di ALBERTO BRUZZONE
Argini da ricostruire, ponti da rifare, alveo da abbassare, lo scolmatore: intorno ai lavori per la messa in sicurezza del torrente Rupinaro a Chiavari ne sono state dette e scritte di tutti i colori, con il risultato, come spesso avviene in questi casi, che è stata ingenerata un’enorme confusione.
Quel che è certo, è che questo corso d’acqua, che scorre in mezzo alle case e che taglia praticamente in due la città, dalle zone più periferiche sino a quelle più centrali (e pure di maggior pregio), va messo nelle condizioni di non esondare più, senza alcuna ombra di dubbio.
I chiavaresi, e non soltanto loro, ricordano ancora la drammatica alluvione del novembre 2014 a Chiavari. Non ci furono morti soltanto per miracolo, ma furono centinaia i negozi distrutti, i fondi allagati, le automobili danneggiate. Sono ancora negli occhi di tutti le devastanti immagini di quella nottata, con piazza Mazzini e il caruggio invasi dall’acqua e, al mattino, con quintali di fango, detriti e rifiuti da ogni parte. Ci vollero giorni, e un enorme impegno da parte dei cittadini, per ripulire tutto, per restituire il ‘salotto’ cittadino al suo giusto e meritato decoro. Da allora, qualcosa è stato fatto, per evitare simili scenari futuri, ma ancora molto rimane da fare.
La storia
In questo articolo, facciamo il punto su ieri, su oggi e su quello che dovrebbe accadere e che, si spera, possa accadere al più presto. Nel 2014, con in carica l’amministrazione del sindaco Roberto Levaggi, fu chiaro definitivamente a tutti che, dopo anni in cui non si era fatto quasi nulla (con i sindaci precedenti), in tema di messa in sicurezza dal rischio idrogeologico, fosse necessario invertire la tendenza, e investire radicalmente in questo settore.
Non a caso, la prevenzione delle alluvioni divenne il principale punto su cui si concentrò l’azione amministrativa. Quanto al Rupinaro, venne completato il rifacimento di due ponti, quello di via Castagnola e quello di Sampierdicanne, proprio in uno dei punti dove il torrente era esondato. Entrambi vennero rifatti a campata unica, ovvero senza la cosiddetta pila centrale, in modo da consentire un migliore deflusso delle acque verso la foce.
Quindi, prima del termine del ciclo amministrativo di Levaggi, nel 2017, venne annunciato, anche attraverso la visita a Chiavari del Governatore della Liguria, Giovanni Toti, e dell’assessore regionale alla Protezione Civile, Giacomo Raul Giampedrone, l’arrivo per la città di un investimento regionale da sei milioni di euro che, aggiunti a tre milioni messi a disposizione dal Comune, sarebbero dovuti servire per rifare gli altri ponti togliendo la pila centrale e per ricostruire gli argini, ammalorati dalle devastazioni del 2014, così come da quelle precedenti.
Il progetto del 2017
I ponti oggetto di rifacimento avrebbero dovuto essere i seguenti: lungomare, corso Italia, viale Tappani e via colonnello Franceschi, mentre il ponte ferroviario avrebbe dovuto essere di competenza delle stesse Ferrovie. Tutto al condizionale, però: perché, al momento, non si è visto alcun progresso e in tema di messa in sicurezza del Rupinaro, nonostante gli annunci, la presenza del finanziamento e la volontà politica, si è ancora fermi al 2017.
Ecco perché è necessario fare un po’ di ordine, essendo tornato il tema di strettissima attualità nei giorni scorsi, tra chi ha rispolverato l’ipotesi dello scolmatore in zona Sampierdicanne, nei pressi del Palazzetto dello Sport, chi continua a parlare di abbassamento degli argini, chi ‘spara’ cifre a vanvera e chi non manca l’occasione di far l’ennesima polemica politica.
Torniamo al 2017. Al momento in cui si avvia il grande progetto per la messa in sicurezza del Rupinaro, sono tre i lotti che vengono individuati. È la stessa progettazione che lo richiede. È una raccomandazione precisa e inderogabile da parte dell’Autorità di Bacino della Regione Liguria, ovvero quella struttura delegata ad approvare (o bocciare) i progetti e a far erogare di conseguenza i relativi finanziamenti.
Dietro a tutto, ci sono gli uffici di Palazzo Bianco, in particolare il geometra Agostino Oliveri, che ieri come oggi coordina tutta la grande operazione di prevenzione, in veste di Rup, Responsabile Unico del Procedimento.

Le tre fasi distinte
I tre lotti vengono individuati come segue: primo, rifacimento dei ponti a campata unica; secondo, rifacimento degli argini ammalorati; terzo, abbassamento del letto del torrente. Come mostrato dai rilievi cartografici, al momento tutta la zona toccata dal Rupinaro, che è la più popolata di Chiavari, è rossa, cioè a rischio idrogeologico massimo. Il completare il primo e il secondo lotto, farebbe già scendere il livello a giallo, ovvero piena sicurezza da quella che, tecnicamente, viene definita ‘piena cinquantennale’.
Ma all’Autorità di Bacino non basta: il progetto generale, infatti, deve prevedere la messa in sicurezza assoluta, il declassamento da zona rossa a zona completamente verde, e questo si può fare soltanto con il terzo lotto, vale a dire la prevenzione dalla ‘piena duecentennale’, lo scenario più catastrofico ed estremo, anche molto più grave rispetto all’alluvione del 2014, per intenderci.
Ai tempi, Palazzo Bianco individua come terzo lotto l’abbassamento dell’alveo del Rupinaro. Con questi parametri, la progettazione viene presentata in Regione e può andare avanti.
Ecco perché, tra il 2015 e il 2017, vengono rifatti i ponti di via Castagnola e di Sampierdicanne, ed ecco perché, sempre nel 2017, la Regione può assicurare l’erogazione dei sei milioni di euro, per proseguire il primo lotto e iniziare il secondo.

La situazione attuale
Ed eccoci, a tappe, ai giorni d’oggi. I soldi – sei milioni dalla Regione più tre da Palazzo Bianco – ci sono ancora, nessuno li ha sottratti né depennati. La progettazione esecutiva di termine del primo e inizio del secondo lotto sta andando avanti, e vede coinvolto un gruppo di professionisti facente capo allo Studio Majone Ingegneri Associati e comprendente anche F&M Ingegneria, Studio Tecnico Associato ing. Brizzolara & ing. Sturla, Duferco Engineering, Resgeo Studio Associato di Geologia e Studio ELB Ingegneri Associati.
Se c’è stato qualche rallentamento, non è dovuto né al fronte politico (insolitamente compatto e collaborativo, sul tema della prevenzione dal rischio alluvionale), né tantomeno al fronte tecnico.
La questione del ‘franco idraulico’
Come mai dal 2017 in poi non si sono fatti gli altri ponti, pur essendoci i soldi stanziati? Perché è stata introdotta una normativa nazionale, relativa al cosiddetto ‘franco idraulico’, che prevede, per i ponti di nuova costruzione, un innalzamento di almeno un metro e mezzo rispetto al vecchio manufatto.
A Chiavari si è fermato tutto perché, stante la conformazione cittadina, costruire strutture del genere vorrebbe dire ‘mangiare’ il primo piano di tutte le abitazioni che si affacciano sul letto del torrente. Uno scenario assolutamente impraticabile.
Tra il 2018 e il 2019 si sono susseguite le riunioni, sia a Genova che a Roma, per ottenere deroghe, rispetto alla norma del ‘franco idraulico’: un problema che, come si può capire, non ha toccato solamente Chiavari, ma pure moltissime altre città italiane, di grandi, medie e piccole dimensioni.
Per il Tigullio, in particolare, si ricorda la ‘missione’ romana del sindaco Marco Di Capua, accompagnato dal consigliere comunale chiavarese della Lega, Sandro Garibaldi, presso gli uffici romani dell’allora viceministro ai Trasporti, Edoardo Rixi, pure lui esponente di spicco del Carroccio.
Si parlò di deroghe, Rixi si prese l’impegno. Poi lo stesso rappresentante ligure dell’esecutivo dovette dimettersi, a seguito della sentenza sulle ‘spese pazze’ in Regione, e poi ancora cadde il governo. Il ministro Toninelli fu sostituito, la Lega uscì da Palazzo Chigi e non se ne seppe più nulla.
Ma ora, notizia dei giorni scorsi, la Regione Liguria è riuscita a concedere una deroga, rispetto al ‘franco idraulico’: si scende dal metro e mezzo di innalzamento ai cinquanta centimetri, ovvero quella stessa misura che è stata adottata per i ponti di via Castagnola e di Sampierdicanne. Basta costruire dei manufatti con leggera ‘schiena d’asino’ e la normativa è rispettata. Ergo, si può andare avanti con la progettazione.
Ecco come si procederà
Arriveranno quindi i nuovi ponti? La risposta è sì. Secondo i tecnici coinvolti, si dovrà cominciare, nell’ordine, da quelli più ammalorati: lungomare, corso Italia e viale Tappani. Contestualmente, Ferrovie dovrà mettere mano al ‘suo’ ponte: pure qui è in corso la progettazione e si sta pensando di procedere in due fasi, per non interrompere mai interamente il traffico ferroviario, ma lasciare sempre aperto e operativo almeno un binario alla volta. Entro fine anno, quindi, per quanto riguarda Palazzo Bianco, si dovrebbe cominciare con il ponte sul lungomare. Poi, a cadenza annuale, si dovrebbe risalire all’indietro, con gli altri. Ed ecco qui servito il discorso del primo lotto.
Il nodo degli argini e il terzo lotto
In contemporanea, dovrebbe aprirsi il secondo: ovvero il rifacimento degli argini ammalorati. Qui, come previsto dalla progettazione, ci sarà un concorso di spese: 80% da parte del Comune di Chiavari e 20% da parte dei privati, i cosiddetti ‘frontisti’, le cui abitazioni o terreni si affacciano direttamente sul Rupinaro.
Non cambia nulla, insomma, nei primi due lotti, rispetto al passato. L’orientamento, però, pare modificato in merito al terzo lotto. Perché? Perché se nel 2017 si parlava di abbassare il letto del torrente (come fatto ad esempio a Genova con il Bisagno), e ciò venne pure messo nero su bianco, oggi torna viva l’ipotesi dello scolmatore a Sampierdicanne: un tunnel di nuova realizzazione che, proprio come quello pensato per il torrente Fereggiano a Genova (notare che Fereggiano e Rupinaro sono classificati come primo e secondo corso d’acqua più pericolosi di tutta la Liguria), dovrebbe deviare il corso del rio, per portarlo direttamente a sfociare in mare, in questo caso nella zona più a ponente di Preli. Un’opera da oltre trenta milioni di euro, che sventerebbe il rischio idrogeologico una volta per tutte.
Di scolmatore ha sempre parlato il consigliere oggi in minoranza Giovanni Giardini, mentre sull’abbassamento dell’alveo era più orientato l’ex sindaco Roberto Levaggi. Oggi la maggioranza del sindaco Di Capua pare sposare questa intenzione, anche perché abbassare il letto del Rupinaro comporterebbe un enorme lavoro, dal momento che lì sotto passano sottoservizi e rete delle acque nere. Così, solo relativamente al terzo lotto, i progettisti sono al lavoro per presentare all’Autorità di Bacino della Regione Liguria una variante. Al momento, in Regione, non c’è alcuna carta relativa allo scolmatore, ma dovrebbe arrivare entro fine marzo.
La trattativa difficile con i ‘frontisti’
Nel frattempo, nei giorni scorsi in Comune a Chiavari, si è tenuto l’incontro tra il sindaco Marco Di Capua e i ‘frontisti’, in merito al rifacimento dei muri di contenimento. Come detto, al privato spetta un onere di spesa del 20%, rispetto all’importo totale. Palazzo Bianco ha posto dei tempi molto stretti, indicando fine febbraio per far deliberare i cittadini sui lavori e le rispettive assemblee condominiali. Gli amministratori hanno obiettato che si tratta di tempistiche troppo strette e hanno chiesto al sindaco, lasciato incredibilmente solo a gestire questa vicenda, di dilatare i tempi sino a marzo, almeno sino a quando non verrà presentato in Regione il progetto dello scolmatore.
Un’altra mossa pasticciata? È evidente, perché è inutile convocare i privati, se non si hanno ancora le idee chiare. E poi perché nessun assessore ha affiancato il sindaco, in questa trattativa in cui si deve andare a smuovere le tasche dei cittadini?
Un dato è sicuro: quanto prima si scioglieranno questi nodi, tanto prima potranno riprendere dei lavori tanto necessari quanto irrimandabili. Sarebbe una colpa enorme e imperdonabile, per una civica amministrazione, l’aver perso tutto questo tempo, a fronte di un’opera di cui la città non può davvero più fare a meno.