di DANILO SANGUINETI
Data la scarsa conoscenza della geografia accumulata negli anni – e diventata drammatica nel nostro paese grazie a diverse riforme “illuminate” della scuola – va specificato che il Venezuela, piuttosto che essere un posto collocabile da qualche parte tra la Florida e la Terra del Fuoco, è una nazione che con il nostro paese ha in realtà legami profondi, antichi e duraturi. Ci sono moltissimi fili che intrecciano un ponte tra Italia e Venezuela, e possono essere letti da più prospettive: storica, culturale, economica e persino gastronomica.
Quest’ultima è la causa efficiente che porta un soggetto particolarissimo, per nascita e percorso di vita, a compiere un viaggio, anche spirituale avendo come meta, forse definitiva, la Liguria, il Tigullio e Chiavari nello specifico. Dietro la inaugurazione, prevista per gli ultimi giorni del mese in corso, al peggio l’inizio di novembre, del ristorante “La Merica” (staccato, si badi bene) in via Entella da parte dello chef internazionalmente apprezzato Sumito Estevez c’è tanto di quel materiale esistenziale inusuale da riempire un volume. Anche limitando a raccontare per sommi capi si coglie il personaggio e si resta affascinati dalla peculiarità della sua vicenda, dalla originalità della sua visione epistemologica-culinaria.
Sumito è una somma di molte cose: il facile gioco di parole sparisce quando si studia il suo retroterra e si cerca di raccapezzarsi tra le sue influenze e i suoi interessi. Una valanga di notizie da “mandare in blocco” Wikipedia e da dover aspettare GPT-6 per capirci qualcosa.
Sumito Estévez Singh è nato a Mérida il 22 ottobre 1965. “Infatti mi piacerebbe poter inaugurare “La Merica, osteria latina” in tempo per festeggiare come si deve il mio sessantesimo compleanno”.
Sumito è uno chef ma anche uno scrittore ed è stato personaggio televisivo, uomo d’affari ed educatore venezuelano. Ha fatto il conduttore di programmi televisivi culinari e programmi radiofonici. È stato giudice e creatore di festival culinari. Tra il 1998 e il 2001, l’editore El Nacional ha pubblicato 2 volumi con le sue ricette. Nel 2005, lo stesso editore ha ampliato la sua bibliografia con l’edizione in 15 volumi de “La Cocina de Sumito”, la raccolta gastronomica di maggior successo editoriale nel suo paese natale.
Il secondo cognome nei paesi di cultura latina indica la famiglia della madre. E Singh non è certo un cognome sudamericano. È il figlio del matrimonio tra il fisico venezuelano Raúl Estévez e Anú Singh, di origine sikh. Suo padre si laureò all’Università Patricio Lumumba a Mosca (quando era ancora Urss) ma prese un master e un dottorato alla Stanford University. È stato uno dei fondatori della Facoltà di Scienze dell’Universidad de Los Andes. Estévez è il nipote del cuoco e comico (guardando la tv italiana odierna le due attività appaiono compatibili) Claudio Nazoa. Suo nonno materno era Sardar Gurbaksh Singh, uno scrittore punjabi e fondatore della città di Preet Nágar nel nord dell’India. Influenze che si riverberano sul presente di Sumito. Ha passato l’infanzia tra l’India e il Venezuela. All’età di 14 anni ha fondato un club gastronomico assieme al regista Alberto Arvelo. Per tre anni si sono dedicati a selezionare i paesi, a leggere su di essi e a sperimentare la loro cucina il sabato. Nel 1989 si è laureato in Fisica presso l’Universidad de los Andes di Mérida, ma invece di “sfruttare il pezzo di carta” ha deciso di intraprendere una carriera nel settore della gastronomia.
Il suo primo lavoro professionale retribuito è stato come assistente di cucina presso un ricco connazionale. Nel 1990-91 lavora come Sous Chef (letteralmente, sotto la guida dello chef, l’assistente principale dello chef) nel locale di lusso di Caracas “Seasons”. Tra il febbraio 1994 e il giugno 1995, Estévez è gestore e chef del locale, “Sumito”, manco a dirlo, nella città di Mérida. Tra il 1998 e 1999 stage a New York (ristoranti Jean George, Vong e JoJo) e presso il famoso ristorante Spago a Los Angeles, in California.
Nel 2001 inaugura “La Cuadra Gastronomía”, a Los Palos Grandes, Caracas, un progetto gastronomico che prevede pasticceria, brasserie, scuola di cucina, un ristorante di lusso e uno studio televisivo specializzato in cucina. Nel 2002, Estévez pubblicar un blog che attira l’attenzione di Productora América, la più grande società di produzione di contenuti televisivi nel mondo di lingua spagnola.
Successivamente conduce il programma settimanale “Nueva cocina latina” sul canale via cavo spagnolo Canal Cocina (2004), ha creato ed è stato partner di SumoGusto, un’azienda di cibo da asporto. Showman e Broadcaster, scrittore e speaker radiofonico: la sua multiforme personalità gli impedisce di soffermarsi su imprese che presa una per una basterebbero a saturare di riconoscimenti ed emozioni la vita di un tipo “normale”.
Nel 2018 lascia la sua residenza sull’Isola Margarita, splendido gioiello nei Caraibi, al largo della costa venezuelana perché ha compreso come nel suo paese natale, in crisi profonda, non ci sia spazio per la sua creatività tumultuosa. Il racconto degli ultimi anni però spetta al protagonista, perché deve introdurre una deuteragonista, un secondo attore indispensabile nella trama della sua vita: “Sylvia Sacchettoni, mia moglie, nata qui in Italia, con ascendenze liguri e toscane, trasferitasi giovanissima in Venezuela. Di comune accordo decidiamo di andare in Cile. Mi avevano assunto come vicedirettore della formazione continua del Centro per l’innovazione gastronomica dell’INACAP. Nel 2020 avvio il progetto “Sumo Gusto”, attraverso YouTube, una nuova e audace proposta per portare il meglio della gastronomia venezuelano-cilena nelle case del Cile. Assieme a Sylvia istituiamo la Fondazione Fogones y Bandera volta a rafforzare l’identificazione, il riconoscimento e “l’empowerment” della gastronomia venezuelana. Ma in Cile, a Santiago, città da oltre 6 milioni di abitanti, abituati come eravamo alla tranquillità di Margarita, non riusciamo ad ambientarci. Ed allora decidiamo di tornare “ab ovo”, alle origini di mia moglie. In Italia, in Liguria”.
Breve recap per chi non sa. Dopo la Seconda guerra mondiale, decine di migliaia di italiani (soprattutto da Veneto, Sicilia, Campania e Liguria) si stabilirono a Caracas, Maracaibo e Valencia. Ancora oggi si stimano circa 140.000 cittadini italiani residenti in Venezuela e oltre un milione di venezuelani di origine italiana, quindi il comeback di Sumito e Sylvia è più che ragionevole.
“Io sono convinto che quello che unisce sia molto più di quello che ci divide. Solo parlando del mio settore posso dirvi che la pizza e la pasta sono entrate stabilmente nella dieta venezuelana, spesso con varianti locali (es. pizza con avocado o pasta con ingredienti tropicali)”. Poi ci sono i piatti ibridi come “la Pasticho” (versione venezuelana della lasagna); per non parlare dei prodotti condivisi, il vero cemento che “stringe” l’Atlantico: caffè, cacao e olio d’oliva sono stati punti di scambio e contaminazione culinaria. Sumito ne è un convinto sostenitore: “La Merica” è un ristorante latino con cuore ligure. Abbiamo scelto “Osteria” perché è una parola che sa di casa. È la promessa di un’accoglienza calda e di una qualità autentica, a metà strada tra la familiarità di una trattoria e l’eleganza di un ristorante. Vi abbiamo aggiunto “Latina” che per noi non è uno stereotipo di festa, ma una filosofia. È il racconto di un continente di sapori, una cucina curiosa e raffinata, pensata per dialogare con il palato europeo. “Osteria Latina” è il nostro modo di dire: benvenuti in una casa dal cuore italiano e dall’anima viaggiatrice”.
Il poliglotta Sumito e l’altrettanto versatile Sylvia – pennello e tavolozza sta decorando personalmente tutte le pareti del locale – stanno per completare il cantiere, mentro lo chef si prepara a sfornare un pirotecnico menù, c’è solo tempo per un ultimo chiarimento che il lato “fisico” (nel senso di scienziato) di Sumito esige fornire: “Perchè ho chiamato il mio locale “La Merica”? Non un errore ma una memoria impressa nelle lettere di chi, più di un secolo fa, partiva da questa costa. “Sono arrivato in “la merica”, scrivevano. Sentivano una parola nuova e la trascrivevano con il cuore, con la speranza di chi cerca un futuro. Questa è la storia di tanti. Ed è anche la nostra: una storia di partenze e di ritorni, di un’anima ligure che ha attraversato l’oceano per poi tornare a casa, portando con sé i sapori di un altro mondo. “La Mèrica” è il nostro omaggio a questo viaggio. È un cerchio che si chiude, proprio qui, a Chiavari”.
La storia è fatta anche da quello che si è messo in tavola per secoli. Un ponte fatto di prelibatezze gettato fra le due sponde Atlantico fra l’antico e il nuovo mondo tra culture differenti ma poi non così distanti come quella latino-americana e quella del Mediterraneo.
La cultura, anche e soprattutto quella del cibo, non ha frontiere, non esistono muri e valichi, controllati dagli ottusi e dai prepotenti. I sapori non riconoscono i confini; gli uomini viaggiando portano con sé le idee anche quelle della gastronomia, arte ed anche scienza, se preferite. E Sumito ne è la prova vivente.
Ha intenzione di chiudere un cerchio che, andando contro ogni regola della geometria euclidea, ha degli spigoli. L’augurio è che anche lui trovi l’America. Paese ideale e idealizzato, non quello di oggi caduta in mano a gente che definire poco raccomandabile è un eufemismo.