di DANILO SANGUINETI
Essere vincenti dopo aver concluso la carriera agonistica è privilegio riservato a pochi atleti di alto livello: per un Beckenbauer che ha conquistato ogni trofeo anche a bordo del rettangolo verde, o, venendo dalle nostre parti, un Ario Costa e un Mamo Fondelli che fanno i presidenti manager con la stessa efficacia che avevano rispettivamente sul parquet e in vasca, ci sono decine di campioni e pure campionissimi che hanno fatto cilecca nella loro seconda vita, quella senza cronometri, tabelle e tabellini ma con scartoffie, bilanci, report.
Uno che si candida a stracciare primati pure oggi che indossa giacca e cravatta invece che calottina e doppio costume è Maurizio Felugo. In acqua ha vinto tutto quello che c’era da vincere, dalle medaglie olimpiche a quelle iridate con il Settebello, da scudetti e Champions League a manciate con Posillipo e la Pro Recco, società nella quale ha vissuto una sfolgorante maturità e dove ha concluso in maniera sempre vittoriosa la carriera.
Nominato direttore generale della Pro Recco Nuoto e Pallanuoto per espressa volontà del proprietario del club appena ‘uscito’ dall’acqua, nell’estate 2015, viene, sempre auspice il patron Gabriele Volpi, nominato presidente. Che potesse fare bene da subito in un ruolo così in vista erano in diversi a dirlo (e forse molti di più a pensarlo). Invece il chiavarese ha mostrato idee chiare abbinandole agli indispensabili successi agonistici.
La prima squadra ha vinto da allora ad oggi tutti gli scudetti possibili meno uno, tutte le Coppe Italia, due Champions League e due Supercoppe Len, quelle degli ultimi due anni. Nell’ultimo biennio ha lasciato alla concorrenza solo le briciole, uno scudetto al Brescia nel 2021. Parrebbe che la sua ascesa nell’empireo dei presidento più vincenti nella storia della pallanuoto abbia accelerato nel 2021.
“In effetti gli ultimi due anni sono stati quasi surreali ma anche in precedenza non avevamo… scherzato. Abbiamo sempre conquistato almeno un trofeo, e poi in Champions siamo sempre arrivati in finale. Alcune volte abbiamo mancato il trofeo per pochissimo, nelle recenti edizioni abbiamo fatto tutto alla perfezione”.
Non pare un caso. Eppure dopo la pandemia Felugo aveva deciso di cambiare registro costruendo una rosa meno ‘sfavillante’, una squadra con più giovani, più italiani e soprattutto meno costosa. “È vero che ho deciso di prendere una strada un po’ differente. Scegliendo di impiegare meno giocatori, allestendo una rosa più ristretta e cercando elementi dalle precise caratteristiche, umane prima che tecniche: questo ci ha permesso sicuramente di avere una squadra più coesa, di ottenere un senso di responsabilità e di coinvolgimento maggiore”.
La decima Coppa dei Campioni con annesso Grande Slam (scudetto, Coppa Italia, Champions League e Supercoppa Len nella stessa stagione) hanno reso la Pro Recco la società più titolata al mondo, il traguardo che Gabriele Volpi aveva indicato 16 anni fa, quando assunse il controllo del club di Punta S. Anna. Felugo lo ha accontentato. In più ha scovato anche un allenatore incredibile, quel Sandro Sukno, campionissimo croato, costretto a fermarsi per un problema di salute a neppure trent’anni. Felugo che lo ha avuto come compagno in acqua non ha esitato a sceglierlo come allenatore, sebbene con poca esperienza alle spalle.

“La sua storia è qualcosa di più unico che raro. Ha vissuto grandi trionfi e enormi delusioni. Ho puntato su di lui perché sapevo che sa lanciare e lavorare con i giovani. E penso di potermi – ora che l’ho visto all’opera per una stagione e mezzo – che farà molto meglio da allenatore che da giocatore, da me considerato il più forte in assoluto. Quindi…”.
Per le avversarie italiane ed estere si preparano tempi cupi. Il presidente Felugo insegue primati e vittorie anche in campo organizzativo. “Nel biennio pandemico abbiamo dovuto rallentare ma oggi si riparte a tutta. C’è da completare il lavoro, già notevole, a Punta S. Anna. Debbo rendere conto alle persone che ci hanno dato fiducia, in particolare il dottor Volpi, ed avere una visione che non si fermi a domani ma arrivi il più avanti possibile”.
Fondamentale il ritorno a Punta S. Anna. “È casa nostra, qui possiamo impostare i programmi per la prima squadra e, soprattutto, per il settore giovanile. Sette anni fa non esisteva, siamo ripartiti da zero o quasi. E ricostruirlo è stato più complesso che avere una squadra vincente su ogni fronte. Il vivaio non si ottiene con uno schiocco di dita, occorre investire, pensare, lavorare, attendere. Dal 2016 ad oggi molto è cambiato: abbiamo ottenuto due scudetti giovanili, ma soprattutto abbiamo tanti ragazzi. Ragazzi che lavorano a fianco della prima squadra, possono confrontarsi ogni giorno con i campioni, imparare, crescere. Il sogno è chiaramente quello di portarne qualcuno alla ribalta, a giocare ai massimi livelli. Occorre pazienza ma sono sicuro che ci arriveremo”.
Felugo sembra maestro nello smontare le più consolidate convinzioni. Elude i luoghi comuni sulla Waterpolo come aggirava le difese più arcigne ai bei tempi. “La mia strategia è stata quella di far diventare la Pro Recco un brand, un nome conosciuto ovunque, anche al di fuori della cerchia degli appassionati di pallanuoto. L’idea della Champions itinerante, ossia di portare le nostre partite europee in giro per le piscine italiane, ha funzionato e continua a farlo, basta guardare al pubblico e agli eventi di due settimane fa al Parco Tigullio a Lavagna. Altrettanto cruciale il rapporto di collaborazione con Sky Tv perché se ci chiudiamo nel nostro orticello la pallanuoto è fritta. I numeri dicono che le nostre partite sul satellite interessano e sono seguite come anche quelle di tanti sport ingiustamente etichettati come minori”.
Il rischio potrebbe essere quello che vincere sempre alla fine distragga, che uno come Felugo che passa da affermazione ad affermazione si senta appagato e molli la presa. Un rischio che solo chi non si ricorda il mastino che era in vasca potrebbe paventare. Il presidente Felugo ha un sorriso mezzo ironico che rammenta il giovane Maurizio, uno che minorenne scelse di andare a Napoli da solo per ‘imparare la pallanuoto’. “Non mi piace parlare di sogni nel cassetto. Più che alle fantasie io faccio conto sulla continuità. Poter lavorare così, con questa fiducia e riuscire a crescere ancora sotto ogni profilo, dal punto di vista sportivo e da quello gestionale e fare il meglio per la Pro Recco e il nostro sport”.
Da giocatore era maestro nel prendere il tempo all’avversario: le sue ripartenze erano micidiali, le sue mezze-finte (tecnica di tiro) temute. Qualità che pare abbia conservato da presidente.