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Giovedì 18 dicembre 2025 - Numero 405

Il gelato che diventa innovazione: la storia di Silvia Duranti, da Moneglia a Chiavari senza fermarsi mai

“Abbiamo aperto a Chiavari l’anno scorso, appena in tempo per le festività natalizie 2024. In dodici mesi di duro ma appagante lavoro posso dire che è una avventura con un futuro”
Silvia Duranti nella sua gelateria in corso Millo a Chiavari
Silvia Duranti nella sua gelateria in corso Millo a Chiavari
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di DANILO SANGUINETI

Ci vuole duttilità mentale assieme a un carattere temprato a regola d’arte per inventarsi una nuova attività girata la boa degli “anta”. In parole povere, ci vuole una donna. Per di più applicando un’idea così semplice e così vincente: unire le conoscenze tecniche per fare una pasticceria artigianalmente impeccabile al prodotto più tipico delle nostre colline, la nocciola. La nocciola, in tutte le sue variazioni, genera dolci e gelati al tempo ammaliatori per il palato e per la vista. 

È questa solo una delle micidiali (per i ghiottoni) ricette che si possono trovare da “Silvia Duranti Gelato ed Innovazione”, negozio aperto un anno fa in corso Millo 24 a Chiavari. 

Il nome della ditta dice molto su quale direzione la titolare abbia intrapreso. Il resto lo spiega efficacemente la stessa Silvia Duranti, imprenditrice non per nascita. Il suo percorso di vita, anzi, l’avrebbe dovuta portare altrove. Non ha avuto paura di lanciarsi in svolte anche brusche, anche rischiose. È stata capace di reinventarsi da grandicella, altra conferma che “le ragazze” restano tali perché hanno una freschezza di mente che spesso i troppo ingessati coetanei non possiedono o almeno non possiedono più. 

“Va subito detto che ho la fortuna di avere una famiglia che mi ha sempre sostenuto, che ha compreso le mie motivazioni. Cominciamo dall’ultima avventura, quella in corso. Abbiamo aperto a Chiavari l’anno scorso, appena in tempo per le festività natalizie 2024. In dodici mesi di duro ma appagante lavoro posso dire che è una avventura con un futuro”. Molti direbbero che ci vuole un bel coraggio ad aprire ai margini della zona centrale della città, in un locale chiuso da diverso tempo dopo che aveva ospitato una succursale della Gelateria Spinola, chiusa senza troppo clamore anni prima. Per la signora Duranti, visto il suo pregresso, era quasi una passeggiata di salute. 

“La vera svolta nella vita mia e della mia famiglia avvenne 18 anni fa. Mio marito Francesco faceva, come oggi, il fabbro, io avevo un lavoro stabile, due figli, la prima di neppure cinque anni, l’altro di appena otto mesi, nati e residenti a Genova, Sampierdarena per la precisione. Volevamo un cambio di vita perché non riuscivamo più a stare in città, decidemmo di trasferirci a Deiva Marina. Mio marito trovò subito occupazione nel suo campo, io decisi che mi sarei dedicata alla mia vera passione e frequentai corsi di cucina, gelateria e pasticceria”. 

All’inizio è solo un hobby: “I figli diventano tre (oggi hanno 23, 18 e 11 anni rispettivamente N.d.r.), a Deiva stavo benissimo, Posso dirvi che vi ho passato i dieci anni più belli della mia vita. I miei figli hanno ancora amicizie, frequentazioni di quel periodo. Peccato che per motivi logistici abbiamo dovuto trasferirci a Moneglia dove decido, nel 2013, di aprire una gelateria. Anche lì abbiamo iniziato realmente da zero: preso in affitto un locale che era completamente vuoto, anche se era una posizione strategica perché eravamo sulla spiaggia”.

Potrebbe fare solo la mamma, vuole ben altro. Un vulcano di iniziative. “Io ho sempre lavorato, amo moltissimo figli e coniuge, ma avevo necessità di crearmi una vita oltre loro, di dedicarmi a una cosa mia. Così un po’ per gioco, un po’ per scherzo ho iniziato a fare dei piccoli corsi di gastronomia. Infine il salto deciso verso questo mestiere: mi sono formata alla Scuola Italiana di Gelateria Perugia. E doveva essere una cosa più mirata perché ho sempre pensato che se le cose si devono fare, si fanno bene, in caso contrario perdo dei soldi e del tempo, levandolo a me ed al rapporto con i miei cari e sarebbe stato profondamente ingiusto”.

A Moneglia non è andata bene, è andata benissimo. “Quasi dieci anni di continue soddisfazioni. Basti dire che ho ancora clienti che mi chiamano, si informano, vengono oggi qua a rifornirsi anche se hanno casa a Moneglia. Molti turisti, molti padroni di seconde case che arrivano dalla Lombardia, dall’Emilia Romagna, dal Piemonte, da Genova dato che tanti genovesi hanno qui il “buen retiro”. Il guaio che a Moneglia lavoravo sei mesi, a essere ottimisti, e pagavo per dodici. Persino il mio commercialista mi ha detto “Silvia, cercati un’alternativa”. Ho cominciato a riflettere”. 

Una come lei non ci mette molto a mettere la prua sulla rotta giusta. “Parlo con amici di Chiavari che mi propongono di trasferirmi. Ho risposto “trovatemi un posto ed arrivo!”. Una settimana dopo ero dalla proprietaria di questi vani in corso Millo. Mi ha raccontato della precedente gelateria che aveva chiuso nel 2020, quando infuriava il Covid. Quattro anni con i locali deserti. Me la sentivo di riaprire con uno stesso genere di negozio dopo tanto tempo? Certo che sì”. 

Conoscendola, nessuno ne dubitava. “Ho iniziato piano piano a farmi conoscere, perché giustamente la gente un po’ è diffidente, un po’ siamo in Liguria, sapete come va. Quanto che entravano chiedendo “Siete gli stessi?”. Ed io a spiegare che no, che sono un’altra cosa”. Unica soluzione il metodo della buonanima di Guido Angeli. Provare per credere. Prima di tutto ho scelto la via di produrre tutto senza glutine. È una mia decisione, non è che faccio il gelato per la gente che ha problemi alimentari. È senza glutine ed è buono per tutti. Negli anni sono andata ad abbassare gli zuccheri che ci sono dentro al gelato, usando componenti speciali, gli ultimi ritrovati nel campo della pasticceria che segue le direttive più avanzate dei nutrizionisti. Oltre alle materie prime mi sono sforzata di diversificare anche nei prodotti. Già l’anno scorso avevo sperimentato i panettoni, quest’anno ho puntato su quattro diversi tipi di questo tipico dolce natalizio, dal classico con canditi ed uvetta (entrambe di produzione nostra) al pandoro, passando per quello al caffè e cioccolato. Volevo limitarmi a farne dieci per tipo, ma vista la richiesta sono dovuta salire a sessantacinque ed ho dovuto limitarmi perché le richieste continuano ad arrivare”. 

E finite le feste non avremmo… gabbato la Silvia. “Altre produzioni stanno affermandosi, per esempio la biscotteria: i nostri canditi ricoperti cioccolato, i baci di dama anch’essi senza glutine, il cioccolato in tante varianti. Poi facciamo tantissimi semifreddi, tante torte, sempre senza glutine ed ho iniziato a proporre qualche cosa vegana, senza uova e senza latticini. Mi ha particolarmente soddisfatto essere riuscita a preparare una meringa vegana, fatta con fibre vegetali”. 

Le prossime mosse di una Silvia che nasconde i suoi quasi cinquant’anni con una iperattività che si può solo invidiare. “Intanto oltre al corpo, che comunque ogni tanto deve prendersi una pausa – per fortuna in negozio siamo in due – c’è la mente. Sto pensando a cosa migliorare in vista della bella stagione: sarà essenziale poter aver qualche posto fuori, sul marciapiede dove chi si ferma ad acquistare possa sedersi per gustare le mie “creazioni”. Speriamo di poter avere in tempo le necessarie autorizzazioni da parte del comune. La scorsa estate chiudevamo alle 23,30 o mezzanotte, molte persone che andavano a prendersi il fresco in passeggiata, passavano e il gelato lo prendevano qui da me. Cosa che mi ha fatto pensare che non è detto che l’estate sia la stagione morta per Carruggio e dintorni. Basta sapere come porsi e inventarsi cose”. 

È evidente che in “Silvia Duranti Gelato e Innovazione” l’ultima parola non è stata messa a caso. Per gli scettici blu una ultimissima considerazione. La solare controprova che la pratica prevale sulla grammatica. Tutto quanto avete letto fin qui non vale un fico secco (o una mandorla amara per rimanere in tema) comparato ad un semplice assaggio della pasta frolla appena sfornata da Silvia. Un contatto ravvicinato con le papille gustative che neppure tre elzeviri possono restituire con efficacia. Almeno fino a quando non verrà sfornata una diavoleria elettronica che renda possibile la scrittura che si odora, si tocca e si assapora.

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