di DANILO SANGUINETI
La castagna è in campo vegetale, ciò che è la chiocciola nel campo animale: di facile reperibilità, non appariscente, tenace, che vive, anzi attecchisce un po’ dappertutto, per tutte le stagioni, che può tornare utile per molti impieghi.
Forse non è dovuto solo all’essere la ‘materia prima’ dei boschi che lo circondano che sia stata scelta per intitolare l’agriturismo collocato in posizione defilata – a ovest del paese, abbarbicato sul promontorio che declina dalla frazione di San Pietro di Frascati verso la provinciale 523 – ma non appartata e soprattutto garante di una vista mozzafiato sulla costa di Moneglia.
‘Il Castagneto’ è gestito da due donne, mamma e figlia, Natalia e Irene Mazzoli, che di un casale raggiungibile dalla provinciale mediante una ascesa di non più di cento metri hanno fatto una azienda colonica piccola ma completa in ogni particolare.
La più silenziosa Irene lascia alla madre, di una eloquenza che incanta, Natalia il compito di raccontare da dove nasce e dove medita di andare un agriturismo che sta riscuotendo un inaspettato successo, frutto di un lavoro apparentemente irto di spine e a conoscerlo bene ricco di delizie, vedi castagno e castagna. Un lavoro di coppia, un lavoro che da altre parti potrebbe impegnare tranquillamente una decina di lavoranti. Solo questo basta per capire quanto sia dura e allo stesso tempo soddisfacente l’opera delle signore Mazzoli, una impresa che è entrata non a caso a far parte della eccellenza, ottenendo di essere inserita nel mondo Slow Food, e di fregiarsi di una chiocciola (tutto torna) nel catalogo omonimo.
“È stato un grande onore essere inseriti nel catalogo. È importante fare rete, anzi sarò ancora più netta: di questi tempi se non si fa rete si è spacciati. A essere onesta per me viene spontaneo, ho sempre cercato di relazionarmi con il prossimo, forse anche perché non sono di origine ligure ma romana. La mia famiglia si è trasferita qui dalla Capitale perché papà Mazzoli aveva vinto un concorso. Gran parte della mia vita ha avuto Chiavari come epicentro ma non scordo che vengo da una famiglia romana da sette generazioni”.
La stessa Natalia ha avuto un percorso di vita ricco di svolte. “Infatti io mi ritengo ancora romana anche se parlo, mi dicono benone, il dialetto genovese. Come studi dopo il liceo classico Delpino ho frequentato la scuola infermieri. Ho trovato lavoro prima come team coordinator presso un asilo privato e poi sono diventata psichiatric nurse presso Asl 4 chiavarese. Questo per oltre vent’anni, poi ho cominciato ad avvertire il mio mestiere come ‘un po’ troppo triste’ e a sentirmi soffocata nella sanita pubblica (preveggente a giudicare dall’oggi n.d.r.) e sono ‘fuggita’ dall’ospedale”.
Inusuale lasciare il ‘posto sicuro’, incredibili le scelte successive: “Mi sono inventata un mestiere un pochino più creativo, un pochino più come si dice ‘realizzante’, anche se faticosissimo, senza garanzie, senza ferie ecc. ecc.: il mestiere di cuoca e contadina”. La destinazione finale di Castiglione affatto casuale. “Io abitavo a Sestri Levante, ho imparato a conoscere molto bene il suo entroterra perché tanti malati che seguivo erano della Val di Vara e della Val Petronio. Andavo nelle campagne a trovarli e ammiravo i posti. Cercavo casa col mio secondo marito, mi sono imbattuta in questa struttura e senza troppo pensarci ho deciso di comprarla e allo stesso tempo di cambiare mestiere. Mi sono buttata in questa avventura”.
Anno Domini 2007. “Proprio prima della grande crisi del credito, tempistica perfetta (ride n.d.r.). Un ettaro di terra, ristorante annesso alla casa, cucina veramente casalinga nella vera accezione del termine, come dovrebbe essere, posso dirlo, un agriturismo. A fianco un orto e piane con gli olivi più il vigneto. Produciamo di tutto, ma in piccole quantità perché siamo piccoli. Siamo rimaste in due, io e mia figlia maggiore; rispetto a quando abbiamo iniziato oggi facciamo di più e, direi, meglio. Abbiamo 16 anni di esperienza piena, il che soprattutto in cucina conta molto”.

La policy aziendale è rigorosa e allo stesso tempo ambiziosa: “Trasformare i prodotti della terra da noi coltivati in modo rigorosamente naturale, senza concimi chimici o pesticidi, è la nostra specialità: seguiamo le stagioni e la fantasia, ne nasce una cucina sana e golosa al tempo stesso, leggera e fantasiosa, con frequenti riferimenti alle tradizioni liguri ma non solo; difficile descriverla, meglio assaggiarla”.
La varietà è tale da far comprendere che la ‘chiocciola’ attribuita al ‘Castagneto’ è assolutamente meritata. “Abbiamo in catalogo ortaggi e vari tipi di frutta – fragole, lime, more di rovo, mele, pere, albicocche, mandorle, more di gelso, mirtilli, cachi, susine, limoni, l’arancio ‘Pernambucco’ tipico genovese – e poi olive da salamoia e tutte le erbe aromatiche tipiche della Liguria, in particolare l’origano che cresce spontaneo nei nostri campi e la lavanda. Abbiamo il miele di nostra produzione, che può essere a seconda della annata millefiori, acacia, castagno o erica. Impieghiamo quello che non viene cucinato nella creazione di marmellate, composte, dolci o agrodolci/piccanti da accompagnamento ai formaggi e alle carni, e conserve sott’olio”.
Rigoroso anche il modo di proporre tutto questo bendidio. “Nel ristorante c’è il menù alla carta, quasi mai quello fisso. Credo che anche per questo motivo Slow Food ci abbia messo gli occhi addosso. Ci ha inserito in guida e dato tre anni fa una chiocciola della provincia genovese”. Un agriturismo non improvvisato, che non è nato seguendo la moda del circuito alternativo ma che ha contribuito a crearla. “Non posso tacere, però, che per noi era ed è dura. Non abbiamo mai preso neanche un solo contributo dallo Stato, forse perché siamo troppo piccoli. Anche se non abbiamo problemi ad avere sempre pieno”.
Con gente che arriva da? “Diciamo che arriva da tanti posti, da Spezia a Genova senza problemi. Sembra strano ma ne arrivano in misura minore proprio da Sestri che pure dovrebbe essere il nostro bacino. Molti chiavaresi, molta gente proprio del Tigullio, Santa, Rapallo, tanti clienti, anche tanti dalle 5 Terre, soprattutto d’estate. E che sia importante essere andati su Slow Food è il fatto che quelli che arrivano, arrivano con la guida in mano”.
Con un menù che cambia tutti i giorni non c’è periodo nel quale il dinamico duo possa rilassarsi. Certo sotto le feste si balla senza sosta. “Il tutto esaurito a Natale lo avevamo raggiunto a fine novembre. Certo, con 27-28 posti a disposizione appare più facile ma c’è da dire che lavoriamo anche tanto sui cesti regalo coi nostri prodotti. Da tenere presente che produciamo circa 300 bottiglie del nostro vino che è stato valutato tra i migliori bianchi di Liguria”.
In due sembra una impresa omerica. “A volte appare impossibile. Mia figlia e la sottoscritta in certi giorni siamo stremate, molto felici e molto distrutte”. Anche perché come se non bastasse propongono anche iniziative coordinate con le altre aziende della zona. “Come presidio Slow Food collaboriamo con i B&B della zona, soprattutto la villa qui vicino gestita da amici americani che ci mandano turisti loro connazionali a fare corsi di cucina e di produzione di vari manufatti”. Viene da dire ‘ma chi ve lo fa fare?’. La risposta per la signora Natalia è scontata: “La passione, altrimenti se volevamo riposare o guadagnare sul serio aprivamo una pizzeria giù sulla costa…”. Una battuta che suona anche come dichiarazione di intenti. Natalia e Irene, donne pioniere, che creano opportunità e che riscoprono territori. Donne forti, anzi forti donne. Che di uomini e di donne ‘forti’ in Italia ne abbiamo avuto abbastanza, forse.