di DANILO SANGUINETI
Ignorate le sirene della réclame: un libro non un diamante è per sempre. Nell’epoca che cancella l’analogico la parola stampata è qualcosa che tonifica la mente, che ciba il cervello. Lo scritto rimane a disposizione, non scade, nel tempo aumenta la sua efficacia, ti segue come un fedele compagno, suggeritore instancabile.
Le implacabili statistiche dicono che in Italia, nella nostra regione in particolare, stanno aumentando i machiavelli in sedicesimo, coloro che al fine di una giornata passata tra frizzi e lazzi si ritirano nel loro personale sancta sanctorum, forse vestono panni curiali, sicuramente aprono e consultano volumi preziosi. Preziosi perché educano e accrescono, importa poco il lato monetario.
Anche se è questo ciò che fa girare la macchina dell’industria culturale come bene sanno alla Libreria Fieschi di Lavagna, ubicata in via Dante 36, sotto i portici, di fronte alla Chiesa di Santo Stefano. Inevitabile che il titolo del negozio fosse influenzato dal riferimento nobile.
Il nome fa un salto nella Storia, suggerisce tempi gloriosi, munifici. Una volta dentro si possono trovare storie con la esse a scelta, maiuscola o minuscola, suggerimenti, illusioni, divertimento e pianti. Il mondo dei libri, dove ogni volume è a sua volta un mondo nel quale trovi qualunque cosa ti serva. Forse è esagerato vedere nella libreria la fortezza Bastiani della cultura assediata dai Tartari dell’effimero, i media che veicolano informazioni possono essere buoni o cattivi, dipende dall’uso che se ne fa. Il libro non sarà come la pistola, la mano che gira le pagine è più propensa a mutare idea di quella che schiaccia il grilletto, certo è che anche le parole e le frasi causano sconquassi se male interpretate e peggio usate.
La Libreria Fieschi condotta da giovani e aperta a un pubblico giovane, di testa, non importa l’anagrafe, mostra che nel terzo decennio del XXI secolo si fa economia e si danno risposte usando l’antica arte del libraio, colui che sa essere un amico, un maestro, a volte addirittura un saggio che ti indica la via.
Ne ha l’intonazione, anche se non l’aspetto, Marco Paganini che dal 1995 ha preso in gestione la libreria lavagnese, aperta due decenni prima dalla famiglia Oneto. Appena maggiorenne, Marco decise che quella del libraio era la sua missione impossibile e che l’avrebbe portata a termine. Come fa intuire nella breve autobiografia che ha vergato per il sito della casa editrice AltreVoci Edizioni, fondata appena un anno fa assieme ad altri 4 ‘matti’: “Marco Paganini, classe 1978. Potrebbe finire qui una bio che di speciale ha poco ma di normale nulla. Lettore, viaggiatore, imprenditore, da sempre legato al mondo della cultura, proprietario di una libreria da quindici anni, predilige le persone ai social, i libri ai social, la natura ai social. Insomma non ama i social. Fermo sostenitore del vaccino più importante: i libri curano l’ignoranza. Oggi più che mai è necessario divulgare la conoscenza”.
La trama secondaria sino a un certo punto della sua attività. Più che vendere spera di piazzare libri in un paese e una società che ne hanno ‘oggi più che mai’ un disperato bisogno. Un libraio che segue itinerari tutti suoi, spericolatamente avanguardisti per un verso, splendidamente retrò per un altro. “Io ci ho sempre creduto nella parola scritta. E oggi non ho nemmeno bisogno di professarmi ottimista perché dati e tendenze sono univoche. Il comparto va bene, le vendite sono sostenute”.
Viene da pensare che i prolungati lockdown, più limitazioni varie, c’entrino qualcosa. Costretti a stare in casa anche i più refrattari (vedi alla voce sottosegretari sovranisti…) sono invogliati a leggere. “Sì e no. Una inversione di tendenza era già in atto, la gente si era riavvicinata al buon vecchio libro anche prima della pandemia. Il fermento è iniziato un paio di anni fa, e la riscossa è guidata dal micropublishing, poi dai piccoli editori che fanno conoscere nuovi scrittori, idee fresche, fuori dai grandi circuiti. Certo che quanto accaduto 13 mesi fa ha inciso, però non regge l’equivalenza chiusi in casa eguale più lettori. Perché dentro le quattro mura domestiche si hanno oramai tante e tali possibilità, dal computer ai pad, della playstation alle smart tv, passando per gli stessi cellulari, che la carta stampata non è l’opzione più facile ne la più scontata. In ogni senso”.
A rilanciare il libro sono state alcune decisioni del passato governo, dalla modulazione delle tariffe Iva ai vari bonus educazione, oltre all’introduzione delle agevolazioni alla cassa. Paganini ha accettato solo una di esse.
“Il cashback è stata una grande idea. E noi della Fieschi l’abbiamo sposata in toto. Spingere i consumatori a usare le carte di pagamento, andare verso la moneta elettronica semplifica la vita a loro e sgombra il campo di noi venditori dai troppi furbetti dello… scontrino. Certo anche in questo caso abbiamo dovuto rimboccarci le maniche perché l’età media della nostra clientela, abbastanza alta, con tanti nativi non digitali, ci ha obbligato a corsi accelerati di uso delle carte. I primi tempi sono stati un po’ complicati, poi quasi tutti hanno digerito le novità”.
L’accenno alla tipologia di lettore che si rivolge alla Fieschi è lo spunto per discutere un’altra decisione controcorrente. “Abbiamo detto no alla lotteria degli scontrini. Dopo una attenta riflessione, pur sapendo che è legale, al pari però di molte altre forme di azzardo che non condividiamo. Qui troverete persone che cercano di soddisfare il cliente, che accettano volentieri le forme di pagamento elettroniche. Ben prima del cashback di Stato. Da oltre tre anni partecipiamo a un circuito che garantisce un cashback su ogni acquisto, con altre trentamila piccole e medie imprese italiane, molte anche sul nostro territorio”. E lo ha ribadito sulla pagina Facebook della libreria: “No gioco d’azzardo. No slot. No lotteria. No grattaeperdi. Volete giocare? Torniamo a farci una briscola!”.
Paganini come Bartleby lo scrivano: il suo ‘I would prefer not to’ suona ancora più forte e chiaro in questa epoca nella quale il conformismo è elevato ad arte. Il messaggio appare diretto ai giovani e giovanissimi, la fascia di età che va riconquistata perché si possa parlare di rinascimento dell’incunabolo. “Nell’ultimo anno abbiamo colto qualche segnale incoraggiante anche in questa direzione. Certo non si deve vivere sulle rendite di posizione. Nei primi mesi del 2020 abbiamo intrapreso operazioni abbastanza rischiose (qualcuno le ha definite folli), scommesse che vogliamo vincere. Innanzitutto assieme a una editor, due scrittori e una redattrice culturale abbiamo creato la casa editrice AltreVoci Edizioni”.
Modesta nella denominazione, ambiziosa più di quanto dichiari nel manifesto fondativo. “Nata dalla passione e dalla professionalità di ognuna di queste persone, dal desiderio di portare ai lettori nuove storie, voci e testi selezionati con cura – maniacale, aggiungerebbe qualcuno – attenti alle pubblicazioni quanto ai rapporti con gli autori, che sono la gemma più preziosa per un editore. Narrativa di viaggio, autori e classici da riscoprire, giallo e noir, romanzi contemporanei. Altre voci, interpreti del presente o del passato, che in qualche modo scardinano certezze e stereotipi, che si distinguono per tematiche affrontate, luoghi – reali o simbolici – da esplorare, punti di vista e modalità narrative”.
L’altra novità, a ben vedere connessa alla prima, è stata quella di offrire un servizio di consegna a domicilio. “Nei due mesi di lockdown eravamo chiusi, da dietro le saracinesche abbassate però continuavamo a pensare come fare per tornare… in quota. Ed è scattata l’idea di sentirci via telematica con i clienti, di ricevere le loro ordinazioni, fare i fattorini della cultura, andando porta a porta a recapitare gli acquisti”.
I numeri sono stati subito interessanti. Ed ancora oggi costituiscono una quota non disprezzabile delle vendite mensili. “Ha contato moltissimo il rapporto personale instaurato con il cliente. Quasi tutti habitué che ci hanno preferito anche ai grandi seller online, visti come giganti che un po’ intimidiscono e che un po’ ignorano le richieste particolareggiate del lettore”. Perché Marco Paganini, papà lavagnese, mamma della Val di Taro, in questi 25 anni da gran navigatore del Mare dell’Inchiostro ha imparato che all’universale Biblioteca di Babele corrisponde lo sterminato tipo del divoratore di volumi. Non esistono due lettori eguali. I percorsi seguiti per arrivare a certi libri sono sempre diversi, i collegamenti i più disparati, le propensioni mutano come la luce fatta rimbalzare in un caleidoscopio.
“Questo ci ha permesso la rivincita sui grandi editori, sulle loro mega librerie. A forza di fusioni e di acquisizioni si sono ingranditi a dismisura, hanno snaturato il carattere delle case che hanno inglobato e si sono trovati esposti ai colpi dei venditori on line. Allo stesso tempo hanno visto i loro piedistalli di giganti erosi dal lavoro dei minuscoli, volenterosi e soprattutto dediti alla causa. Nel nuovo scenario post pandemico vedo grandi prospettive per noi librai di quartiere che sappiamo ascoltare, che tentiamo di indirizzare chi si rivolge a noi. Chi legge è un adepto della nostra stessa religione, non un pollo da spennare”. Un rimedio contro l’ansia, una ricetta per il logorio della quotidiana esistenza. Chi si immerge in un libro trova le idee, i sentimenti, le esistenze degli altri. Può, senza muoversi dalla poltrona, viaggiare per paesi, attraversare mari, scalare montagne, mondi distanti, fantastici. Quale antidoto migliore contro l’immobilismo, scelto o imposto? Prendete, regalate, chiedete un libro. Impedite che vincano i pompieri di Fahrenheit 451, in ogni topo di biblioteca che entra nella Libreria Fieschi c’è la stoffa di un Montag.