di MATTEO MUZIO
In Europa non c’è niente di più visibile di uno scrittore. Questi, una volta raggiunto il successo letterario, in genere diventa un intellettuale pubblico e si esprime su tutte le questioni di attualità, non sempre con l’acume che richiederebbe. Anzi, a volte diventa un personaggio televisivo che parla su tutto, litigando con chiunque, senza portare alcun valore aggiunto. Nel frattempo, anche la sua produzione letteraria cala a livello qualitativo, essendo concentrato su altro.
Cormac McCarthy, scrittore scomparso a poche settimane dal suo novantesimo compleanno, ha invece ha preso una via totalmente differente. Il suo contributo al mondo è stato quasi totalmente concentrato nella sua produzione letteraria. Rimanendo per quasi tutta la vita schivo e riservato. A tal punto che, nell’Americaiperpoliticizzata del 2023, non si sa quale partito preferisse.
Le sue opere, sin dal primo romanzo ‘Il guardiano del frutteto’, pubblicato nel 1965, parlavano di vita e di morte. In una delle sue rarissime interviste, uscita nel 1992 sul ‘New York Times’, dichiarava di non comprendere quegli scrittori, come Henry James e Marcel Proust, che non parlavano di questi argomenti totalizzanti. E in effetti nei suoi libri, nelle loro diverse ambientazioni (il Profondo Sud rurale, la frontiera del West al crepuscolo, gli anni ’90 oppure un futuro post-apocalittico) il respiro epico non manca mai, soprattutto nei dialoghi che spesso vertono sul significato profondo dell’agire umano.
Concetti complessi che a volte vengono espressi da reietti assoluti, criminali spietati oppure strani eremiti, ma anche padri disperati che proteggono i loro figli da un ambiente ostile. Difficile trovare un filo in una produzione così vasta che racconta una varia umanità dolente, scossa da eventi che non può controllare, da un destino alieno. Tratto che aveva in comune con un altro grande di Providence, Howard Phillips Lovecraft, anche lui autore di vari libri e racconti dove l’uomo affronta presenze aliene incontrollabili e brutali.
A differenza di Lovecraft però, McCarthy pensava che i demoni peggiori albergassero dentro l’animo umano. Un animo umano che è misterioso, così come la sua vita. Sappiamo poche cose di lui, specie negli ultimi anni, mentre conosciamo meglio gli anni della sua formazione: all’età di quattro anni nel 1937 si trasferisce con la famiglia a Knoxville, in Tennessee. E passare dal New England di antica radice puritana al Profondo Sud dove ancora c’era la segregazione razziale è un grosso scossone per un bambino cattolico di quattro anni. Questo mix però crea un’immaginazione per personaggi indimenticabili e il terreno fertile per la scrittura di ‘Meridiano di Sangue’, uscito nel 1985 e più tardi definito uno dei libri eredi di ‘Moby Dick’ e del Grande Romanzo Americano. Per anni però, McCarthy è un paria. Un personaggio letterario locale, ben noto in alcuni circoli, ma sconosciuto al grande pubblico. I suoi romanzi, in media, vendono cinquemila copie. Un’inezia in un mercato come quello americano.
McCarthy però non demorde e non abbandona il suo stile di vita, nonché la sua decisione di non parlare in pubblico del più e del meno, se non attraverso la sua letteratura. Dopo la già citata intervista sul ‘New York Times’ però si apre una nuova pagina nella sua vita. Le sue opere diventano il soggetto per alcuni film, come ad esempio ‘Non è un Paese per Vecchi’, andato sul grande schermo con le interpretazioni di Tommy Lee Jones e Javier Bardem nel 2007, ma soprattutto con ‘La Strada’, prima libro poi film nel 2009 premiato con il Premio Pulitzer per la letteratura nel 2007. McCarthy ha anche scritto una sceneggiatura, quella del controverso film del 2013 ‘The Counselor’, forse cinematograficamente non perfettamente riuscito ma dove la sua potenza testuale è intatta, così come uno dei concetti chiave della sua narrativa: ogni azione cattiva ha delle conseguenze incontrollabili. Alla fine sono racchiusi nei momenti bui i pochi momenti di speranza nascosti come gemme preziose da scovare dopo un’attenta ricerca, per il lettore non pigro, che non si accontenta di discendere il mero significato delle parole ma che va verso il cuore stesso di ciò che McCarthy pensava e che non ha mai espresso esplicitamente. Risulta assai rassicurante, in quest’epoca polarizzata, che quest’uomo sia comunque riuscito a pubblicare i suoi ultimi due romanzi poco prima di morire, uno di essi, ‘Stella Maris’, ancora inedito in Italia. Eppure anche lui ha cercato, attraverso una poco nota ricerca scientifica indipendente, svolta in collaborazione con il Santa Fe Institute, un ente di ricerca sulla scienza dei sistemi complessi, un Significato profondo della Vita umana sulla Terra. Senza farsi tentare dal chiacchiericcio e dalla polarizzazione politica che hanno divorato molti suoi colleghi di scrittura.