(r.p.l.) È morto martedì scorso, all’età di sessantotto anni, Ernesto Franco, scrittore e direttore generale della casa editrice Einaudi. A dare la triste notizia è stata la casa editrice. Franco, malato da tempo, si è improvvisamente aggravato negli ultimi giorni.
Genovese, aveva iniziato la sua carriera prima con la casa editrice Marietti, poi ricoprendo il ruolo di direttore di Garzanti; nel 1991 era entrato in Einaudi per poi diventarne direttore editoriale sette anni dopo.
L’impegno, il rinnovamento e gli ottimi risultati, capaci di rimettere al centro la cultura contraddistinguendo nuovamente l’identità dell’editore, hanno spinto il Gruppo Mondadori (che aveva acquisito Einaudi nel 1994) ad affidare a Franco il ruolo di direttore generale.
Personaggio di spicco nel mondo dell’editoria italiana, è stato capace di rilanciare la collana simbolo di Einaudi, Gli Struzzi, ispirando anche altre note collane come ‘Le Vele’ e ‘Stile Libero’. Parallelamente al lavoro di direzione, lo scrittore ha portato avanti la sua opera di traduzione degli autori più importanti della letteratura sudamericana, come Octavio Paz, senza trascurare la sua personale scrittura tra cui non si può non citare il primo libro, Isolario (1994), Donna Cometa, Il Canzoniere d’Amore e l’ultimo volume pubblicato, Storie fantastiche di isole vere.
Franco è stato l’ultimo dirigente di Einaudi nominato dal fondatore, Giulio Einaudi. “Tutto quello che facciamo – diceva qualche tempo fa – dall’amore alla lotta per la giustizia, ha un tratto utopico e irraggiungibile. Questo vale anche per il nostro lavoro, che deve mantenere una fedeltà alle origini nella metamorfosi del tempo e del mondo. C’è una stupefacente sorpresa: la vittoria del libro di carta, nella quale una decina di anni fa non avremmo mai scommesso. Quanto alla scrittura, è vero che ha perso centralità: oggi si scrive molto più di prima ma secondo regole proprie dell’oralità. Se però dovessi indicare l’invenzione che più ha cambiato i lettori non avrei dubbi: le serie tv”.
E, parlando di sé, aggiungeva: “Non sono ancora pronto ai bilanci, ma direi che il mio lavoro consiste nel fare i conti con la fantasia degli altri: sia nel misurarne il peso economico sia nel confronto con l’invenzione della mente degli autori. È una roba un po’ da stregoni che consiste nell’abbinare i numeri e l’immaginazione”.
Ernesto Franco rimarrà un’icona, nel campo dell’editoria: “Quando venni assunto in casa editrice, Giulio non era per niente contento. In realtà non mi conosceva. Un giorno mi portò a Camogli a fare l’editing di un libro non einaudiano a cui però lui teneva moltissimo. Tre giorni solo con lui in albergo davanti a un testo in cui ogni rigo conteneva una trappola: era evidentemente un esame di ammissione. L’ultima mattina mi propose di fare il bagno tra gli scogli e là cominciò un interrogatorio sui nomi di ogni singolo pesciolino. ‘Ma non capisci proprio niente, non sai neppure il nome dei pesci!’. Me lo disse con il sorriso, smascherando le provocazioni di quei giorni. A quel punto compresi che era fatta”.