(r.p.l.) Depuratore di Chiavari, la storia infinita. Il progetto del nuovo impianto tiene banco in città da più di tre anni ed è il classico argomento che a scuola definirebbero interdisciplinare: perché riguarda l’ambiente, la giurisprudenza (le normative europee in particolare), il paesaggio, l’edilizia, l’ecosostenibilità e, non da ultimo, la politica.
Un intrico assai complesso, che l’attuale maggioranza si trova sul tavolo e che dovrà – qualsiasi sarà la soluzione – essere sbrogliato in tempi brevi, pena l’arrivo di sanzioni che andranno a ricadere sulle bollette di tutti i cittadini e sul bilancio di Palazzo Bianco.
La clessidra è quasi vuota, le idee in campo sono tante, la battaglia legale impostata, quella d’opinione ancor di più. Ma la soluzione al dilemma pare lontanissima.
La richiesta di rinvio al Tar
Lido o non Lido? Le ultime puntate sono di qualche giorno fa. Il Comune di Chiavari, che si era inserito nei mesi scorsi nella veste di ricorrente al Tar, affiancando quel gruppo di cittadini che risiedono nei palazzi di fronte a dove dovrebbe sorgere l’impianto, ha proposto ai giudici un rinvio dell’udienza.
Era stata fissata per il 27 giugno, ma si è chiesto tempo sino a settembre per approfondire la documentazione e, nel frattempo, consentire a Città Metropolitana (che ha la competenza, attraverso l’Ato – Ambito Territoriale Ottimale, in materia di depurazione delle acque) e Ireti (società del gruppo Iren, che dovrebbe costruire l’impianto) di compiere sopralluoghi presso la zona interessata. L’intento è di dimostrare, all’atto pratico dei carotaggi e di altri test, oltre che per ragioni urbanistiche, ambientali e storico-culturali contenute nella relazione tecnica redatta dagli uffici comunali, che quella porzione di città alla foce dell’Entella non è assolutamente adatta a un insediamento tanto imponente.
La strada è in salita, per l’amministrazione Di Capua. Oltre alle pastoie burocratiche, oltre ai ricorsi e allo spettro delle sanzioni, c’è a pesare come un macigno la delibera dell’Ato datata 24 febbraio 2017: quando tutti i sindaci votarono all’unanimità la realizzazione di due impianti di vallata per il Tigullio, uno a servizio di Sestri Levante e della Val Petronio (in zona Ramaia, dove la progettazione è già molto più avanti, nonostante anche qui vi sia stato un ricorso da parte degli abitanti) e l’altro a servizio di Chiavari e del bacino dell’Entella.
Dove? Nella zona del Lido, collocazione nata durante l’amministrazione Levaggi per preservare altre aree più strategiche (la Colmata).
Lo scontro
E’ qui che il discorso diventa politico. Perché Avanti Chiavari punta su questo aspetto per giocare nel 2017 la sua campagna elettorale. No al depuratore al Lido, con tanto di raccolta firme (oltre duemila), manifesti, slogan e disegni di progetti non troppo corretti ma di sicura presa, che mostrano muraglioni di svariati metri di altezza e un camino che sputa fumo giallo. Sono esagerazioni, ma in tempi di bufale e di post-verità tutto fa brodo.
La puntata però è altissima: annullare una delibera dell’Ato e ridiscutere la collocazione dell’impianto, senza avere un’alternativa realmente praticabile (la piana di Seriallo già proposta dal sindaco di Leivi Centanaro è in zona rossa, così come il porto di Lavagna, e la questione è complessa anche per quell’area industriale di Carasco individuata dal consigliere comunale chiavarese Giovanni Giardini).
Eppure quella del no al depuratore al Lido è la promessa delle promesse. Il primo e più importante impegno che l’amministrazione Di Capua si prende con i suoi elettori. Ed è anche, dall’altra parte, il fattore di maggior rottura, all’interno della coalizione che sostiene l’ex sindaco Roberto Levaggi: perché mentre le liste civiche dell’ex sindaco e di Sandro Garibaldi, insieme a Forza Italia, sono orientate (seppur non tutte convintamente) sul Lido, la Lega spariglia le carte ed esce con cartelloni per dire no. Una contraddizione che non passa inosservata, che gli avversari notano e usano e che – anche questa – inciderà sull’esito negativo della campagna elettorale di Levaggi.
Un po’ di storia
Ma come si arriva alla scelta del Lido? Qui occorre fare dei passi indietro. Siamo agli inizi dell’amministrazione dell’ex sindaco ed ex assessore regionale quando si apre, in tutta Italia (e in Liguria in particolare) il tema della depurazione delle acque.
Le normative europee sono stringenti e impongono impianti di nuova generazione. Recco e Santa Margherita si adeguano, Rapallo apre l’iter (anche qui con parecchie tortuosità), poi il discorso si sposta al Tigullio Orientale.
E’ il 29 settembre del 2015 quando in Ato, con 23 voti favorevoli su 51, passa il progetto di un mega-impianto comprensoriale da installare nell’area di Colmata a Chiavari, a servizio di Sestri Levante e val Petronio, Lavagna, Chiavari e valle dell’Entella, per un totale di 210mila abitanti. Per portare le acque reflue da Sestri e Val Petronio alla Colmata si prevede la realizzazione di un collettore di circa dieci chilometri, sottomarino.
Levaggi non ci sta. Oltre a pregiudicare l’unica area di sviluppo strategico per la città, il progetto sarebbe fortemente impattante: “Sono previste cinque stazioni di sollevamento nel condotto, e se si rompe? Possiamo immaginare il disastro? E poi quell’opera fa salire il costo del depuratore di almeno dieci milioni”.
A tutti gli effetti, si tratta di un progetto completamente azzardato: chilometri di tubi sotto il mare più bello del levante genovese, con tutti i rischi che ciò potrebbe comportare: eventuali rotture, ma anche e soprattutto danni d’immagine e al turismo. Chi andrebbe più a fare il bagno sopra i canali di un depuratore?
Così Palazzo Bianco fa ricorso al Tar. E, nel contempo, si apre tutta una partita politica che vede nell’ex sindaco di Chiavari il protagonista. L’intento è quello di convincere Iren e Città Metropolitana a rivedere la decisione.
Un po’ lo stesso schema di oggi.
Ma nel caso di Levaggi funziona perché ci sono aree alternative: Ramaia per Sestri Levante e il Lido per Chiavari. La decisione non viene presa a cuor leggero, ma la contropartita è succosa.
Levaggi la scrive nel suo programma elettorale: “Le condizioni poste sono state quelle che l’impianto sia totalmente interrato e a impatto zero; l’acqua della depurazione venga riutilizzata per fini portuali, irrigazione e altro; venga riqualificata una zona ad oggi degradata, anche con la realizzazione di due piscine, una olimpionica da cinquanta metri e un’altra da venticinque metri”.
E’ l’ultimo verdetto dell’Ato: 24 febbraio 2017, con cui si annulla la delibera del 2015. Levaggi ‘salva’ la Colmata ma deve sacrificare il Lido, con l’impegno però a riqualificare la zona, inclusa la tanto rimpianta piscina.
La campagna elettorale a questo punto è già nel vivo. Il ‘no’ di Avanti Chiavari fa maggiore presa e si torna punto e accapo. Altro ricorso al Tar, altra vertenza aperta in Città Metropolitana (dove, nel frattempo, ha fatto ingresso il presidente del Consiglio Comunale Antonio Segalerba, eletto con i voti di una lista autonoma cittadina e con l’appoggio della Lega).
I fatti recenti
Ancora trattative: Di Capua e Segalerba da una parte, Bucci e Toti dall’altra. Ci s’impegna a trovare nuove aree, ma il tempo passa e le multe si avvicinano.
Si continua a ripetere che Chiavari ha un depuratore funzionante. Quello in zona Preli. E’ vero. Ma serve solo la città e poco altro, ha una ‘vita’ ridotta (sino al 2022), ammodernarlo costerebbe oltre dieci milioni di euro e per di più potrebbe essere soggetto alla franosità della collina delle Grazie, come evidenzia uno studio compiuto dal geologo Franco Elter.
Si torna a guardare a Lavagna (ma il porto è zona rossa, e potrebbe diventare gialla solo autorizzando la costruzione della Diga Perfigli, un’altra questione enorme legata al territorio), al Seriallo e a Carasco. Mentre Palazzo Bianco comunica, che “il presidente Toti, pur evidenziando la necessità di realizzare il depuratore in tempi brevi, ha accettato la richiesta di eseguire uno studio di siti alternativi a quelli chiavaresi. Analogamente anche il sindaco metropolitano Bucci si è reso disponibile al dialogo sulla diversa collocazione del depuratore, assumendo l’impegno di indagare su altre aree”: è il gennaio 2018.
Sono passati cinque mesi e non se n’è saputo più nulla. Esisteranno davvero queste aree alternative? E i sindaci dei comuni limitrofi ne sono stati informati? Sono stati resi parti attive? Perché qualche malumore dai primi cittadini dell’entroterra verso Di Capua è già serpeggiato.
L’accesso all’area del Lido, prima negato poi concesso
E’ molto più che un malumore e disappunto, invece, quello di Iren. Lo scorso ottobre, i tecnici di Ireti si sono visti negare l’accesso all’area del Lido dal sindaco di Chiavari.
Di Capua ha mostrato i muscoli: “Se qualcuno si avvicinerà per eseguire sondaggi o misurazioni senza autorizzazione, verrà denunciato alla procura della Repubblica. Impediremo in ogni modo la realizzazione del depuratore al Lido. Voglio riaprire un tavolo di discussione per verificare se sia possibile rimodernare e coprire l’impianto di Preli o trovare altre soluzioni che non siano quella del Lido. Chiavari non è un Comune sanzionabile perché ha un impianto di depurazione a norma di legge”.
Oggi l’atteggiamento è meno duro e più collaborativo. L’amministrazione lo spiega così: “I tecnici potranno accedere per eseguire i rilievi e gli accertamenti richiesti, tenendo conto della situazione delle concessioni e della situazione di possesso, valutando con attenzione i vincoli posti da tutti gli strumenti urbanistici. Nel caso in cui venisse eseguito il sopralluogo, concordato con i diversi concessionari, chiederemo di essere informati perché il Comune possa partecipare con un proprio tecnico e verificare le operazioni”.
Ma come? Prima si minacciano denunce alla Procura, poi si chiede di essere informati e di far accedere un tecnico del Comune? E’ un’inversione totale di prospettiva.
Anche i numeri non quadrano, tra ieri e oggi.
Di Capua il 16 ottobre: “Oltre 3500 firme raccolte in città contro la realizzazione dell’impianto al Lido”.
Di Capua il 28 maggio: “Abbiamo raccolto le firme di 2500 persone contrarie”.
Insomma, quante sono queste firme? E perché questo cambio di atteggiamento? Si vuole dimostrare, attraverso la visita, che le motivazioni del no al Lido sono suffragate.
Il documento di Palazzo Bianco
Queste ragioni sono contenute nella relazione tecnica preparata da Luca Mario Bonardi, dirigente all’urbanistica di Palazzo Bianco: 1) la programmazione del depuratore al Lido non è in linea con gli indirizzi urbanistici dell’area; 2) l’ipotesi di Ireti non prevede una progettazione organica come previsto dal Piano territoriale di coordinamento paesistico; 3) la spiaggia ricade tra quelle da preservare in funzione dell’habitat di vegetazione dunale; 4) l’area ricade in fascia A e B del Piano di Bacino; 5) la struttura del Lido è sottoposta a vincolo monumentale; 6) l’area rientra nella fascia costiera dei trecento metri dalla linea di battigia ed è sottoposta a vincolo ambientale.
Il rischio penale
In realtà, oltre a questo, ci sono anche motivazioni più dirette. E di natura ben diversa. Impedire a Ireti l’accesso al Lido configurerebbe per il sindaco di Chiavari un reato penale, del quale potrebbe essere chiamato a rispondere in solido. Un conto è cercare di mantenere un impegno elettorale, un altro è passare dei guai dal punto di vista giudiziario e magari dover pagare una sanzione di tasca propria.
Di qui i più miti consigli.
E mentre si attendono ancora novità sui siti alternativi, due sono le certezze: la richiesta di rinvio dell’udienza al Tar e il via libera a Ireti. Il fronte anti-Lido inizia a scricchiolare? O è solo una precisa strategia? Lo diranno i prossimi mesi.
L’opposizione annuncia battaglia
Intanto, l’ex sindaco Levaggi e il gruppo Noi di Chiavari registrano le loro perplessità: “Scongiurare il maxi-depuratore comprensoriale e sostituirlo con due impianti di vallata preservando l’area di Colmata fu ai suoi tempi una grande conquista, la cui portata verrà capita completamente solo nei prossimi mesi. La soluzione Lido è sempre stata subordinata alla riqualificazione della zona. In tutta Europa esistono impianti completamente interrati. Purtroppo a Chiavari ha vinto la malinformazione di chi mostrava camini con fumo giallo e muraglioni alti dieci metri. Adesso devono uscirne e spiegare ai loro elettori come”.
Altro elemento, i ritardi: “Di Capua ha sprecato otto mesi, da ottobre a maggio, per giocare a fare lo sceriffo. Ora che ha capito i rischi che un simile atteggiamento comporta, fa marcia indietro. Però la città ha perso tempo, il progetto non è partito e il conto lo pagheranno tutti i cittadini”.
Per questo, Noi di Chiavari annuncia battaglia: “Se arriveranno sanzioni per aver infranto le norme sulla depurazione, faremo ricorso alla Corte dei Conti. Oltre a pagare in bolletta tutti i cittadini dell’area Ato, anche il bilancio di Palazzo Bianco sarebbe colpito. E non lo possiamo accettare”.
Per scongiurare il Lido, si riapre anche la partita della Colmata, nella sua parte più a Levante (quella sterrata). E’ la posizione del Partito Democratico con il consigliere di minoranza Pasquale Cama. Insomma, se non è zuppa, è pan bagnato. Pare proprio che la ‘servitù’, in assenza di alternative e collaborazione dai sindaci dell’entroterra, toccherà a Chiavari.
Ma pure di fronte alla Colmata ci sono palazzi, e abitanti già sul piede di guerra. Non solo, l’impianto sarebbe, in linea d’aria, ancora più vicino alle case.
Anche qui non se ne uscirebbe. Servirebbe la mano degli dei, come nelle tragedie greche.
Ma qui, più che teatro, siamo nella prosa schietta.
La storia infinita.