di DANILO SANGUINETI
I gusti e le tendenze – per non scomodare lo zeitgeist – tracciano itinerari sorprendenti sotto la spinta di passioni al limite dell’imperscrutabile. Le consolidate opinioni di sociologi ed antropologi vengono messe a dura prova dalla proteiforme capacità delle mode di sfuggire alle analisi più raffinate, sempre più spesso le persone si trasformano in salmoni e risalgono con disinvoltura il fiume della storia.
A Lavagna, anzi nella frazione di Cavi, anzi nel quartiere Arenelle c’è un negozio di abbigliamento sul quale sventola la bandiera del ‘Bastian Contrario’. Si tratta di ‘Raffaella Moda&Mare’ in via Parma 8, anche nota come ‘Jeanseria Raffaella’, che non antepone all’essere stylish la qualità, l’affidabilità e, cosa graditissima, l’onestà delle sue proposte. I capi di abbigliamento che si possono trovare da ‘Raffaella’ sono adatti a ogni stagione e a ogni età e già questo potrebbe essere sufficiente a convincere il cliente che non stia in fissa con le ultimissime stravaganze. In più ci sono la competenza e la cortesia del personale (null’altro che la famiglia dei proprietari) e la singolarità della planimetria.
Il negozio copre l’angolo tra via Parma e via Alessandria, incrocio dalla toponomastica significativa – omaggio a due serbatoi turistici inesauribili negli anni – e si sistema su due piani, quello stradale e quello immediatamente sottostante. L’ingresso funge da vano espositivo, con le due vetrine visibilissime, per passare nel cuore dell’esercizio si imbocca una scala a chiocciola, delizioso birignao architettonico in perfetto stile anni Settanta. Anni nei quali vide la luce Jeanseria Raffaella, per la precisione proprio nel 1970, snodo epocale tra illusioni del ’68 e il grigiore degli Anni di piombo.
Nella tranquilla boutique ‘a elle’ di certe pesantezze non c’è per fortuna traccia, semmai restano piccoli gioielli di stile, scrigni di qualità segnalati dalla decalcomanie degli intramontabili marchi di jeans, dalla Levi’s alla Spitfire, brand che hanno fatto la storia dell’abbigliamento casual. Per una seconda e più tranquilla occhiata occorre avventurarsi giù per le volute del collegamento tra piano terra e underground: qui lo spazio si amplia oltre l’immaginato e sugli scaffali ci si perde tra le versioni denim o colorate, i tubi o le zampe di elefante, le versioni invernali e i cargo pants, le nostrane bermuda. A fare da guida saranno le sorelle Raffaella (ecco spiegata l’insegna) e Rosaria Riccardi, anche se non è impossibile che ad accogliervi sia il decano della azienda, papà Ferdinando. Il fondatore.
La conferma dalla signora Rosaria. “Papà decise di aprire proprio qui e proprio nel 1970, al centro di un quartiere di Lavagna in rapida espansione”. Il passaggio dal turismo di élite a quello di massa portò a trasformazioni epocali nel sin troppo tranquillo Tigullio. “Il posto era ottimo, a poche decine di metri dalla spiaggia e perfettamente inserito nella zona residenziale. Al momento di dargli un nome scelse quello di mia sorella maggiore appena nata. E decise di puntare sul capo di abbigliamento che allora andava per la maggiore: credo che la nostra Jeanseria sia stata una novità assoluta per Lavagna e forse anche una delle prime nell’intero comprensorio. I jeans si stavano imponendo come capo buono per ogni occasione, ‘andavano forte’ si diceva allora. Avevamo marchi ‘fortissimi’ come Roy Rogers e naturalmente Levi’s. La partenza fu incoraggiante, nostro padre Ferdinando veniva aiutato da tutta la famiglia, comprese le tre figlie. Poi per papà arrivò il momento della pensione e oggi siamo io, Rosaria, e Raffaella a portare avanti la ditta. Gestiamo il negozio in prima persona da diversi anni, anche se papà è sempre qui con noi a darci una mano”.

Non è un dettaglio da poco dato che il signor Ferdinando Riccardi di recente ha spento una torta con 88 candeline sopra: “Perché il negozio è parte della sua vita e non riesce a staccarsene. È vero che da quando aprì a oggi è cambiato quasi tutto, lui stesso ammette che è passata ‘un’era geologica’ dal punto di vista commerciale. Sono d’accordo con lui e non mi riferisco solo agli stili e alle mode, quello sarebbe abbastanza logico, ma anche nel tipo di clientela, di modo di rapportarsi con i fornitori, i compratori”.
Ed anche il paesaggio, l’ambiente e quadro sociale. “Ogni tanto con mia sorella ne discutiamo e ammettiamo che sarebbe stato difficile 50 anni fa immaginare simili cambiamenti. Per quanto ci riguarda c’è un certo orgoglio per essere riusciti ad adattarci, a tirare avanti nonostante le trasformazioni”.
Arenelle è un sobborgo di Lavagna dalla doppia vita: quattro mesi da ‘turistopoli’, otto di quasi ininterrotto letargo. “Inevitabile essendo passati da una ricettività quasi esclusivamente alberghiera al predominio delle seconde case e degli affitti stagionali. C’era da adeguarsi e lo abbiamo fatto”. Raffaella Moda&Mare però non punta ogni fiche sulla stagione estiva. “Assolutamente no. Primo non potremmo permettercelo perché è vero che arriva tantissima gente ma sono visitatori particolari, un flusso che cambia con il trascorrere degli anni. Il nostro giro d’affari di estate cresce ma non c’è una differenza marcata con le altre tre stagioni. La nostra forza è il cliente ‘fidelizzato’, spesso nativo della zona, che ci sceglie perché ci conosce da molto tempo. Vengono da Chiavari come da Sestri, dalla Fontanabuona come dalla Vallesturla”.
Una conferma che ad Arenelle c’è qualcosa di più del solito negozio di abbigliamento. Aperto senza interruzioni da 53 anni. Nelle vie alla moda di Chiavari e Rapallo le boutique aprono e chiudono nel volgere di un paio di stagioni. Per la signora Rosaria Riccardi il segreto sta nella compattezza. “Il lavorare con i propri congiunti fa tutta la differenza del mondo. Di contrattempi e momenti complicati ne abbiamo avuto tanti, come tutti quelli che fanno il nostro mestiere, penso. Se li abbiamo superati è perché siamo prima di tutto una famiglia. Ci siamo aiutati, abbiamo affrontato assieme ogni tempesta”.
L’ultima, veramente tosta, tra il 2020 e il 2021. “Eravamo intenzionati a festeggiare i cinquant’anni del negozio quando è scoppiata la pandemia. Mai ci saremmo aspettati di dover chiudere per così tanti giorni. In mezzo secolo, proprio grazie al fatto che siamo una famiglia, si contavano sulle dita le giornate di chiusura impreviste. Eravamo sempre riusciti a tenere aperto qualunque cosa accadesse ‘all’esterno’. Il lockdown non ha però mandato la famiglia Riccardi al tappeto. “Ci siamo rimboccati le maniche e ci siamo, anzi stiamo cercando di mettere alle spalle la buriana. Come per gli altri esercenti del settore e anche di altre categorie merceologiche dobbiamo fare i conti con un forte rialzo delle materie prime e dei costi di produzione, costi che si riverberano forzatamente sui prezzi al consumatore. Sono cause che ritardano la ripresa, non c’è dubbio, ma non ci diamo per vinti. Siamo ancora qui e intendiamo continuare”.
Raffaella e Rosaria continuano a correre, inevitabile chiedersi se ci sarà a chi passare il testimone. “Io e le mie sorelle abbiamo un figlio a testa. Non penso che la terza generazione intenda rimanere qui, paiono intenzionati a intraprendere altre carriere. Potrebbe darsi che il negozio finisca assieme a noi, ma non è detto. Io sono realista e allo stesso tempo riesco a essere ottimista. Ne abbiamo superato tante, chissà che alla fine uno o più eredi non saltino fuori. Per esempio mia nipote gestisce la pagina Facebook del negozio e ci aiuta con i social sapendo che io e Raffaella non siamo troppo… digitali”. Non è questo che conta. Jeanseria Raffaella può immaginare: l’ottimismo della volontà autorizza a confidare nell’insperato. Come mettere della grezza tela blu di Genova addosso a dei vaccari dello Wyoming e trasformarli nei ‘fighi’ di Brokeback Mountain. Chi avrebbe mai pensato che quei ‘pantalonacci’ – disegnati e (mal)tagliati per gente che aveva bisogno di un indumento resistente alle intemperie, per faticare, per sporcarsi a cavalcioni di un boma o di un quadrupede – sarebbero costati come un mensile dei marinai ed operai che li avevano indossati?
