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Giovedì, 25 maggio 2023 - Numero 271

Ambiguità e contraddizioni dei movimenti pacifisti

People attend a demonstration to demand peace in Ukraine, in Rome, Italy, 05 March 2022. ANSA/CLAUDIO PERI
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di ANTONIO GOZZI

Giustamente è stato detto che solo i pazzi non vogliono la pace nel cuore dell’Europa, ma di nuovo le vicende di questi giorni, e soprattutto la grande manifestazione di sabato scorso a Roma, ci fanno pensare.

Lo sventolio delle bandiere arcobaleno, anche in questo caso, ha coperto tante contraddizioni e ambiguità e ha visto sfilare posizioni diverse o addirittura in contrasto tra di loro.

Accanto a posizioni come quella del segretario del Pd Letta che, coerentemente alle posizioni assunte dal suo partito a sostegno del Governo Draghi, ha ribadito “lavoreremo in continuità con quello che si è fatto e in linea con le alleanze europee e internazionali (la Nato) di cui facciamo parte”, prendendosi degli insulti di guerrafondaio, sfilavano i Carc (Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo) con uno striscione recante la scritta ‘Cacciare la Nato dal Governo del Paese’.

E ancora molti movimenti pacifisti cattolici, dalla Comunità di Sant’Egidio alle Acli, che pur dichiarandosi non equidistanti tra Russia e Ucraina invitavano a un negoziato senza mai chiarirne i termini; ma su questo torneremo. E ancora l’Anpi di quel presidente Pagliarulo che ha sbandato non poco, soprattutto all’inizio della guerra, schierandosi contro gli aiuti militari all’Ucraina e dimenticando gli aiuti militari di inglesi e americani ai partigiani che combattevano il nazifascismo.

Infine, dietro uno striscione ‘Dalla Parte della Pace’ e sotto una bandiera di Berlinguer ha sfilato Giuseppe Conte, che dopo aver votato cinque volte in Parlamento a favore dell’invio di armi all’Ucraina ora dice che non se ne devono più mandare.

Un guazzabuglio, una grande confusione che mi ha ricordato i cortei, imponenti anche quelli, di quarant’anni fa contro i missili della Nato a Comiso.

Ricordo bene quei cortei colorati dalle bandiere arcobaleno, i girotondi intorno alla base di Comiso, uno schieramento di nuovo caratterizzato da culture cattoliche e comuniste che si intrecciavano e da tanti giovani convinti, generosi e in buona fede che sfilavano.

Allora dietro le manifestazioni oceaniche per la pace e contro i missili c’era il sostegno del Partito Comunista, di una parte del mondo cattolico, dalla maggioranza del sindacato, degli intellettuali e dei giornali di De Benedetti del gruppo Repubblica.

Peccato che quei tanti giovani e i loro tanti sponsor avessero torto, come ci ha insegnato la storia e anche la cronaca, e non solo perché come si scoprì molti anni più tardi molti di quei cortei furono sostenuti e finanziati dai servizi segreti Sovietici, ma soprattutto perché quelle folle erano incapaci di cogliere la sfida che l’Unione Sovietica aveva lanciato all’Europa Occidentale puntando sulle sue capitali, Berlino, Parigi, Londra, Roma i modernissimi SS-20 a testata nucleare. Il sostegno occulto a quelle folle del Kgb era l’estremo tentativo di dividere gli europei dagli americani, di spezzare l’alleanza atlantica.

Avevano avuto ragione invece in quel frangente così difficile i due premier, quello italiano Bettino Craxi e quello tedesco Helmut Schmidt, entrambi socialisti, che sfidando quei movimenti catto-comunisti vollero l’installazione di missili a corto raggio come i Cruise e i Pershing per arginare la minaccia dell’Unione Sovietica contro l’Europa.

Ugo Intini nel suo ultimo bellissimo libro (‘Testimoni di un secolo’, Baldini e Castoldi) ricorda che un ruolo determinante in quella situazione fu svolto da Craxi e dal Psi.

I tedeschi infatti dissero poi pubblicamente che senza l’Italia si sarebbero tirati indietro. E l’Italia era da sempre considerata il ventre molle dell’alleanza atlantica. Se Craxi e il Psi non avessero avuto coraggio e visione la storia probabilmente avrebbe preso un’altra piega.

Intini racconta che “…molti anni dopo la partita dei missili, a un ricevimento, per caso, il sottosegretario americano del tempo Brzezinsky, mangiando in piedi un piattino di riso, mi disse: È davvero curioso, ma avete avuto un ruolo decisivo nella conclusione della terza guerra mondiale (ovvero della guerra fredda). E mi espose con lucidità una catena di se”.

Quale è la catena dei se? Se il Partito Socialista Italiano, nonostante le divisioni interne, non si fosse schierato per il dispiegamento dei missili in Italia, l’Italia non avrebbe piazzato i missili. Se l’Italia non l’avesse fatto non l’avrebbe fatto l’Europa, e se l’Europa non l’avesse fatto Mosca avrebbe vinto la sua partita imperialistica.

Dopo quarant’anni, caduto l’impero sovietico ma non le velleità imperiali e espansionistiche della Russia, siamo di nuovo al punto. L’invasione dell’Ucraina, preceduta dall’annessione della Crimea nel 2014, dal sostegno delle bande filorusse nel Donbass, dall’azione in Georgia, dimostrano che la Russia continua a minacciare nazioni indipendenti ai suoi confini.

La richiesta di adesione alla Nato di Finlandia e Svezia, due nazioni tradizionalmente neutrali ma nelle quali la stragrande maggioranza delle popolazioni ha paura dei russi e delle loro intenzioni egemoniche, lo dimostra con chiarezza.

Voglio ritornare alla manifestazione di sabato e vorrei rivolgermi soprattutto a quella parte dell’opinione pubblica cattolica e alle sue organizzazioni che hanno partecipato alla manifestazione.

Vorrei soffermarmi sulla richiesta, pressante, che si faccia di più perché tra le parti sia avviato un negoziato teso almeno ad arrivare ad un cessate il fuoco e si sollecita la diplomazia internazionale perché si adoperi in tal senso senza sosta.

L’obiettivo è di arrivare ad una pace giusta.

Ad esempio Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, nel suo intervento alla manifestazione ha citato Papa Francesco e in particolare il suo appello al presidente della Federazione russa perché faccia uscire il suo popolo dalla spirale della guerra, e al presidente dell’Ucraina perché sia aperto a serie proposte di pace.

A me sembra che proprio qui stia il punto e che qui stiano le ambiguità e talvolta le contraddizioni del movimento pacifista.

Cosa si intende per pace giusta? Quella che comporta la resa degli ucraini?

Cosa si intende per serie proposte di pace?

Bisognerebbe avere il coraggio di dirlo e non semplicemente fare generici appelli.

Finora è l’invasore che non ne vuole sapere di negoziati di pace, che intensifica di giorno in giorno la sua guerra per stremare l’Ucraina, farla arrendere e insediare a Kiev un governo fantoccio, che era l’obiettivo fin dal primo momento dell’invasione.

Ma comunque su cosa andrebbe fatto il negoziato, ammesso e non concesso che l’invasore abbia intenzione di accettarlo?

Quale è la pace giusta per un Paese aggredito nei suoi confini territoriali, quotidianamente bombardato dai russi nelle sue città e nelle sue popolazioni civili, che ha visto massacri provati da parte degli invasori sulla popolazione ucraina, che pure resiste eroicamente grazie agli aiuti anche militari dell’Occidente?

La resistenza eroica del popolo ucraino per la sua libertà e contro l’invasione russa non può essere fatta a mani nude.

Senza gli aiuti militari dell’Occidente l’Ucraina non esisterebbe già più come Paese libero. E allora?

Il negoziato deve essere cedere pezzi di Paese all’invasore? Oltre il Donbass e la Crimea anche Mariupol, Kherson e tutto il sud che guarda il Mar Nero, magari fino ad Odessa privando l’Ucraina del suo acceso al mare e quindi strangolandola?

Oppure il negoziato deve partire dal punto che i russi si devono immediatamente ritirare dall’Ucraina, rispettando un Paese libero e i suoi confini territoriali?

Perché i pacifisti non chiedono ai russi di ritirarsi qui ed ora?

Chi ha il diritto di dire agli ucraini che negoziato vogliono fare e che pace vogliono avere?

Rispetto a questi temi il movimento pacifista è muto come un pesce e se non dà risposte a queste domande si presta a clamorose strumentalizzazioni interne ed esterne.

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