di ANTONIO GOZZI
Nell’ultima settimana sono avvenuti due fatti molto importanti per la comunità del Tigullio e per l’affermazione della sua identità.
Andiamo in ordine cronologico.
Il primo fatto riguarda una straordinaria manifestazione di unità di intenti e di visione dei Comuni del Tigullio.
Il 7 aprile si è tenuta, tra i Sindaci del Levante e il Sindaco metropolitano Bucci, una riunione per discutere sui criteri e sulle modalità di affidamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani nel nostro territorio. La riunione fa seguito alle polemiche suscitate dalla dichiarata volontà della Città Metropolitana e del suo Sindaco Bucci di affidare tale servizio, anche per i comuni del Tigullio, all’Amiu, la municipalizzata della città di Genova, senza ricorrere a una gara, cioè, come si dice oggi, in house. Ciò gli è consentito da una legge regionale che dà questo potere, a dire il vero particolarmente grande, alla Città Metropolitana.
Perché le polemiche?
Perché i comuni del Tigullio, che rappresentano i cittadini e le categorie economiche di quest’area della Liguria, non vedono quale utilità vi sia ad affidarsi al carrozzone dell’Amiu senza nessun confronto possibile con altri fornitori del servizio, ed in particolare con quelli che oggi lo stanno svolgendo con efficienza e qualità. Con riferimento alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti urbani, i nostri comuni hanno raggiunto, attraverso l’affidamento al mercato e ad imprese in competizione tra di loro, un eccellente livello nel rapporto costo/qualità del servizio, ed hanno raggiunto una soglia molto alta di raccolta differenziata, tra il 65 e il 75% a seconda dei comuni, quando la città di Genova non supera il 35%; e quindi non capiscono perché si debba cambiare e soprattutto perché lo si debba fare con una procedura che non consente il confronto competitivo tra Amiu e le altre imprese.
La riunione del 7 aprile ha confermato, al di là delle stesse aspettative, l’unanimità di tutti i Comuni del Tigullio su questa posizione, che costituirà un punto di riferimento politico amministrativo difficile da forzare.
La vicenda è molto significativa e importante perché sottolinea la più volte richiamata insensatezza dell’inserimento del Tigullio nell’area metropolitana genovese, che ha altre caratteristiche socio-economiche e altre necessità rispetto al Levante dell’antica provincia. È evidente a tutti che Genova, alle prese con i suoi gravi problemi di declino e di crisi delle attività economiche e della situazione sociale, non ha né tempo né voglia di pensare alla Riviera se non in termini strumentali ed egoistici.
Cosa ha fatto da quando è nata l’area metropolitana genovese per il Tigullio? Si ricorda un’iniziativa o un progetto nato nell’Ente area metropolitana che in qualche modo abbia avuto al centro gli interessi del Tigullio e della sua gente? In questi anni un qualche servizio metropolitano importante è mai stato decentrato nel Tigullio? Nulla di tutto ciò, a conferma del fatto che il Tigullio e il suo entroterra dovranno difendere da soli le loro esigenze, le loro attività e la loro identità, perché purtroppo non riceveranno dai genovesi nessun appoggio.
Infrastrutture, sanità, trasporti, servizi amministrativi sono tutte note dolenti di questo rapporto, che non si risolvono con i piagnistei ma con l’azione politica: deve tornare la politica, quella con la P maiuscola, una politica non di schieramenti ma di contenuti, sui quali, come si è visto nella storia della ‘rumenta’, le varie forze e posizioni possono convergere nell’interesse del Tigullio.
Il solo meccanismo amministrativo è perverso: nell’assemblea dell’Area Metropolitana il Comune di Genova ha la maggioranza assoluta, tanto che per legge il suo Sindaco è anche il Sindaco dell’area metropolitana. Ciò pone però gravi problemi politici e anche giuridico-costituzionali: una situazione del genere prevede infatti uno strapotere della città sul resto della ex provincia, non basato su un meccanismo di elezione democratica e diretta (nessun cittadino del Tigullio ha mai votato Bucci, che però sul Tigullio ha diritto di imperio, né potrà punirlo togliendogli il voto se scontento del suo operato). In una situazione del genere occorre confidare su una notevole sensibilità ed equilibrio da parte di chi esercita questo potere così grande affinché esso non sconfini nell’eccesso di potere o addirittura nell’arbitrio.
Con riferimento alla vicenda specifica del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti finora il Sindaco Bucci non sembra aver dimostrato né sensibilità né equilibrio. Bucci è certamente un uomo intelligente e di valore, ha dalla sua esperienze aziendali e manageriali di rilievo anche internazionali; non è quindi un politico professionista ma un uomo di impresa prestato pro tempore alla politica e all’amministrazione pubblica.
Bucci conosce quindi perfettamente il valore del mercato come strumento efficiente di allocazione dei fattori e come strumento per la selezione delle imprese meritevoli e di quelle che lo sono meno. Sa che il mercato e il confronto con il mercato sono la miglior tutela dei consumatori, e in questo caso i cittadini del Tigullio sono i consumatori del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani che viene fatto loro pagare secondo i costi sostenuti per svolgerlo.
Vorrei porgergli sommessamente una domanda: qual è la ragione per cui in questo caso, utilizzando una facoltà che la legge certamente gli concede, anziché ricorrere ai principi sopraesposti, impone ai comuni del Tigullio la scelta obbligata di un’impresa che certamente non è tra le più efficienti?
A me sembra che non convenga neanche a Genova e all’Amiu. Infatti il confronto di mercato farebbe bene anche ad Amiu, inducendola a migliorarsi e a scaricare sempre meno le sue inefficienze sulle tasche dei cittadini genovesi.
Non si rende conto inoltre il Sindaco Bucci del rischio grave di conflitto di interessi imputabile ai due cappelli che porta, quale Sindaco di Genova e quale Sindaco dell’area metropolitana, quando gli interessi che gli stanno più a cuore sono certamente quelli di Genova dove viene votato, piuttosto che quelli della gente del Tigullio che oggi teme di dover pagare di più per un servizio peggiore al solo fine del miglioramento del bilancio dell’Amiu, e quindi delle tariffe che questa praticherà ai cittadini genovesi grazie ai nuovi 150.000 clienti del Tigullio e al loro sforzo supplementare?
Vedremo cosa succederà nelle prossime settimane, ma il segnale dato da tutti i Comuni del Tigullio è certamente forte e chiaro ed è di buon auspicio per la costruzione di un’unità di intenti e di visione anche su altri temi caldi e vitali, primo fra tutti quello della sanità.
Veniamo al secondo fatto importante della settimana.
Sabato scorso Monsignor Tanasini, da molti anni vescovo della Diocesi di Chiavari e del Tigullio, ha annunciato che il 24 di maggio si insedierà il nuovo vescovo, Monsignor Giampio Luigi Devasini, nominato di recente dal Papa.
Dando l’annuncio Monsignor Tanasini ha ringraziato il Santo Padre per aver voluto ‘ancora una volta’ nominare un vescovo per la diocesi chiavarese, lasciando intendere che tale nomina non è stata affatto automatica e che il rischio dell’accorpamento della Diocesi di Chiavari e del Tigullio ad un’altra (Genova? La Spezia?) è stato, e forse è ancora, un rischio reale.
Ho avuto modo di incontrarmi in questi anni moltissime volte con Monsignor Tanasini, uomo di grande sensibilità sociale e culturale oltre che pastorale. Ho cercato di collaborare con lui su diversi progetti, primo fra tutti il salvataggio del Liceo Sportivo, che oggi prospera positivamente soprattutto grazie alla volontà e alla tenacia del vescovo oltre che alla bravura della sua dirigente e dei suoi insegnanti.
Grazie alla rispettosa amicizia che si è sviluppata tra noi in questi anni, da laico mi sono permesso di dirgli che il vescovo e la sua curia, dopo la chiusura del Tribunale e di altri servizi strategici, rappresentavano l’ultimo baluardo di una città e di un comprensorio che rifiutano di diventare un’anonima periferia genovese. Con il tratto gentile che lo ha sempre contraddistinto il vescovo mi sorrideva senza parlare, ma ho creduto di capire che la pensava come me. Mi permetto di salutarlo con affetto e riconoscenza anche per questo.