di DANILO SANGUINETI
Una vicenda che sembra costruita per venire incontro alla linea editoriale di ‘Piazza Levante’. Una storia che più glocal non si potrebbe, con un percorso che parte da Genova e arriva nel nostro territorio per poi rimbalzare in un gioco fruttuoso di interscambi tra la Superba non più matrigna e un Levante non più ancillare.
Un genovese che viene nell’entroterra del Tigullio per imparare a fare l’ortolano, che fa i suoi esperimenti e poi torna nel capoluogo regionale per aprire un centro di “spaccio” di prodotti tipici della terra ligure. Un modo intelligente per controbattere al soverchiante peso economico, politico, financo culturale della Città della Lanterna: porgerle in maniera diretta, senza intermediari più o meno interessati, quanto offre il “Contado”. Più che l’oggetto è il modo di crearlo e coltivarlo che seduce i genovesi. Ai diffidenti si consiglia un giro in via Mogadiscio (presso fermata 12 della linea 480), quartiere di Molassana, Genova. Lì si trova la sede dell’azienda agricola I Tesori di Levante. Parole e musica di questa orchestra per il palato sono di Mattia Di Tullio, agronomo, genovese doc, 36 anni. Una mosca bianca perché nato in città, proveniente da famiglia con altri interessi. Insomma non è un “figlio della zolla” di breriana memoria.
“Infatti in molti quando mi sono lanciato in questa avventura, nell’aprile 2016, mi guardavano con un pizzico di diffidenza, soprattutto nel primo sito dove sono intervenuto, presso le sorgenti del Gromolo, nell’entroterra di Sestri Levante, sull’Alta Via dei Monti Liguri. Da una azienda agricola già esistente presi in affitto una fetta di terreno. Posto bello ma la morfologia del posto non era funzionale a quanto intendevo fare. A fronte della fatica che richiedeva, il risultato era scarso. Non mi diedi per vinto, mi suggerirono altri siti, appezzamenti in affitto sia a Fontanegli che nell’ovadese. Lì il nostro progetto prese forma e in breve tempo potemmo espanderci presso altre zone, per la precisione a Sant’Eusebio nella Val Bisagno, dove oggi c’è il punto vendita centrale dell’azienda”.
Di Tullio poté applicare tutto quanto aveva appreso: agronomo diplomato, professionista che opera nel settore agroalimentare e ambientale, con competenze tecniche e gestionali legate all’agricoltura, alla zootecnia e alla tutela del territorio. La sua specializzazione nell’orticoltura gli permette di sviluppare strategie per la valorizzazione delle risorse naturali e la sostenibilità ambientale e allo stesso tempo promuovere l’uso di nuove tecnologie. Si tenga presente che stiamo parlando di scienza del terzo millennio, l’agronomo oggi pratica agricoltura di precisione, non disdegnando l’uso di droni e sensori.
Così intesa è una professione dinamica che unisce conoscenza scientifica e praticità. Mattia è di questa schiatta. La sua professione di fede dice già tutto: “Ci dedichiamo a un’agricoltura che unisce tradizione e innovazione, rispettando la natura e promuovendo la biodiversità. Crediamo in una produzione etica, sostenibile e orientata alla qualità, che possa essere un punto di riferimento per la comunità e un esempio di rispetto per l’ambiente. I nostri valori si basano su quattro nodi concettuali. La “Sostenibilità Ambientale”: coltiviamo rispettando i cicli naturali e preservando la biodiversità. La “Valorizzazione del Territorio”: promuoviamo le tradizioni liguri, recuperando antichi ortaggi e varietà autoctone. “Innovazione e Collaborazione”: investiamo in ricerca e lavoriamo in rete con altre realtà agricole per crescere insieme. “Filiera Corta e Km Zero”: vogliamo avvicinare i consumatori ai sapori autentici della nostra terra”.
Alla base infatti c’è l’amore per la sua Liguria. “Sin dall’inizio, il nostro obiettivo è stato quello di valorizzare le tradizioni agricole locali, coltivando prodotti autentici e sostenibili. Ogni passo del nostro percorso è guidato dall’impegno per il territorio e dalla volontà di innovare, senza mai perdere il legame con le radici”.
Il ponte tra ieri e oggi è il progetto ORTIGE (ORTaggi GEnovesi). “Lo scopo è assicurare la selezione, conservazione, salvaguardia e caratterizzazione di cinque genotipi locali ortivi appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae e Solanaceae (Cavolo navone; Cavolo riccio genovese; Cavolo gaggetta; Melanzanina genovese; Pomodoro Porsemminna) e di due genotipi erbacei appartenenti alla famiglia delle Fabaceae (Fagiolino pelandronetto; Pisello di Lavagna).
Tali varietà locali tipiche coltivate principalmente in provincia di Genova necessitano di attività di caratterizzazione morfo-fenologica e genetica. La responsabilità delle aziende agricole coinvolte nel progetto, di cui “I Tesori di Levante” è capofila, è focalizzata sulla creazione e gestione dei campi-collezione, secondo i criteri agronomici e statistici che verranno suggeriti dal partner scientifico”.
E che partner! Nientemeno che una facoltà di eccellenza in un istituto didattico di super eccellenza. “Collaboriamo con la Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa. Ha il compito di sviluppare tutte le azioni specifiche per lo studio della caratterizzazione morfo-fenologica, genetica, agronomica, e nutraceutica dei genotipi locali oggetto del progetto ORTIGE, compreso la creazione e la gestione di una banca di germoplasma ex-situ a Pisa presso i Laboratori Biolabs”.
Ciascuna delle sei aziende agricole che partecipano al progetto è responsabile di un proprio campo collezione della dimensione di circa 100 metri quadrati, nel quale propagare e studiare 3-4 specie vegetali: due operano sugli appennini nella zona di Casella, tre operano sulle colline prospicienti il mare a Genova ed una è a Voltri in prossimità del mare.
Accantonato con rapidità fulminea il pensiero del seminatore vangoghiano che vaga con zappa e sarchiello per i campi, qui bisogna abituarsi a un agronomo in camice bianco, che nulla ha da invidiare ai tecnici dei laboratori più avanzati.
“Sì nella mia professione entra il computer ma non esce lo spezzarsi, o almeno incurvare la schiena per controllare de visu e con il tatto lo stato dei nostri esperimenti. Diciamo che c’è tanto da pensare ed altrettanto da…faticare”.
È questa capacità di agire su più livelli la forza di Di Tullio. Che non si ferma mai. “Siamo inseriti in “Liguria Genuina”, una reti di aziende produttrici e trasformatrici. Al cuore di questa rete si trova la Cooperativa Agricola Valli Genovesi, nata dall’esperienza della rete “Genova torna in villa”.
L’ultimo passo di una azienda che si è fatta veramente da sola (“Dallo Stato gli aiuti ci sono stati ma non è certo con essi che siamo andati avanti…”) è il ritorno a Levante. “L’ultima acquisizione è un terreno in Val Graveglia a Giastre. Abbiamo iniziato il recupero di un uliveto e la produzione di cipolle di Zerli e olio extravergine d’oliva”.
Dal sapere alla pratica: una sinergia vincente, la volontà di colmare il divario tra il sapere teorico e la pratica quotidiana nei campi. L’azienda agricola, concepita come laboratorio a cielo aperto, rappresenta un luogo in cui studenti, ricercatori e tecnici esperti lavorano fianco a fianco. E che vuole farsi conoscere, infatti è inserita nel circuito regionale delle fattorie didattiche.
Tutto bello, tutto perfetto, quindi? No perché siamo pur sempre in una nazione che negli ultimi tempi ha intrapreso una deriva sconcertante. “In Val Graveglia abbiamo cercato a lungo almeno un pastore che potesse collaborare con noi ad allevare pecore e capre e produrre formaggio, e “pulire” il terreno con il pascolo degli animali. Niente, non abbiamo trovato nessuno”. Ci si stupisce che Di Tullio si stupisca. Proporre alle generazioni nate nel mito del posto al caldo e al coperto, davanti a uno schermo e lontano dal “manuale”, qualcosa del genere sa quasi di offerta provocatoria. I “pastori erranti” neppure Leopardi riuscirebbe a trovarli. A meno che non ci si rivolga realmente all’Asia Minore, suprematisti “de noantri” permettendo.