(r.p.l.) La situazione è drammatica, se non addirittura tragica. Un comune della Liguria che rischia seriamente il dissesto, dopo anni di difficoltà, dopo l’inchiesta giudiziaria che ha travolto il palazzo, dopo polemiche, scontri, dopo la fredda burocrazia di una gestione commissariale ancora in corso, completamente lontana dai cittadini e avulsa dal contesto.
A Lavagna, in questi anni, i cittadini hanno dovuto sopportarne di tutti i colori. E, da ultimo, la notizia che era nell’aria da tempo ma che forse assume i connotati più preoccupanti: la Corte dei Conti ha bocciato il piano di riequilibrio proposto da Palazzo Franzoni.
La struttura comunale, nei giorni scorsi, lo ha comunicato attraverso un asciutto documento: “Nell’udienza tenutasi oggi, 6 dicembre, la Corte dei Conti Liguria, sezione regionale di controllo, chiamata a pronunciarsi sull’approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale del Comune di Lavagna dell’ottobre 2017, si è pronunciata negando l’approvazione del piano. Il Comune resta in attesa di conoscere le motivazioni al fine di valutare le eventuali azioni da intraprendere a riguardo”.
E’ un fatto assai grave, che ovviamente ha scatenato la politica, in stand by da troppo tempo nella città dei Fieschi, in attesa che si possa tornare a votare e ad avere un sindaco realmente espressione del volere democratico.
‘Piazza Levante’ si era occupata della questione dei conti di Lavagna (non l’inchiesta della magistratura, che involontariamente porta lo stesso nome) in uno dei suoi primi numeri. Era il 3 maggio del 2018.
Già allora, la Corte dei Conti aveva espresso una valutazione fortemente critica, a proposito delle casse comunali, chiedendo alla commissione straordinaria delle opportune integrazioni. Ora, pure quelle non sono state accettate positivamente.
I rilievi dei mesi scorsi, nello scritto a firma del presidente Fabio Viola e del magistrato estensore Alessandro Benigni, riguardavano principalmente quattro aspetti: la Corte dei Conti chiedeva come il Comune di Lavagna intendesse ripianare, nel corso degli anni, il suo cospicuo passivo; come mai, a fronte di dichiarate riduzioni per spese generali e per il personale, ci fosse stato un aumento della spesa corrente; come s’intendesse recuperare le tasse non riscosse e se si fosse ancora entro i termini stabiliti dalla legge; come e perché fossero stati utilizzati quattro metri di valutazione differenti per quotare il valore degli immobili di proprietà della città di Lavagna.
A oggi il passivo è complessivamente, di oltre dieci milioni di euro, come ha appurato l’organo di controllo finanziario con l’osservazione numero 49 del 23 novembre scorso. Il 2017 si è chiuso con un disavanzo di 2.479.593,57 euro dovuto dall’innalzamento del fondo crediti non esigibili, passato da 1,4 milioni (relativi al 2016) a oltre 4,5 milioni di euro. A pesare sulle casse c’è anche l’esito negativo, in primo grado, rispetto al contenzioso per i lavori sulla piastra del Porto, in piedi con la Porto di Lavagna spa. Palazzo Franzoni ha presentato ricorso, ma la sentenza d’appello deve ancora essere emessa.
Del pesantissimo passivo hanno detto e scritto un po’ tutti. Le varie formazioni in lizza per la corsa elettorale del 2019, alcune dei quali hanno già indicato il loro candidato sindaco, si sono espresse con le loro riflessioni.
Ma una domanda sorge spontanea. O meglio, alcune domande.
Siccome dieci milioni non sono briciole, anzi, come diavolo è arrivata una pubblica amministrazione ad accumulare un passivo così alto?
Quali errori sono stati commessi?
A quali amministrazioni risale l’inizio di questo percorso per nulla virtuoso?
Chi è il vero colpevole, se esiste, di questa situazione drammatica?
Se al posto di un comune, ci trovassimo di fronte a un’azienda privata, si parlerebbe senza mezzi termini di fallimento. Qui è il caso di un dissesto finanziario, ma le conseguenze che potrebbe comportare non sono molto differenti: tagli ai servizi, riduzione del personale, incremento delle tasse. Insomma, tutte cose molto spiacevoli.
Il grande colpevole è stato da molti individuato nell’ex sindaco Pino Sanguineti, la cui avventura a Palazzo Franzoni si è conclusa anzitempo a seguito dell’inchiesta ‘I Conti di Lavagna’, gli arresti domiciliari per presunte infiltrazioni mafiose e lo scioglimento dell’amministrazione. Ma è da molto prima che è cominciata la cattiva gestione delle casse comunali.
Una delle principali ragioni del buco è da ricercare negli anni tra il 2009 e il 2011. E’ in questo periodo, infatti, che il Comune conferisce l’incarico a una ditta esterna per riparametrare tutte le abitazioni di Lavagna, con l’obiettivo di ricalcolare la tassa dei rifiuti. Il lavoro è compiuto in maniera grossolana e incompleta, al punto che a Palazzo Franzoni arriva una pioggia di ricorsi. Risultato? Per tre anni circa l’imposta sulla spazzatura non viene pagata, quindi il Comune non la incassa. Non solo, i ruoli non vengono emessi. E questo è un danno da milioni di euro.
Altro problema sono i mutui. Non avendo grossi avanzi di amministrazione, i sindaci Gabriella Mondello prima e Giuliano Vaccarezza poi, per eseguire le opere pubbliche furono costretti a contrarre rapporti debitori con le banche e gli interessi sono andati a pesare ovviamente sui bilanci. Anche qui, un copioso flusso negativo in uscita.
C’è poi l’aspetto della mancata capacità di riscuotere i propri crediti. Si è detto della mancata emissione dei ruoli relativi alla tassa sulla spazzatura. Ma anche per quanto riguarda multe, altre tasse e altre sanzioni, la situazione non è mai stata chiara e assolutamente non ben gestita.
Mentre altri comuni sono molto più severi su questo fronte, e arrivano anche a pignorare proprietà e stipendi, Lavagna è sempre rimasta una terra di nessuno. Mancate entrate, interessi verso le banche, nessun avanzo di bilancio: si capisce come il debito possa salire, anno dopo anno, sino ad arrivare all’attuale cifra da capogiro. Sulla quale pesano pure gli alti costi del personale, probabilmente sovradimensionato per un comune di poco più di diecimila abitanti, e alcune cause perse, come quella con la Porto di Lavagna spa, che rischia di trasformarsi nell’ultimo, ennesimo, bagno di sangue.
Come se ne uscirà? La commissione straordinaria insediata a Palazzo Franzoni ha lasciato intendere di voler far ricorso, rispetto alla bocciatura della Corte dei Conti. Ma occorre modificare il piano di riequilibrio e i margini di manovra non paiono moltissimi.
Intanto le elezioni sono dietro l’angolo. Chiunque si prenderà la briga di amministrare la città dopo questo sfacelo, dovrà tenere in conto la delicatezza della situazione. Più che il sindaco, servirà probabilmente la bravura e l’estrema competenza di un assessore al Bilancio. Nel tentativo di uscire da queste secche che rischiano di pesare sulla vita pubblica di Lavagna e sui suoi abitanti per i prossimi decenni.