di ALBERTO BRUZZONE
Doveva essere una grande occasione per tutto il territorio. Un premio alla sua bellezza, alla sua fama in giro per il mondo, al suo indubbio prestigio.
Doveva e ancora dovrebbe.
Eppure, l’istituzione del Parco Nazionale di Portofino, ovvero la sua promozione da ambito regionale ad ambito italiano, con tanto di maggiori fondi da parte dello Stato, sta diventando, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, terreno di scontro politico, di pareri contrapposti, di lotta tra interessi differenti, di inconciliabilità tra lobby.
In poche parole: di pessime figure. Di fronte alla popolazione e di fronte al Ministero.
Un percorso virtuoso, iniziato sotto il precedente Governo, che avrebbe dovuto portare a una medaglia d’oro, peraltro meritata, sta diventando più accidentato del previsto. ‘Piazza Levante’ ha toccato spesso l’argomento e ci ritorna in questi giorni in cui è nuovamente caldo.
Motivo dell’aumento di temperatura, l’incontro previsto proprio per oggi a Roma tra Regione, Comuni e Ministero per proseguire l’iter di ‘nazionalizzazione’ del parco. Motivo del contendere, come detto più volte, sono i confini. Da una parte c’è il Ministero che, attraverso Ispra, ovvero l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, vorrebbe notevolmente allargare il perimetro dell’area. Dall’altra, Regione e Comuni di Santa Margherita, Portofino e Camogli che, pur nella diversità di vedute, preferirebbero mantenere le delimitazioni attuali.
La differenza non è irrisoria, anzi. Perché l’area odierna è di circa mille ettari, quindi in pratica il solo Monte di Portofino. Roma vorrebbe portarla a quindicimila, ovvero quindici volte tanto, inserendo un ampio spettro di costa che va da Bogliasco e Pieve Ligure e, attraverso Golfo Paradiso e Golfo del Tigullio, arriva sino a Sestri Levante. In mezzo, ci sono soluzioni ‘mediane’ sugli ottomila ettari circa, come quella proposta da Massimo Maugeri di Legambiente Tigullio.
La questione è complessa e non riguarda solamente il fatto di tirar delle righe sulla cartina. Perché parco nazionale, fatti salvi gli insediamenti urbani, significa una cosa molto chiara: che quel determinato territorio al suo interno esula dalle competenze di Regione e Comuni e finisce direttamente sotto la giurisdizione dell’ente parco. Un po’ come accade con il Parco Nazionale delle Cinque Terre. Ecco il perché di una prima resistenza degli enti locali sui confini.
La seconda, secondo i numerosi rumors, sarebbe da ricondurre a interessi privati: la lobby dei cacciatori, i costruttori, gli speculatori, chiunque insomma abbia un vantaggio se un territorio rimane in mano alla politica, agli amministratori di turno e soprattutto ‘contaminabile’.
Non ne facciamo una battaglia né pro né contro gli ambientalisti. È semplicemente un dato di fatto: con il parco nazionale entrerebbero in gioco vincoli strettissimi e buonanotte a ogni appetito. Non è che le amministrazioni locali non abbiano a cuore la tutela del loro ambiente di pertinenza, ci mancherebbe altro. Nessuno sta dicendo questo. I progetti di conservazione ci sono tanto a Santa Margherita, quanto a Camogli e Portofino, quanto a Rapallo e Chiavari. Ma qui si sta rinunciando a qualcosa di organico, come potrebbe essere garantito dalla presenza di un parco nazionale.
Fatto sta che, ancora una volta, oggi si andrà a Roma senza le idee chiare e soprattutto fortemente divisi. La situazione complessiva, infatti, è nettamente contraria rispetto a come è stata descritta dalle colonne del quotidiano locale. Dove si parlava di un fronte compatto tra Comuni e Regioni sul mantenimento degli attuali confini. Non è affatto così.
Basti pensare che Valentina Ghio, sindaco di Sestri Levante, comune che è stato incluso nel primo disegno del Ministero, non è neppure stata convocata al tavolo di confronto in Regione: “Nessuno mi ha chiamato. So di essere nei confini ipotetici, ma nessuno mi ha convocato. Potrebbe essere interessante discuterne in una sede istituzionale, guardare i contenuti e poter formulare un giudizio completo”.
Anche Elio Cuneo, sindaco di Coreglia Ligure e consigliere della Città Metropolitana, non è negativo: “Penso sia una cosa da valutare attentamente, su cui è necessario un confronto e uno studio per capire pro e contro e, soprattutto, se può essere un’opportunità anche per l’entroterra. Quali le reali risorse che potrebbero essere messe in campo. Per cui non lo rigetterei a priori”.
Pure da Pieve Ligure e Bogliasco ci sarebbero posizioni interessate. Come pure da Recco, dove parla Gian Luca Buccilli: “Considero il Parco Nazionale di Portofino come un’opportunità per tutto il segmento di costa che si estende a levante del capoluogo, sino ai confini che delimitano l’area della Città Metropolitana di Genova. Tra le altre cose, si tratta di un’opportunità coerente con le previsioni contenute nel Piano Strategico approvato dal Consiglio della Città Metropolitana nel corso del precedente mandato amministrativo, quello affidato alla guida del sindaco Marco Doria. Occorrerebbe che le istituzioni e gli addetti ai lavori esercitassero ora la propria capacità di analisi al fine di individuare le misure attraverso le quali poter declinare l’utilizzo delle risorse che lo Stato mette a disposizione degli Enti parco nazionali. L’incontro convocato presso il Ministero dell’Ambiente confido possa essere l’occasione per sviluppare azioni concrete in questa direzione”.
Ma è altrettanto ampio il fronte del no, cementato dalla posizione assai netta dell’assessore regionale all’Ambiente Stefano Mai, che ancora martedì, in consiglio regionale, ha risposto così all’interrogazione del consigliere del Partito Democratico Luca Garibaldi: “Occorre partire mantenendo i confini attuali del parco regionale accorpando l’Area Marina, in modo da arrivare il più rapidamente possibile alla costituzione del nuovo ente nazionale. Questa impostazione della Regione trova il consenso dei sindaci dei tre comuni interessati. Infatti, le risorse messe a disposizione dal ministero per il parco nazionale, circa un milione di euro, sarebbero insufficienti per organizzare e gestire un’area più vasta”.
Su questa linea è perfettamente schierato il sindaco di Santa Paolo Donadoni, che è anche l’attuale presidente del Parco di Portofino. Mentre è più sfumata la posizione del sindaco di Camogli Francesco Olivari: “La richiesta dell’istituzione del parco nazionale è partita da noi, quindi ci abbiamo sempre creduto e sperato moltissimo. Vorremmo diventare parco nazionale al più presto. Purtroppo, però, i comuni vicini non sono interessati e non credo che si possa arrivare a una nuova perimetrazione in queste condizioni. Difficilmente, il Ministero darà l’ok a un parco di appena mille ettari. È troppo piccolo”.
Due i concetti sui quali soffermarsi. Il parco troppo piccolo: secondo la graduatoria dell’Ispra, dei venticinque parchi nazionali in Italia, il più ampio è quello del Pollino (tra Basilicata e Calabria) con 183.747,13 ettari, mentre il più piccolo è proprio in Liguria, ed è quello delle Cinque Terre, con 3.857,14 ettari. Una cifra sotto la quale, evidentemente, Roma non intende scendere perché sarebbe poco più che una tenuta privata.
Secondo aspetto del discorso di Olivari: i comuni che non sono interessati. È vero: Rapallo non lo è e Chiavari neppure, come ribadito dal presidente del consiglio comunale Antonio Segalerba durante il recente incontro in Regione (nonostante poi ci sia il fermo impegno da parte di Palazzo Bianco a tutelare la Collina delle Grazie).
Ma è abbastanza chiaro che sia così. Se l’input non parte dalla Regione, come si può pensare che possa partire da quei comuni che, per vicinanza politica o per sudditanza o per finanziamenti o per vertenze aperte (una su tutte per Chiavari, il depuratore) hanno da che dipendere quotidianamente dalla stessa Regione?
Marco Di Capua, sindaco di Chiavari, afferma: “Noi non aderiamo perché la Collina delle Grazie è già abbastanza tutelata dal Piano Urbanistico Comunale. Ulteriori tutele ambientali sarebbero solamente una sovrapposizione senza troppo senso. Inoltre, come sostengono altre amministrazioni quali Zoagli e Rapallo, una estensione a macchia di leopardo, per giunta con così poche risorse, non è la scelta giusta. Vanno bene invece i comuni di Camogli, Portofino e Santa Margherita più l’Area Marina. Noi, nella prospettiva di un Parco Nazionale, prenderemmo solamente le briciole, anche in termini di indotto turistico”.
È evidente che, in mancanza di una regia complessiva, non potesse che finire… in un gran casino. A smontare la tesi dei ‘pochi soldi’ ci pensa poi Luca Garibaldi: “Sul percorso verso il nuovo parco l’assessore Mai continua a fare confusione, arrivando a dire, come abbiamo sentito in aula, che lo Stato avrebbe previsto soltanto un milione di euro l’anno (contro gli attuali 700 mila della Regione) per il Parco di Portofino. Soldi che, sempre secondo l’esponente della Giunta, andrebbero bene se il Parco mantenesse gli attuali confini, ma che diventerebbero troppo pochi se la sua superficie aumentasse. Ma forse l’assessore non sa che quel milione di euro serve solo ad avviare il nuovo Parco, mentre i finanziamenti che lo Stato stanzierà ogni anno verranno ripartiti tramite il fondo nazionale alle aree protette. Oggi il Parco di Portofino conta 900 ettari e così com’è sarebbe decine di volte più piccolo di tutti i parchi nazionali. È chiaro che, in fondo al percorso, più il parco Nazionale di Portofino sarà ridotto e distante dagli altri parchi, meno soldi sarà in grado di ottenere sul territorio. Quindi sarebbe interesse comune quello di dare a questo nuovo Parco una struttura e una conformazione più solida”. La conclusione è netta: “Il Ministero dell’Ambiente sta dimostrando molto interesse nei confronti del Parco Nazionale di Portofino. Mentre per Mai sembra quasi un problema. Il Parco Nazionale di Portofino è un’opportunità unica. Non ne avremo un’altra. I confini che decidiamo in questa fase non potranno essere ampliati in futuro. Quindi chiedo nuovamente che la Regione faccia la sua parte, interloquisca col territorio e col Ministero, che è stato costretto a convocare i Comuni a Roma dopo la reticenza di Mai, e porti a compimento un percorso importante avviato dal precedente Governo, che avrà ricadute enormi sul territorio del Tigullio e su tutta la Liguria”.
E intanto Fabio Tosi, consigliere del Movimento 5 Stelle, stuzzica il sindaco di Rapallo Carlo Bagnasco: “Mi rivolgo a lui e a tutte le forze politiche che amministrano la nostra città: prendete in seria considerazione l’ingresso di Rapallo nel futuro Parco Nazionale di Portofino. Il sindaco Bagnasco si è sempre dichiarato un ‘Sindaco Green’: ora ha davvero l’occasione per dimostrarlo, a costo zero e con numerosi ritorni alla città. Ha anche l’occasione di porre una pietra tombale su quel bruttissimo termine che è sempre stato associato alla nostra città: ‘Rapalizzazione’”.
Ma la pietra tombale più incombente è quella che potrebbe arrivare dal Ministero. Continuate a litigare? La Regione fa melina? I comuni non si mettono d’accordo? I confini restano quelli di un parchetto? Benissimo, ritiriamo progetto e soldi.
È uno scenario più che concreto. Sarebbe una sconfitta per tutti. Massimo Maugeri, che domani (venerdì 15 febbraio) sarà tra i relatori del convegno ‘Salviamo i parchi liguri – Sulla proposta di una legge regionale di retroguardia’ (alla Società Economica di Chiavari, a partire dalle ore 16), lo dice senza troppi giri di parole: “Nessuno ha le idee chiare e si sta gettando alle ortiche un’occasione che non capiterà mai più. Tutto per un discorso tra cacciatori sì e cacciatori no. Non c’è un minimo di prospettiva. Basterebbe prendere esempio dai nostri vicini, senza andare troppo in là. Il Parco Nazionale delle Cinque Terre prende due milioni all’anno di finanziamento e produce ricavi per sedici milioni di euro. A conti fatti, il saldo positivo è di quattordici milioni. Un parco nazionale produce un effetto moltiplicatore. Ma è legato alla capacità del territorio di fare delle azioni, di coordinarsi, di sapersi promuovere. Tutti elementi che stanno mancando sul discorso di Portofino. La Regione non ha voluto coordinare”.
Secondo Maugeri, “non passerà mai e poi mai un parco così piccolo, da una proposta iniziale del Ministero di quindicimila ettari. Inutile girarci in giro. Andare là con un atteggiamento di chiusura significa aver la precisa volontà di far saltare tutto. Sono pronto a organizzare una raccolta di firme e a scrivere finanche al presidente della Repubblica per salvare tutto e sbrogliare questa situazione”.
E anche Alberto Girani, attuale direttore del Parco di Portofino, aggiunge la propria posizione ‘personale’: “Parlo da cittadino e da persona che da oltre quarant’anni di occupa di parchi e di ambiente. Un parco è fonte di ricchezza, ancor di più se è di livello nazionale. Perché porta sviluppo, ben al di là di un meccanico trasferimento di fondi da parte dello Stato. Il parco non funziona solamente con i soldi da Roma, ma serve come accentratore di sviluppo. Bisogna investirci in promozione e progetti. Ha senso solamente così: se ci si crede e vi si investe. Sarei molto contento se una riflessione vera e completa venisse affrontata con i tempi giusti. Tutti capirebbero che stiamo parlando di una opportunità, non di un fastidio”.
Riusciranno i nostri eroi a mettersi d’accordo? O tra i vari litiganti, alla fine, godrà qualche altra regione in Italia? Sarebbe un danno enorme per chi si riempie la bocca di politiche turistiche. È bello stendere un tappeto rosso. Certo. Ma non è forse meglio avere un Parco Nazionale degno di questo nome?
Una scelta così importante per il futuro della nostra area dovrebbe essere ben spiegata a tutti i cittadini e, anche attraverso un dibattito pubblico vero e molto approfondito, si dovrebbe arrivare a concertazione.
Non con scelte fatte di nascosto e poi calate dall’alto.
L’IPOTESI DI CONFINI SECONDO IL MINISTERO: SI VA DA BOGLIASCO A SESTRI LEVANTE
L’ELENCO DEI PARCHI NAZIONALI IN ITALIA E RELATIVE METRATURE