuore i temi delle infrastrutture, dell’industria e del turismo. E’ stato membro dell’ottava Commissione permanente – Lavori Pubblici e Comunicazioni. Tutti i suoi interventi sono verbalizzati nella sua scheda parlamentare.
Rossi li riassume a voce: “Ho iniziato a segnalare il problema del Ponte Morandi nel 2013, quando il ministro delle Infrastrutture era Maurizio Lupi. Poi l’ho rifatto nel 2015 e nel 2016, e un’ultima volta poco prima del termine della legislatura. Nessuno ha mai dato un cenno. Mai voluto approfondire la questione. E’ rimasta semplicemente agli atti. E oggi piangiamo decine e decine di morti”.
Rossi ammette: “Mai avrei pensato a un collasso del genere. I problemi c’erano, ed erano enormi. Ma la ‘vita’ del ponte si è chiusa nella maniera più tragica”. Secondo l’ex senatore, i segnali di criticità erano evidenti: “Il ponte sopportava un carico molto superiore rispetto alla sua portata. Era stato progettato per volumi di traffico nettamente inferiori. Quando, passando da Sampierdarena, si vedevano lassù tutti quei tir e le auto ferme in coda, l’immagine faceva una certa paura”.

Impressioni e stati d’animo che Rossi tradusse concretamente in atti parlamentari. Uno di questi è numerato 4-04712, datato 20 ottobre 2015. La seduta è la numero 525. Rossi si rivolge al ministro dei Trasporti. “Molti tratti autostradali liguri – si legge nel testo – non sono conformi alle normative di sicurezza europee e, nelle ore di punta, si verificano continuamente code di decine di chilometri, rallentamenti e numerosi incidenti che bloccano l’area intorno a Genova”.
Eppure, “le tariffe su tali tratti sono fra le più elevate del Paese”. E, “sul nodo autostradale di Genova è noto il grave problema del ponte Morandi che attraversa la città e del quale non si conosce la sicurezza nel tempo. Risulta pertanto indispensabile procedere con sollecitudine a cantierare il progetto denominato ‘gronda di Genova’, per il quale la società Autostrade ha già in cassa le risorse necessarie per iniziare i lavori derivanti dagli aumenti tariffari concordati in cambio della concessione ottenuta”.
Nella stessa interrogazione, Rossi ricordava anche che “la rete ferroviaria ligure risulta essere ancor più disagiata di quella autostradale e rappresenta proprio a giudizio dell’interrogante lo svantaggio competitivo a cui lo Stato ha condannato la Liguria privilegiando altre tratte e quindi altre regioni”. E citava “la ben nota e gravissima situazione del binario ferroviario unico ligure che collega Italia e Francia. Una situazione che attende una soluzione dal dopoguerra. Oltre al collegamento su rotaia Genova-Roma, che deve essere almeno a media velocità, cosa tecnicamente possibile anche sugli attuali binari”.
Un quadro impietoso, eppure molto obiettivo e realistico. Rincarato l’anno successivo. L’atto è il numero 4-05731, interrogazione a risposta scritta (mai arrivata), ancora al ministro dei Trasporti (28 aprile 2016, seduta numero 618). Qui Rossi è ancora più diretto: “La situazione viaria della città di Genova e del ponente ligure è da anni critica a causa della carenza di infrastrutture ferroviarie (è noto il binario unico in zona Andora) e autostradali. Queste carenze infrastrutturali comportano gravi criticità di traffico tanto che, in diversi orari di ogni giorno, il tratto Pegli-Genova risulta totalmente congestionato da mezzi privati in transito e commerciali sia in transito che in entrata ed uscita dal porto di Genova”.
Il senatore fa presente che “l’iter amministrativo per la costruzione della gronda, oggi inspiegabilmente fermo, inizialmente era stato ben impostato. Infatti, sul tema si svolse un débat publique che all’epoca coinvolse la popolazione genovese. Questo istituto, utilizzato forse per la prima volta in Italia, fu accolto favorevolmente dalla città e consentì di ‘non far calare dall’alto’ una scelta politica così importante e invasiva per la viabilità e per il territorio. Venne così deciso il tracciato dell’opera in modo condiviso”.
Poi la denuncia: “Il viadotto Polcevera dell’autostrada A10, chiamato ponte Morandi, è un’imponente realizzazione lunga 1.182 metri, costituita su 3 piloni in cemento armato che raggiungono i 90 metri di altezza che collega l’autostrada Genova-Milano al tratto Genova-Ventimiglia, attraversando la città sulla val Polcevera. Recentemente, il ponte è stato oggetto di un preoccupante cedimento dei giunti che hanno reso necessaria un’opera straordinaria di manutenzione senza la quale è concreto il rischio di una sua chiusura; se non si predispone immediatamente una nuova strategia stradale di più ampio respiro del capoluogo ligure, i mancati lavori di realizzazione della gronda sommati alla possibile futura chiusura totale o parziale del ponte Morandi determinerebbero inevitabilmente il collasso dell’intero sistema viario genovese”.

Così Rossi chiedeva se “società Autostrade ritenga di mettere a norma di sicurezza, secondo gli standard europei, la rete autostradale ligure, con particolare riguardo proprio al tratto tra Voltri e Genova che comprende l’uscita per l’aeroporto e il ponte Morandi, ad oggi fuori dalle normative comunitarie così come altre parti delle autostrade liguri; quale sia in dettaglio l’attuale situazione dei lavori di messa in sicurezza del ponte Morandi, quali siano gli interventi che ancora devono essere realizzati e se gli interventi saranno tali da comportare gravi disagi alla circolazione della città e quale sia la tempistica di fine lavori; se corrisponda al vero che il ponte Morandi, viste le attuali condizioni di criticità, potrebbe venir chiuso almeno al traffico pesante, entro pochi anni, gettando la città nel totale caos”.
Oggi quella prospettiva si è avverata. Non lo ha deciso Autostrade, né il Ministero. Né alcun essere umano. Ci ha pensato un cedimento interno. A mettere la parola fine all’infrastruttura, nella maniera più tragica.
Rossi è costernato: “Non ho parole. Posso solo esprimere la massima vicinanza alle famiglie delle vittime. E a tutta la città di Genova. Speriamo di poterci rialzare anche questa volta. Ma sarà davvero molto dura. Penso alle conseguenze per il porto. E per il lavoro. E mi vengono i brividi”.
Il resto è contenuto nell’ultima interrogazione (sempre senza replica), la numero 4-07300, datata 30 marzo 2017 (seduta 797): “L’intero tratto autostradale ligure ed in particolare la Savona-Genova è caratterizzato da una strada molto tortuosa con numerose gallerie, che impegnano notevolmente i conducenti di auto e TIR alla guida. Questo tratto autostradale è ormai da molti anni inadeguato e sembra che sia fuori dalle norme di sicurezza, secondo la normativa dell’Unione europea. Vari governi che si sono succeduti nel tempo non sono stati in grado di porvi rimedio. Quali progetti ha fatto il concessionario per ridurre al minimo le problematiche, che continuamente si manifestano, visto che da 30 anni questa autostrada deve essere adeguata? Quali sono gli investimenti effettuati e programmati, visto anche il costo molto elevato della tratta in termini tariffari? Quale priorità abbia dato il Ministero a tale arteria, che collega Italia e Francia, considerato che è il collegamento fondamentale per i porti di Genova e Savona, nei quali i traffici sono in aumento e considerando che, sulla medesima autostrada, si sposta il traffico turistico che segna pesantemente l’economia della regione? Il Ministro in indirizzo ravvisa responsabilità di società Autostrade, concessionaria del tratto autostradale Savona – Genova, ai fini della garanzia della sicurezza? Quali provvedimenti immediati si intende prendere per mettere in sicurezza l’autostrada nell’immediato e con progetti da attuare nel tempo minore possibile?”.
Domande, domande, domande. Le risposte, come constatato in una sciagurata mattina di metà agosto 2018, non solo mancate solamente negli atti. Ma pure nei fatti.
Maledizione.

Gli allarmi degli ingegneri strutturali
Oltre agli allarmi dei politici, pure quelli degli esperti. Costa meno ricostruirlo da zero piuttosto che continuare a ristrutturarlo attraverso opere di consolidamento. Una struttura ormai seriamente compromessa. Un’opera superata.
Sono moltissimi gli ingegneri che, nel corso degli anni, hanno espresso queste e altre opinioni critiche rispetto alla struttura del Ponte Morandi. Ma nessuno, ovviamente, si sarebbe mai potuto aspettare una tragedia del genere.
A ‘risolvere’ il conflitto, purtroppo nella maniera più disastrosa, è stata la natura. Il forte temporale di martedì è stato il colpo di grazia dopo anni di infiltrazioni, intemperie, maltempo e rimedi non sempre efficaci e definitivi. La parola negligenza non è esagerata, ma sarà il tempo e saranno le inchieste a fare chiarezza.


Di certo c’è che il Ponte Morandi era lì sin dal lontano 1967 ed ora non esiste più. Fu costruito a partire dal 1963, su finanziamento della Società Italiana per Condotte d’Acqua, con il progetto dell’ingegnere romano Riccardo Morandi. Aveva (ormai se ne parla già al passato) una lunghezza di 1.182 metri, un’altezza al piano stradale di 45 metri e due piloni in cemento armato che raggiungevano i 90 metri di altezza; la luce massima era di 210 metri.
Si tratta di un ponte a ‘trave strallata’, dove gli elementi verticali sono cavalletti costituiti da due V sovrapposte: una ha il compito di allargare la zona centrale ove appoggia la trave strallata, mentre l’altra, rovesciata, sostiene i tiranti superiori. E’ stato proprio uno di questi elementi a collassare.
Da anni il ponte era oggetto di lavori di manutenzione, senza però che venisse mai chiusa, se non alla notte, la viabilità. Troppo drastico spezzare la città in due. Così i cantieri sono sempre proseguiti a rilento.
Il senso d’insicurezza era concreto, transitando nelle due carreggiate specialmente durante le giornate di pioggia: allagamenti ovunque, tratti completamente pieni d’acqua, che veniva scaricata abbondantemente lungo i piloni e giù per la zona sottostante. Da anni, ad esempio, i residenti di via Walter Fillak, a Sampierdarena, lamentavano questa situazione.

Ma erano soprattutto gli ingegneri ad aver denunciato a più riprese la pericolosità del ponte. Tra questi, Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni dell’Università di Genova: “Il Viadotto Morandi ha presentato fin da subito diversi aspetti problematici: oltre l’aumento dei costi di costruzione preventivati, è necessario ricordare un’erronea valutazione degli effetti differiti (viscosità) del calcestruzzo, che ha prodotto un piano viario non orizzontale. Ancora nei primi anni ’80 chi percorreva il viadotto era costretto a fastidiosi alti-e-bassi dovuti a spostamenti differiti delle strutture dell’impalcato, diversi da quelli previsti in fase progettuale. Solo ripetute correzioni di livelletta hanno condotto il piano viario nelle attuali accettabili condizioni di semi-orizzontalità”.
Eppure non è bastato: “Il ponte sul Polcevera fu interessato da imponenti lavori di manutenzione straordinaria, tra cui la sostituzione dei cavi di sospensione a cavallo della fine anni ’80 primi anni ’90, con nuovi cavi affiancati agli stralli originari. L’idea originaria pare fosse quella di precomprimere gli stralli, idea chiaramente discutibile in quanto gli stralli sono elementi strutturali così snelli da consentire una precompressione molto modesta e, quindi, destinata inevitabilmente ad avere scarsa efficacia”.
Fatto sta che, dopo 51 anni, il Ponte Morandi non ha più retto. Avrebbe dovuto resistere per cento, secondo le previsioni strutturali dei tecnici. Si è congedato molto, molto prima. In una piovosa mattina d’agosto, senza nessun preavviso. E nella maniera più tragica.

E ora la città è completamente spezzata in due
Adesso le conseguenze sono disastrose. A Genova non si poteva immaginare un disastro peggiore, in termini di vite umane ma anche di impatto sulla viabilità. Perché il Ponte Morandi era l’allaccio tra i due crinali nevralgici, il ponente da una parte e il centro dall’altra. Sestri e Sampierdarena, collegate da quel chilometro e trecento metri sopraelevato che rappresentava uno snodo fondamentale, obbligato e irrinunciabile.
Così, subito dopo la notizia del crollo della struttura, ci si è iniziati a interrogare sul dopo. Contemporaneamente, la viabilità urbana iniziava a intasarsi. E sarà così per mesi, se non per anni.
Veicoli dei genovesi, mezzi pesanti, ma anche quelli di tutti i fruitori dell’autostrada che ora, arrivati a Genova Aeroporto, saranno costretti a uscire per poi riprendere la strada a pedaggio al casello di Genova Ovest.
Vengono i brividi solo a pensarci. A cosa potrà essere, alla ripresa di tutte le attività a settembre, il traffico tra via Cornigliano, la Fiumara, via Cantore, via Sampierdarena e lungomare Canepa. Direttrici ‘normalmente’ intasate dai flussi consueti, figuriamoci ora con l’aggiunta dei mezzi provenienti dall’autostrada e costretti a uscire.
Le alternative, d’altra parte, non ci sono mai state: o l’Aurelia monocorsia per senso di marcia (una strada uguale a se stessa sin da quando non esisteva neppure l’asfalto) o l’A10. E meno male che, negli scorsi anni, è stata aperta la strada a mare, pure quella attesa per anni.
A proposito di tempo: quanto ci vorrà per ricostruire il Ponte Morandi? Per ricollegare i due crinali? Sarà un’opera necessaria o no? Ci sarà anche in questo caso dibattito politico? Di sicuro, per Genova stiamo parlando di un enorme problema dal punto di vista del traffico, ma anche economico e ambientale.
Chi verrà dalla Riviera di Ponente, per raggiungere il Nord sarà obbligato a prendere la A26 per Gravellona Toce, subito prima dell’uscita di Genova Pra’. Chi verrà da Levante, continuerà a salire lungo la A7, subito dopo Genova Est.
Ma per chi dovrà raggiungere Genova, specialmente da ovest, sarà un dramma. Così come per chi, dal centro, dovrà andare verso ponente. Nel primo caso, le automobili sulla A10 saranno costrette a uscire a Genova Aeroporto. Un casello già compromesso dalla demolizione, nei giorni scorsi, del raccordo di via Siffredi, che complicherà ulteriormente la situazione. Poi, questi veicoli potranno riprendere l’autostrada a Genova Ovest.
In direzione opposta, nessuna possibilità dal casello di Genova Ovest verso ponente. L’entrata servirà solamente la A7, in direzione Bolzaneto. E quindi? Tutti i mezzi diretti dal centro sino a ponente, così come da Levante, si riverseranno sulla viabilità urbana. Almeno sino al casello di Genova Aeroporto.

Nessuna bretella. E’ finita dentro il Polcevera. Con tonnellate di calcinacci e decine di vite umane.

Ultimi video

Commissione regionale sul depuratore: Iren dovrà rispondere più nel dettaglio
Parlano i consiglieri Sandro Garibaldi (Lega) e Paolo Ugolini (M5S). È necessario fare chiarezza. Urgente un incontro pubblico
Giorgio Vittadini: “Sussidiarietà sempre più necessaria. Bisogna cambiare la mentalità"
Cresce il valore sociale del terzo settore. Presentato alla Società Economica il primo studio realizzato in Italia
Mallucci: “Le urne del giugno '46 raccontarono di un Paese perfettamente spaccato in due"
È stato eletto Presidente Nazionale di Italia Reale: "Quello del Re Umberto II fu un addio momentaneo, che negli anni divenne esilio"
Perdita occulta di liquami a Lavagna? Lotta aperta in Consiglio comunale a Chiavari
Scontro tra Silvia Garibaldi e il Sindaco. Ambientalisti e Comitato del no presenti in sala consiglio. Allarmismo strumentale? O rischio ambientale?
L'ex sindaco di Zoagli Franco Rocca ci racconta storia e geografia di un depuratore mai nato
“Perché rovinare un territorio e il nostro mare è un attimo. Una sfida malvagia alla bellezza”, sostiene l'ex consigliere regionale
La generosità dentro ai libri di Francesco Brunetti. Un aiuto concreto per Anffas
“Tante difficoltà da affrontare. Serve supporto. Scrittore e medico non sono solo due professioni, ma anche due missioni"
Cosa c'è sotto la Colmata di Chiavari: al Mignon prosegue la battaglia per il no al depuratore
Intanto, spunta un video che segnala le anomalie della condotta a mare di Lavagna. Gli ambientalisti: “Episodio gravissimo”. E scatta la denuncia
I consiglieri di minoranza della Commissione per la riapertura del tribunale si dimettono
L'accusa: "La maggioranza vuole prendere l’autostrada in contromano, noi non li seguiremo”, e rimettono il mandato al Presidente del Consiglio
Alluvione Emilia-Romagna, la colonna mobile della Protezione Civile ligure sul campo
Luciano Devoto, referente del gruppo Croce Verde Chiavari: “Di tutte la catastrofi sulle quali sono intervenuto, questa è la peggiore"
Domenica 28 e lunedì 29 maggio Sestri Levante sceglierà il nuovo sindaco al ballottaggio
Intervista a Marcello Massucco e Francesco Solinas. Si torna la voto con l’incognita astensionismo. Ecco le varie posizioni
Tribunale del Tigullio, Messuti bacchetta la commissione di scopo: "Perde tempo"
Sorpresi i commissari: "Eravamo tutti d’accordo, e in commissione ci sono anche i suoi. Ora tocca ricominciare"
Istituto Comprensivo G.B. Della Torre: il nuovo anno si apre all'insegna della protesta
Tre classi della primaria non avranno gli spazi necessari. Il Comune: “Non è una scelta economica”. E le famiglie scendono in piazza
Il Comitato No al depuratore in Colmata chiede incontro al Sindaco e audizione in Regione
Promossi anche due eventi informativi sugli aspetti che hanno portato la tortuosa vicenda sempre più al centro del dibattito cittadino
Falcone: "C'era una volta il Dipartimento degli Appennini con capoluogo Chiavari"
La conferenza dell’avvocato emerito chiude in bellezza il ciclo di incontri del 18° Corso di cultura genovese organizzato da "O Castello"
Nuovo calendario per le visite guidate al Museo del Risorgimento della Società Economica
Un percorso museale ricco di memorabilia: dipinti, scritti, oggetti particolari del capitolo risorgimentale nel chiavarese

Altri articoli

Clima, migliorano i dati delle precipitazioni, ma gli eventi estremi sono ormai la normalità

I dati delle piogge di maggio, raffrontati con quelli di maggio 2022 e con quelli da gennaio ad aprile del 2023, sono positivi

Cronache da Genova - Una sinistra incerottata cerca il candidato anti-Toti per le Regionali

Recente è lo scontro fra Pastorino, sindaco di Bogliasco, e Paita, renziana, sulla possibile candidatura dello stesso Pastorino