di ALBERTO BRUZZONE
“La legge Bersani può essere affiancata da altre leggi che vadano in determinate direzioni. È possibile farlo, ma ovviamente ci deve essere la volontà da parte della politica, altrimenti continueremo a parlare sempre delle stesse cose, a farci del nervoso e a non vedere mai dei risultati”.
Umberto Solferino, storico negoziante genovese, professione ‘alimentarista’, nonché presidente della Consulta dei Civ aderenti ad Ascom Confcommercio, interviene in merito al dibattito sui negozi di vicinato e sulle prospettive del commercio al dettaglio che ‘Piazza Levante’ ha fatto partire con un intervento del nostro editore, Antonio Gozzi, poi seguito dagli articoli e dalle interviste di Giorgio Viarengo, Manuela Carena, Pietro Lucchetti e Guido Porrati.
Secondo Gozzi, “se non c’è più il Piano del Commercio con la sua regolamentazione, se tutti possono vendere tutto, è chiaro che la ricerca e la disponibilità dei fondi si trasforma in un’asta al rialzo dove, inevitabilmente, vincono sempre i più forti (le catene) e perdono i più deboli (i commercianti tradizionali) con un trasferimento di valore e di ricchezza da questi ultimi alla proprietà e alla rendita immobiliare. Paradossi delle liberalizzazioni”.
Solferino spiega: “È esattamente quello che sta succedendo. La legge del più forte. Guardate qualsiasi nuovo quartiere o complesso che viene inaugurato. Guardate il panorama commerciale, che tipi di negozi ci sono: troverete quasi sempre le catene, perché appunto vige la legge del più forte. La legge Bersani ha distrutto i piani del commercio e ora da quelle macerie bisogna ricostruire”.
Secondo il commerciante, “sono questioni che rimuginiamo da anni, l’articolo del professor Gozzi è perfetto nel raccontare che cosa è avvenuto e nel tracciare l’analisi. Ma adesso quali sono i rimedi? È vero che i commercianti devono sapersi adattare e modernizzare, ma il problema non può essere solo ed esclusivamente nostro, non siamo così forti né così autorevoli per uscire da questa profonda crisi senza delle vere riforme”.
Le riforme, per l’appunto: “La Bersani non si cancella, ma alla fine è una legge come tante altre. Si possono tranquillamente fare altre leggi che indichino strade e percorsi differenti”. Su che livello? “A cominciare da quelle comunali: possibile che i comuni non si mettano in ascolto dei commercianti? È quello che sta succedendo un po’ dappertutto. I patti d’area? Possono essere un primo modo per affrontare la questione: significa avere le idee chiare e programmare. Significa puntare su certe categorie merceologiche ed escluderne altre, significa dare regole e paletti alla grande distribuzione, significa decoro delle città e del loro arredo urbano, significa piazze aperte. Significa, in una parola, non far sempre prevalere la legge del più forte ma, al contrario, rendersi conto che sono proprio quei deboli, ovvero i commercianti al dettaglio, a tener vivo un quartiere. Bisogna ripartire dalla bottega: la bottega è la salvezza del tessuto sociale, del tessuto urbano e della piccola economia. Dobbiamo farci sentire di più e meglio alle amministrazioni. Non siamo solamente un mugugno e davvero se spariremo noi, si sarà persa una enorme ricchezza, e non solo in termini economici”.