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Giovedì 6 novembre 2025 - Numero 399

Il 4 Novembre ci rammenta la lontana Prima Guerra Mondiale, conflitto che coinvolse pesantemente il territorio del Tigullio

Quella guerra e le sue piccole storie non debbono tramontare, ma trovare un solido posto nella memoria. Furono 1329 i caduti del solo Tigullio
La Prima guerra mondiale ha moltissime storie legate al Tigullio
La Prima guerra mondiale ha moltissime storie legate al Tigullio
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di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *

Il Presidente Mattarella è tornato di recente sul significato della ricorrenza del 4 novembre, chiedendo a tutti di rammentare l’Armistizio di Villa Giusti, entrato in vigore il 4 novembre 1918, che consentì agli italiani di rientrare nei territori di Trento e Trieste, portando a compimento il processo di unificazione nazionale iniziato in epoca risorgimentale. Una data che non deve assolutamente cancellare il lungo travaglio del primo conflitto mondiale, una guerra che comportò immense sofferenze e che coinvolse pesantemente il territorio del Tigullio. Le carte d’archivio e la rilettura delle pubblicazioni di quei giorni ci possono aiutare a ricostruire un bilancio degli avvenimenti. 

Il primo riferimento che desidero richiamare è un articolo che compare il 19 giugno del 1915 sul settimanale ‘La Gazzetta di Chiavari’, su cui da mesi compariva una nuova rubrica dal titolo quanto mai significativo: “Lettere dal Campo”. Il campo è quello di battaglia, ed è un chiavarese, il milite Dante R., a scrivere al fratello: la censura di guerra non permetteva si indicassero i cognomi e neppure le località. Il soldato chiavarese scrive al fratello Arturo: “Sono in trincea e noncurante delle pallottole di cannone e fucile che passano sopra di me, saranno nuove non tanto liete, perché immaginerai bene come si stia in questo mondo di strage. I pericoli sono infiniti, ma già mi sono abituato, un po’ per amore e po’ per forza, ad affrontarli. Qui è il caso di metter persa la vita e abbandonarsi alla sorte”. Le parole di Dante sono taglienti e richiamano altrettante lettere riscontrabili nel tempo nella stessa rubrica.

Proseguendo nella ricerca si possono trovare altre testimonianze. Una famiglia chiavarese mi ha consegnato un raro diario scritto in trincea, un documento unico perché vietatissimo dalle ferree norme della censura di guerra. Il soldato Mario Piccardo era nato a Genova il 25 maggio del 1888, e risiedeva a Chiavari in Via Entella, dove esercitava la professione di lucidatore di mobili. Il 16 ottobre del 1908 fu chiamato alle armi nel 73° Fanteria, il 20 marzo del 1912, rientrato a Chiavari, riprendeva per poco l’attività, poi l’avvio del conflitto lo richiamava in servizio e ripartiva per il fronte. 

Il suo quaderno-diario narra il prosieguo della storia: “Partito. Il mattino del 3 marzo 1917 dalla stazione di Chiavari alle ore 6. Giunti a Genova ore 10 Stazione di Principe. Ripartiamo alla volta di Milano dove si giunge alle ore 19, freddo intenso. Rimessi in viaggio giunti al fronte la sera del giorno 4 stazione di Palazzo”. 

Siamo nella frazione del Comune di Fogliano di Redipuglia, provincia di Gorizia, Piccardo è un soldato della Brigata Salerno che aveva sede a Genova. Il suo racconto prosegue, ricco di dettagli e tanto timore, un passaggio è scritto con precisione e richiama la data del 10 aprile, “quando si parte per la prima linea”. 

“Da ogni parte si spara e si difende. Il 26 mandato di pattuglia per aggredire un posto nemico”. La penna scrive e corre rapida la cronaca, “la mattina del tre maggio inizia il bombardamento dove è un vero inferno”. “Ora esco dalla trincea per tagliare i reticolati, ore 4 assalto”. La pagina seguente contiene il vero culmine del suo narrare: “Alle 6,10 fui fatto prigioniero”. Ora la cronaca si fa più fitta, trasporti, partenze, lunghe marce, sino alle “ore 16. Giunti dove esisteva un reticolato si viene messi dentro come i polli in un pollaio”. Quel campo di prigionia porta un nome inquietante: Mauthausen; “in questo luogo non esisti più” …, “un po’ di pane buttato nei reticolati come pasto alle bestie feroci”. Il diario continua e il suo linguaggio trapela stupore, in particolare quando apprende che da più di un anno è stato firmato l’armistizio, “ma siamo ancora qui”. Dovrà attendere il 21 luglio del 1919 e il 16 agosto può iniziare il rientro verso Chiavari, in città ritrova la moglie Anna.  Finì i suoi giorni l’8 novembre del 1954. 

Il quaderno-diario di Davide Piccardo ci propone, intatta ad oggi, la sua guerra in trincea. Continuando a ricercare nella stampa cittadina possiamo intercettare un altro articolo importante, in cui si narra dei diversi trasferimenti dei prigionieri di guerra giunti in treno a Chiavari. Si tratta di soldati austroungarici catturati al fronte e inviati al campo di prigionia alle Quartaie in Fontanabuona, dove era stata allestita un’area nell’ex Cotonificio Bacigalupo. II primo gruppo di venti soldati transita il 30 marzo del 1917. Il 22 aprile si registra un nuovo trasporto, la colonna muove da Chiavari e raggiunge il campo. Con un altro trasferimento il 7 giugno  diventano  cinquanta i prigionieri in transito. Alle Quartaie i prigionieri furono alla fine centinaia; alcuni vi persero la vita e riposano tuttora nel cimitero di Cicagna.

Nell’ambito di questa ricostruzione possiamo rileggere anche l’intero carteggio tra il soldato Cesare Branchetti e la sua famiglia residente a Chiavari, dove coltiva un ampio orto nella zona delle Saline. In quei giorni un consistente numero di prigionieri austriaci, rinchiusi in Fontanabuona, è inviato a Chiavari per contribuire a pubblici lavori. La madre del soldato Cesare Branchetti, prigioniero in Austria, si reca ogni mattina dai lavoratori coatti con una fumante pignatta di minestrone, e la spiegazione che dà  del suo gesto è toccante. La signora Luigia Campodonico, madre di Cesare, giustificava il suo atto di solidarietà con queste parole: “Spero che una madre in Austria porti qualcosa da mangiare a mio figlio Cesare, una minestra e tanta speranza”. 

Quella guerra e le sue piccole storie non debbono tramontare, ma trovare un solido posto nella memoria. Come non ricordare le parole del Papa Benedetto XV nella sua memorabile lettera dell’agosto del 1917, in cui scrisse che “quella guerra era un’inutile strage”. Aveva ragione. I numeri del sacrificio del solo Tigullio lo confermano con i suoi 1.329 caduti. La lezione non fu compresa: arrivò il fascismo e volle erigere,  con la legge N° 559 del 1926, i monumenti ai caduti in ogni luogo del Paese. Non era memoria, ma il voler celebrare e santificare la guerra, tanto che solo vent’anni dopo essa incendiò nuovamente il mondo intero sino al 1945. 

Forse la Prima Guerra Mondiale non è così lontana.

(* storico e studioso delle tradizioni locali)

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