di ALBERTO BRUZZONE
Quel lembo di terra affacciato sul mare più limpido del Tigullio e protetto dalla splendida collina a macchia mediterranea è, a giudizio dei chiavaresi e non, la zona più suggestiva della città.
Siamo a Preli, subito dopo la Colonia Fara e dopo i palazzi ‘della discordia’ che hanno preso il posto dell’ex cantiere navale e sono stati grandi protagonisti, un anno fa, della campagna elettorale (oggi se ne parla e se ne scrive molto, molto meno). Siamo nell’ex tenuta del marchese Pietro Torriglia che, al momento della sua morte, divenne per sua precisa volontà un Ricovero di Mendicità e che oggi ospita la Casa di Riposo per gli anziani, gestita dall’omonima Fondazione.
La villa, le casupole circostanti che s’arrampicano sulle colline delle Grazie, i terreni, gli alberi, persino i fili d’erba di questo straordinario angolo chiavarese sono da sempre oggetto di attenzione da parte degli ambientalisti, ma anche di chi ha intenti meno nobili e, pur nel quadro consentito dalle leggi urbanistiche, punta a riqualificare la zona installando attività di tipo recettivo.
Non solo, perché, oltre a questo, aleggia da anni il progetto di ampliamento della casa di riposo. Un disegno che risale ai primi anni Duemila, mai realizzato ma neppure mai andato in soffitta.
Il tema ampliamento di nuovo attuale
Oggi se ne torna a parlare con una certa enfasi, dopo che il gruppo di minoranza Noi di Chiavari (i consiglieri comunali Roberto Levaggi, Daniela Colombo e Silvia Garibaldi) ha rivolto al sindaco e all’assessore ai Servizi Sociali un’interpellanza a oggetto ‘Gestione della Fondazione Torriglia’. La quale, è bene ricordarlo, è una fondazione di diritto privato, controllata dalla Regione Liguria, e con sette membri del cda la cui nomina spetta per cinque unità al Comune di Chiavari e per due alla Società Economica, con il presidente eletto in seno all’organo ma previo gradimento del sindaco.
Il testo dell’interpellanza riapre lo scenario mai sopito dell’ampliamento della struttura. Levaggi, Colombo e Garibaldi chiedono “se corrisponde al vero che la Fondazione, con l’attuale gestione, intenda effettuare un investimento di circa quattro milioni di euro per realizzare un nuovo corpo di fabbrica per nuovi 38 posti letto circa”.
Chiedono inoltre “di conoscere l’effettivo stato dell’arte di questa operazione e se vi siano garanzie ufficiali a livello regionale per l’eventuale accreditamento dei nuovi posti letto”.
L’interpellanza viene protocollata, ma per ora è senza risposta. L’argomento Torriglia è ultrasensibile, sia dentro Palazzo Bianco che un po’ per tutti i chiavaresi.
Maneggiare con cura, insomma.
I programmi elettorali
Quello che non è un mistero, perché è scritto nero su bianco, sono le intenzioni dell’attuale amministrazione su quell’area. Il sindaco Di Capua le ha scritte nel suo programma elettorale: “Ampliamento della casa di riposo e riqualificazione delle aree verdi contigue a funzione ludico-sportiva (tennis club). Manutenzione dei sentieri sulla collina delle Grazie a tutela dell’unicità della macchia mediterranea”.
Il suo predecessore Levaggi, sempre nel programma elettorale, era stato più generico: “L’Istituto Torriglia deve mantenere e rafforzare la sua importante funzione sociale a beneficio degli anziani della nostra città. Tutela sotto il profilo ambientale della Collina delle Grazie e della sua unica vegetazione, oltre alla pulizia e al decoro di tutti i sentieri pubblici da Corso Buenos Aires sino all’Abbazia delle Grazie. Non si prevedono nuovi volumi abitativi”.
La maggioranza attuale, insomma, sembra spingere sul progetto di allargamento.
Le conferme sono da una parte il programma elettorale (un contratto abbastanza chiaro e inequivocabile, dove la parola ‘ampliamento’ è usata in modo diretto), dall’altra la richiesta presso Alisa, l’agenzia ligure sanitaria della Regione Liguria, di voler accreditare presso l’Asl questi trentotto nuovi posti letto. Significa, cioè, che viene richiesto alla Regione d’inserire questi letti all’interno di una convenzione con il servizio pubblico, perché siano le Asl a coprire una parte delle spese.
Tutto il rebus di questa operazione sono infatti i costi. La Regione, che è in fase di revisione della spesa sanitaria (il disavanzo, come dichiarato nel numero scorso di ‘Piazza Levante’ dal consigliere regionale di maggioranza Claudio Muzio, è ancora di sessanta milioni circa, ma occorre arrivare al pareggio entro il 2020 per evitare il commissariamento) sta operando accorpamenti, spostamenti e fusioni (vedi il caso delle sale operatorie di Sestri Levante, per rimanere sul nostro territorio) e non sembra quindi avere risorse per accreditare i nuovi posti letto.
I documenti
Senza ossigeno pubblico, quindi, l’operazione Torriglia stenta a partire.
Per il momento, c’è solo la carta. Quale? Il progetto del 2009 (pubblicato il 15 gennaio del 2010) a firma di EDB Studio, l’architetto e professore Enrico D. Bona, insieme alle colleghe Giuditta Dirotti, Elisa Nobile e Ambra Gregoratti (https://divisare.com/projects/117784-edb-studio-enrico-davide-bona-architetto-casa-di-riposo-pietro-torriglia).
Ecco come viene presentato: “Il progetto rispetta nell’impianto e nei criteri lo stato di fatto; nel condividere un linguaggio contemporaneo ripropone il concetto di stratificazione che è alla base di ogni ambiente ‘vivo’; questo linguaggio a sua volta trova riscontro e continuità con una storia che a partire dagli inizi del secolo scorso ha riccamente disegnato grandi settori della città di Chiavari. Il progetto propone, temi tanto eco-ambientali quanto mediterranei, portici, logge, rottura continua di piani e volumi – scale comprese, uso di pergolati, integrazione di linee verticali e orizzontali, vasti affacci sul mare e orientamento a levante delle camere, ante scorrevoli, uso del colore. Il progetto si colloca nella parte ovest del lotto di pertinenza della Fondazione, sul confine con un campeggio. La posizione del nuovo volume è motivata dal voler definire la simmetria ‘interrotta’ dell’impianto preesistente per ottenere un impianto a ‘C’: la facciata principale della Fondazione rimane centrale rispetto alle due ali costituite a levante dalle case dei pescatori e a ponente dal nuovo edificio. Si popone quindi una figura classica più volte ripresa dall’architettura maggiore e minore, anche in Liguria”.
Altro documento importante è il Piano Urbanistico Comunale, pubblicato sul sito del Comune di Chiavari (https://www.comune.chiavari.ge.it/uploads/puc/ELABORATI%20COSTITUTIVI%20DEL%20PUC/05%20INTEGRAZIONI/Elementi%20di%20rilevanza%20urbanistica%20dei%20SUA%20e%20ACCORDI%20DI%20PROGRAMMA.pdf) e che autorizza l’ampliamento, a patto che la casa di riposo rimanga a Preli e con modifiche e alleggerimenti rispetto al render di EDB Studio, giudicato eccessivamente impattante.
Le prospettive mancate
A mancare sono sempre i soldi. E si torna al punto di partenza. Niente finanze, niente ampliamento, per quanto ci siano progetto e permessi.
Le cifre non sono precise: si parla di una forbice fra i tre e i quattro milioni di euro. Noi di Chiavari ritiene “che tale eventuale investimento metta a rischio la solidità economico/finanziaria della Fondazione che, per Statuto, dev’essere dedicata alla cura degli anziani di Chiavari”.
Perché la Fondazione da parecchi anni versa in notevoli difficoltà: chiude bilanci in passivo ed è costretta a vendere, quando non a svendere, le proprietà del marchese Torriglia. Quelle che, al contrario, il nobile aveva chiesto di far rendere in modo da mantenere gli anziani.
Ma eravamo nell’Ottocento, e i tempi sono cambiati.
Oggi la situazione è complessa. Tanto quanto mettere insieme i soldi.
E’ tramontata anche la prospettiva risalente al precedente Cda, quello presieduto da Gabriella Bersellini ai tempi dell’amministrazione Levaggi. Quando Francesco Sangiovanni, imprenditore milanese a capo della società Hgm Holding (già impegnata nella gestione dell’Hotel Miramare di Rapallo), firmò un contratto di locazione della Collina delle Grazie per cinquant’anni, al canone di ottantamila euro annui.
Siamo a fine 2016. Sangiovanni propone di restaurare i ruderi, riqualificare i sentieri e dare vita a quel progetto di ‘albergo diffuso’ ben raccontato qualche giorno fa da un articolo su ‘Repubblica’. Propone anche d’intervenire sulla casa di riposo, ristrutturare l’esistente e accollarsi l’ampliamento. La contropartita? L’imprenditore chiede l’alienazione del terreno vicino, quello dell’ex camping, per realizzarvi un hotel fronte mare, sempre nei volumi e nel rispetto del preesistente e del piano urbanistico comunale. Poteva essere una buona prospettiva, anche per aumentare il flusso di cassa del Torriglia, ma non se ne fa nulla.
Il presidente Monteverde
E veniamo ai giorni nostri. Cambia il sindaco, cambia il cda del Torriglia. Cambia il presidente.
La Bersellini lascia il posto ad Arnaldo Monteverde, commercialista chiavarese, ex assessore provinciale e già presidente di Marina Chiavari con Levaggi a Palazzo Bianco.
Monteverde è perfettamente consapevole del percorso in salita: “I costi sono alti e la questione è molto delicata. L’operazione ampliamento è interessante, ma occorre essere prudenti. I problemi finanziari ci sono e non sono un mistero. Ad ogni modo, arriveremo a una decisione entro una quindicina di giorni”.
Il cda della Fondazione sta valutando diverse strade: “Reperire finanza tramite un mutuo – prosegue Monteverde – o valorizzando le proprietà che sono attorno alla casa di riposo, quelle direttamente sul mare. Potrebbe essere una prospettiva”. E potrebbe pure rientrare in gioco Sangiovanni? “Questo è presto per dirlo – tronca Monteverde – siamo nel campo delle ipotesi. Con i privati, bisogna stare attenti nel computo del dare e dell’avere. E poi, c’è anche il Comune che si è reso disponibile a darci una mano”. Ma il Torriglia non è fondazione privata? “Si però il Comune può contribuire per le finalità sociali della casa di riposo e perché il marchese proprio alla pubblica amministrazione lasciò tutti i suoi averi”.
Gli scenari
A impressione, l’ampliamento sembra più vicino a un sì che a un no.
Anche perché Palazzo Bianco sta valutando il discorso. Ovvero fornire un contributo annuale al Torriglia (si parla di circa 130mila euro) per sostenere le spese del mutuo. Sarà sufficiente? O il Torriglia rischia lo stesso d’imbarcarsi in un’avventura non a lieto fine? Sono elementi ‘delicati’, per dirla con Monteverde.
Un’operazione sbagliata, pur con l’appoggio del Comune, potrebbe compromettere la sopravvivenza stessa dell’ente, nato per tutelare gli anziani chiavaresi, non per eseguire operazioni immobiliari.
Un altro dubbio, infatti, sorge legittimo. Il piano urbanistico comunale parla apertamente di ‘ammissibilità formazione nuovo corpo edilizio
destinato a utenti non autosufficienti’. Ebbene, a quale target intende rivolgersi l’ampliamento? Perché il discorso è piuttosto chiaro: il debito con le banche non è certamente onorabile attraverso le tariffe ‘popolari’ proprie di un ente di mendicità (la filosofia con cui lo volle il marchese Torriglia). Al contrario, alzare le rette (considerato pure che si parla di persone a ridotta mobilità), consentirebbe di lievitare gli introiti, ma farebbe venir meno le finalità previste nello statuto. Un bel dilemma, insomma.
La sola certezza, per adesso, è che nessuno pronuncia le parole ‘trasferimento’, né tantomeno ‘fallimento’.
Ma tutti le temono.
Perché potrebbero aprire scenari molto meno nobili del mantenimento di una casa di riposo. Che ne sarà dei vecchietti chiavaresi se il Torriglia dovesse fallire sotto il peso di un mutuo insostenibile? E delle proprietà del marchese?
Insomma, in quel lembo di terra più bello di Chiavari la pace pare solo apparente.
Ma, in realtà, non esiste affatto.
LA NOTA DI GETTO VIARENGO SUL VALORE STORICO E SOCIALE DEL TORRIGLIA
La ricchezza e il vasto patrimonio immobiliare dei Torriglia derivano da una pagina importante della storia chiavarese che ci porta alla famiglia dei Vaccà.
Secondo il patrista Carlo Garibaldi, il casato dei Vaccà, che ebbero in David un Doge della Genova di fine Cinquecento, si estinse con il decesso del sacerdote Stefano Vaccà, le eredi femminili si unirono in matrimonio con i Rivarola, Costaguta e Torriglia.
La giovane Porzia, figlia di Pier Agostino, andò in matrimonio al Marchese Giovanni Torriglia, la cospicua dote prevedeva: l’altare di San Pietro presso la Parrocchia di San Giovanni Battista, la collina delle Grazie, la pineta e tutti i terreni sino al mare.
In quest’ultima area è edificata, siamo nel 1760, la villa di famiglia. Con la morte del Marchese Pietro nel 1908, ultimo discendente dei Torriglia, il patrimonio permise la costituzione del Ricovero di Mendicità Umberto I, dal 1952 intitolato a Pietro Torriglia.
Inoltre, fu destinato al patrimonio dell’Ipab (Istituto pubblico di assistenza e beneficenza) il Palazzo che si affaccia su Piazza Mazzini, già prestigiosa sede di uffici comunali.
Il lascito testamentario del Marchese Pietro fu risolutivo per un progetto già varato dalla Società Economica e dalla Società Operaia di Mutuo Soccorso: difatti, sin dal 1864, si prevedeva la realizzazione di un Ricovero di Mendicità, una specifica struttura per dare ausilio alle persone indigenti di Chiavari. Nonostante l’aiuto di diverse famiglie non si raggiunse l’obbiettivo, progetto ripreso più volte sino al 1895.
In tale occasione si costituisce un fondo di £ 2.000 e un Consiglio d’Amministrazione per avviare il servizio. Solo dopo la morte del Marchese Torriglia, sarà possibile attivare definitivamente quanto disposto: il 28 febbraio del 1909 si poteva aprire il Ricovero di Mendicità Umberto I, le suore Gianelline garantivano l’assistenza ai primi ricoverati.
Il Comune di Chiavari dispose £ 25.000 per il bilancio dell’istituto, seguirono i lasciti di diverse famiglie chiavaresi: i Castagnino con £ 20.000, Michelangelo Chiarella £ 60.000, Giovanni Battista Cuneo con £ 60.000.