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Giovedì 2 ottobre 2025 - Numero 394

Dal telegrafo al telefono: il telefono e la sua diffusione da Portofino a Moneglia passando per Chiavari (parte 2)

Questo percorso prese l’avvio con una riunione in municipio a Chiavari l’11 gennaio 1906. Vi si presentarono anche i deputati del circondario
L'invenzione del telefono toccò molto presto anche tutto il Levante genovese
L'invenzione del telefono toccò molto presto anche tutto il Levante genovese
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di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *

La ricerca per avere sistemi di comunicazione sempre più efficienti non si arrestava: nel 1876 Bell brevettava il telefono, e in Italia si ricercava una soluzione per rendere operativo “il telegrafo vocale” e trasmettere la voce a distanza. In questo settore operavano scienziati importanti come Innocenzo Manzetti e Antonio Meucci.

Il Tigullio poteva già contare sulla piena attività delle linee telegrafiche, sia quelle pubbliche che quelle in uso alle Ferrovie. La prima normativa per regolamentare e attivare le linee telefoniche in Italia è dell’aprile 1881; dopo tale data inizia una lenta diffusione della nuova tecnologia. Il costo dell’impianto non era trascurabile, e si cercava di utilizzare al meglio alcuni fili telegrafici già in opera.

Fu proprio un dipendente della direzione telegrafica milanese, l’ingegner Maroni, a iniziare nel 1877 le prime dimostrazioni pratiche. A seguire i fratelli Gerosa realizzarono un telefono Bell e lo resero utilizzabile tra Palazzo Marino e la sede dei Pubblici Trasporti di Milano.

Nel nostro territorio diversi imprenditori si attivarono per garantire l’uso del telefono; a Genova, subito a ridosso della legge varata nel 1881, venne fondata la “Società Ligure del telefono Bell”. Il servizio venne proposto anche dalla “Società Telefonica Ligure”.

Se veniamo al Tigullio, possiamo seguire il bandolo della diffusione telefonica tra Portofino e Moneglia, con le reti che si diramavano  nelle vallate interne. Questo percorso prese l’avvio con una riunione in municipio a Chiavari l’11 gennaio 1906. L’argomento dell’avvio delle linee telefoniche era talmente importante che vi si presentarono i deputati del Circondario, Costa Zenoglio e Cavagnari, e le autorità locali, con l’avvocato Nicola Arata per Chiavari e con tutti i sindaci presenti, da Recco a Sestri Levante.

La vasta e autorevole assise doveva approvare un ordine del giorno che giungeva a conclusione di un cospicuo carteggio tra Comune di Chiavari, il Ministero delle poste e telegrafi e il gestore del servizio, la Società Generale Telefonica. L’iniziativa doveva varare l’avvio delle procedure d’installazione. Il tutto era reso possibile da un investimento proveniente da Zoagli, dove l’avvocato Merello finanziava con lire 57.000 l’allacciamento della linea. 

Il documento si apriva col richiamo alla legge del 3 maggio 1903 N° 196, meglio nota come “legge sui telefoni”, e proseguiva col mandato al Comune di Chiavari per trattare col Governo per la conclusione dell’accordo sulla base delle proposte già evase in data 22 e 29 dicembre 1904. In tale occasione si ribadiva la necessità di garantire il collegamento telefonico col Cantiere di Riva Trigoso, con una linea che da Sestri Levante raggiungesse la frazione e lo stabilimento navale. L’atto non trascurava la parte economica, e impegnava tutti i comuni del Tigullio a sostenere l’impegno di “sottostare allo sborso di una quota degli interessi del capitale da anticiparsi in proporzione alle rispettive popolazioni residenti”. I presenti votarono all’unanimità con l’impegno a sottoporre a tutti i Consigli Comunali del Tigullio la specifica delibera. 

La burocrazia non era veloce come la nuova tecnologia che si voleva applicare al territorio, e doveva quindi trascorrere più di un anno per la successiva assise in Comune a Chiavari. Il 13 luglio del 1907 si apriva una nuova era, tutte le autorità cittadine erano presenti. Presiedevano la cerimonia il sindaco di Chiavari Nicola Arata e l’ingegner Salvatore Galliano, direttore dell’Agenzia dei Telefoni. Nell’aula del Municipio si inaugurava ufficialmente la nuova linea telefonica Genova-Recco-Rapallo-Chiavari-Sestri Levante. Il primo squillo telefonico era previsto per il giorno seguente, nella cabina pubblica che era stata posta in Piazza San Giovanni, presso la Farmacia Lagomaggiore, orario di servizio dalle 7 mattutine alle 20 serali. Una ben visibile tabella rammentava il costo delle chiamate: “centesimi 50 per ogni comunicazione di 3 minuti per le località sopra elencate”. 

Non mancò una velata polemica: ci fu chi si chiese se potesse esistere un conflitto d’interessi tra il titolare della Farmacia, il Dott. Lagomaggiore, e il fatto che questi avesse esercitato il ruolo di sindaco di Chiavari per ben tre mandati. La soluzione era davvero semplice: “la cabina poteva essere trasferita presso l’ufficio postale telegrafico pubblico”. 

La grande novità del telefono, però, faticava ad affermarsi, e circa tre anni dopo il primo squillo da Piazza San Giovanni, in occasione dell’uscita del primo elenco degli abbonati della zona di Genova, si fece il punto della situazione. Gli utenti genovesi erano davvero un buon numero, ma a Chiavari “e non senza sorpresa, abbiamo rilevato che il numero di questi è eccessivamente esiguo”. Così si esprimeva un articolo uscito su ‘Vita Chiavarese’, che poi entrava ulteriormente nel merito, rilevando un buon numero d’utenti per gli uffici d’interesse pubblico, le banche e alcuni professionisti, mentre i privati erano davvero pochi: “in confronto a quella che è l’effettiva importanza della nostra città, della vita e degli affari che vi si trattano”. L’articolo continuava con un’accusa precisa e mirata: “ciò in parte può essere spiegato dal misoneismo di tanti interessati, e col senso di eccessiva parsimonia con cui è da tanti concepita la vita”. 

Rileggendo le normative del servizio del tempo è necessario anche rilevare che i costi più bassi erano previsti solo per le chiamate alla così detta “rete di Chiavari”, cioè il Tigullio, mentre per chiamare Genova il costo era decisamente più alto. 

Tornando al documento dei sindaci per ottenere il telefono nell’intero Tigullio, vallate interne comprese, si può rilevare che nel 1910 l’intera Fontanabuona non era ancora collegata e che la centrale di Chiavari non garantiva telefonate di più ampio raggio. 

Il diffuso settimanale “Vita Chiavarese” ironizzava: “per rispondere alla richiesta dei negozianti e professionisti di Città, che finora hanno la magra soddisfazione di telefonare da Piazza XX Settembre a Piazza Carlo Alberto: lusso che, fra parentesi, costa un po’ troppo”. L’ironia va riletta alla luce della toponomastica del  tempo:  ora suonerebbe che la telefonata era possibile solo tra Piazza Matteotti e Piazza Mazzini! 

La grande tempesta della Prima guerra mondiale bloccò tutti i progetti di sviluppo, e l’espansione del telefono segnò il passo come tante altre innovazioni. Nel 1919 si riaprì il dibattito per garantire una linea che giungesse fino a Santo Stefano d’Aveto. Ora i telefoni erano stati nazionalizzati, e l’interlocutore per le vertenze era la Direzione Generale dei Telefoni di Stato. Il direttore stesso, il dottor Magnanini, scriveva al settimanale di Rapallo “Il Mare”, rispondendo alle richieste con tono rassicurante, e assicurava che i comuni “tuttora sprovvisti di telefono, Borzonasca e Santo Stefano d’Aveto, saranno collegati a Chiavari creando un circuito”. Quando la notizia giunse presso l’amministrazione dell’Aveto, produsse un telegramma del sindaco Calestini e dell’arciprete Ferretti: “Giubilare lieta novella impianto telefono in Santo Stefano Aveto, 23 maggio 1919”.

(* storico e studioso di tradizioni locali)

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