di ALBERTO BRUZZONE
La chiusura al sabato di alcuni uffici comunali è l’ultimo terreno di scontro tra maggioranza e opposizione a Chiavari. Sabato scorso, al previsto orario di apertura, gli sportelli di anagrafe e di tributi di Palazzo Bianco non erano operativi.
Accanto alla saracinesca dell’entrata, i cittadini hanno trovato affisso il nuovo orario, e solamente in questo frangente hanno potuto apprendere della novità. Molte persone sono andate via, alcune hanno polemizzato, altre hanno mostrato le loro ricevute per il ritiro dell’atto, che indicavano ancora la possibilità di poter accedere in orario sabatale.
Disservizio o mancanza di comunicazione? Tra i primi a insorgere, ecco i consiglieri di minoranza di Noi di Chiavari che, nella stessa mattina di sabato, hanno prodotto un comunicato piuttosto duro: “Che cosa significa uffici chiusi al sabato? Il Comune ha rifatto gli orari degli uffici senza informare la cittadinanza? Che cosa ha da dire in merito il sindaco Di Capua?”, si domandano Roberto Levaggi, Daniela Colombo e Silvia Garibaldi. Che aggiungono: “Quando è stata presa questa iniziativa e che effetto avrà? Durerà per sempre? Facciamo le domande visto che nessun decreto in merito ci risulta sia stato pubblicato sull’Albo Pretorio. Noi avevamo avvertito qualche avvisaglia, ma nulla di più. Sul sito del Comune, sulla pagina Facebook ufficiale non c’è niente di niente. Così come non sono stati emessi comunicati. È questo il modo giusto di agire? Questo il rispetto che si ha per la cittadinanza e per i lavoratori? Siamo basiti”.
L’opposizione ricorda come “Chiavari è sempre stata una città di servizi. Ora chiudono al sabato pure quelli essenziali, anagrafe e tributi. Ci sono decine di persone che devono ritirare degli atti e hanno in mano ricevute con scritto che gli uffici sono aperti al sabato! E come la mettiamo con tutti i pendolari e le persone che non possono andare in Comune dal lunedì al venerdì? Questo è un disagio enorme”.
Ma, a conti fatti e a incidente ormai avvenuto, come nasce questo nuovo orario? Da che cosa è stato motivato? La posizione ufficiale, che non è politica ma tecnica e giuridica, la spiega la Rappresentanza Sindacale Unitaria di Palazzo Bianco. “Ci siamo semplicemente adeguati all’ultimo accordo nazionale, come fanno moltissime amministrazioni comunali. Abbiamo presentato questa richiesta al sindaco e lui l’ha accolta”.
L’accordo nazionale in vigore citato dai sindacalisti è il ‘Contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto funzioni locali – Triennio 2016-2018’. È stato siglato dall’Aran, ovvero l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, e le varie organizzazioni sindacali. L’ultima intesa è datata 21 maggio 2018.
Al netto delle polemiche politiche, è giusto citare per intero l’articolo 22, ovvero quello che parla di orario di lavoro: ‘L’orario di lavoro è articolato su cinque giorni, fatte salve le esigenze dei servizi da erogarsi con carattere di continuità, che richiedono orari continuativi o prestazioni per tutti i giorni della settimana o che presentino particolari esigenze di collegamento con le strutture di altri uffici pubblici’.
Secondo la Rsu di Palazzo Bianco, “anagrafe e tributi non richiedono orari continuativi, come ad esempio lo stato civile, dove si denunciano nascite e morti. Quindi abbiamo semplicemente chiesto che, a proposito di alcuni comparti, venissero rispettate le regole. Per lavorare al sabato, occorrerebbe un orario straordinario. Ma questo non è previsto dall’accordo né rappresenterebbe un costo sostenibile. I casi di emergenza sono contemplati, ma lo straordinario che diventa alla lunga ordinario no”.
Detto fatto, ecco il nuovo orario: servizi demografici aperti al pubblico a Chiavari dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 12,30 e il lunedì e mercoledì dalle 14,30 alle 16,30.
Il sindaco Marco Di Capua, finito nel mirino dell’opposizione, parla di “polemiche pretestuose”. E precisa: “Ho accettato una richiesta dei sindacati sulla base di un contratto collettivo nazionale. Non mi sono inventato nulla. Anzi, restando dentro le maglie del contratto, io ritengo che l’orario sia anche migliore rispetto al passato. Alla mattina, gli uffici aprono prima: alle 8,30 invece che alle 9. Chiudono dopo: alle 12,30 invece che alle 12. In più, ci sono due rientri pomeridiani. In totale, l’apertura al pubblico copre 24 ore alla settimana, al posto delle 20 del vecchio orario. Ci sono i sabati in meno, ma è tutto più spalmato sui cinque giorni. Altri comuni simili a Chiavari restano aperti 19 ore”.
Di Capua aggiunge anche: “Stiamo parlando di anagrafe e tributi. Gli altri uffici, la polizia municipale, l’ufficio informazioni, quello per il ritiro dei sacchetti della raccolta differenziata lavorano regolarmente. Non voglio che passi il concetto che al sabato in Comune non c’è nessuno”.
Quanto ad anagrafe e tributi, “ho detto chiaramente ai sindacati che si tratta di un esperimento a tempo, sino a giugno. Poi vedremo come comportarci in vista dell’estate. Se mantenere questo orario o fare delle modifiche che rimettano in gioco nuovamente il sabato”. Anche perché il contratto è collettivo, è nazionale ma, all’atto pratico, lascia una certa libertà alle singole amministrazioni, tramite lo strumento delle turnazioni.
Facendo un viaggio tra quelle del Levante, si scopre che Chiavari si è uniformata a Lavagna, Rapallo e Recco, che anch’esse hanno determinati uffici chiusi al sabato. Sono operativi invece quelli di Sestri Levante (nel periodo estivo), quelli di Santa Margherita e quelli di Santo Stefano d’Aveto. A Genova, nel capoluogo, l’anagrafe è chiusa al sabato nelle varie municipalità, ma resta operativa dalle 8 alle 12 presso la sede centrale di corso Torino, unicamente per il rilascio della carta d’identità. Per le altre pratiche, occorre accedere dal lunedì al venerdì.
In tempi di apertura 24 h 7/7, sentir parlare di cinque giorni lavorativi è un antico retaggio che ci si può ancora permettere? Sarebbe questo il vero tema.
Di Capua conclude: “Noi stiamo avviando un percorso di informatizzazione dei servizi. Proprio per venire sempre più incontro al cittadino”. E sulla mancata comunicazione della chiusura motiva così: “Io ho dato mandato d’inserire un avviso sul sito del Comune. La mia parte l’ho fatta. Non so cosa sia successo dopo e non era più mio compito”.