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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

La bella favola di Wyscout racconta al mondo intero che “anche a Chiavari si può”

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di ANTONIO GOZZI

A capirlo subito fu Mario Monti, il rettore della Bocconi divenuto Presidente del Consiglio, che nella tarda estate del 2012, visitando gli stand del meeting di Rimini, si fermò davanti a quello di Wyscout e in religioso silenzio, suo e del seguito, ascoltò per oltre 5 minuti la clip che spiegava cosa fosse Wyscout: già allora la più grande piattaforma digitale del mondo sul calcio e sui calciatori.

Senza dire una parola Monti se ne andò e proseguì la visita agli stand. Ma poco dopo, a sorpresa, nello speech che fece dinanzi a 5000 persone spiegando come il digitale di lì in avanti avrebbe cambiato la nostra vita, citando esplicitamente il caso di Wyscout se ne uscì con la frase che almeno per noi chiavaresi restò famosa: “… anche a Chiavari si può…”.

In quell’affermazione ci stanno due concetti: uno, un po’ tipico della spocchia milanese per la provincia e per tutto ciò che non è la grande Milano; l’altro, molto più importante e profondo, relativo al fatto che le tecnologie digitali aprono al mondo e che è possibile grazie ad esse diventare leader globali di un business anche da una piccola e tutto sommato periferica cittadina di provincia.

La favola di Wyscout sta tutta qui: un gruppo di giovani chiavaresi poco più che ventenni guidati dal visionario Matteo Campodonico (nella foto in basso), partendo dal classico scantinato in poco più di 15 anni hanno costruito un’azienda internazionale che ha come clienti i più importanti club di calcio del mondo, dal Real Madrid al Barça, dal Manchester United al Liverpool, al Bayern, alla Juve.

Un data base che riguarda oltre 600.000 calciatori di cui si possono avere immagini e dati. Un prodotto/servizio diventato un must insostituibile nell’attività professionale di presidenti, direttori sportivi, osservatori, agenti che ormai girano con l’iPad sottobraccio e, collegati a Wyscout, possono osservare dalla sala d’attesa di un aeroporto o dal loro ufficio il calcio mondiale.

Quasi 500 ragazzi sono impegnati in quest’attività molto complessa sia dal punto di vista tecnologico di prodotto che da quello della copertura del mercato, di cui oltre 100 occupati a Chiavari.

Ieri è stato dato alla stampa specializzata mondiale l’annuncio che Wyscout è stata acquisita dal gruppo statunitense Hudl, cresciuto molto negli ultimi anni nelle tecnologie visuali applicate allo sport, anche grazie alla grande liquidità messa a disposizione dai fondi americani.

Come Wyscout è nata nella piccola Chiavari da un gruppo di giovani studenti, anche Hudl è nata nella ‘piccola’ Lincoln, Nebraska, da un gruppo di giovani universitari che ha sviluppato un software per analizzare le partite del football americano.
Wyscout andrà ad integrarsi al gruppo Hudl apportandovi un brand unico nel calcio, una rete di clienti e di rapporti ormai forte e sviluppata in oltre 100 paesi.
La sede di Wyscout resterà a Chiavari, così come gli americani si sono impegnati per contratto a mantenere a Chiavari una cospicua presenza di funzioni e occupazionale.

Matteo Campodonico, fondatore e CEO di Wyscout, ha dichiarato: “Wyscout ha vissuto diverse fasi negli anni, quella del garage, quella della crescita e quella del diventare una vera azienda. Oggi siamo pronti per questo nuovo passo. Entriamo in un gruppo dieci volte più grande di noi e molto ambizioso. E lo facciamo in un momento in cui il mercato ha iniziato a consolidarsi, in cui è necessario investire a sei zeri, in cui servono risorse e competenze non prevedibili fino a qualche anno fa. Riteniamo sia la scelta più giusta per consolidare e proteggere la nostra posizione e crescere ulteriormente”.

Qual è il bilancio di questa storia?
Primo: aveva ragione Mario Monti, “anche a Chiavari si può”. Anche Chiavari può diventare luogo deputato per un’attività mondiale. Ciò grazie alle tecnologie digitali, che però da sole non bastano. Occorrono ‘visione’, competenze e dedizione, qualità che i giovani di Wyscout sono riusciti a mettere insieme.

Il problema di Chiavari è semmai la totale mancanza di spazi dimensionali moderni, degli ampi open space in cui lavorano le nuove comunità digitali. Da mesi Wyscout sta cercando di riunificare i suoi uffici sparsi qua e là ma fatica a trovare uno spazio direzionale di almeno 1000 mq.

Secondo: la traiettoria delle start up è quella di Wyscout. Si cresce fino a un certo punto, poi la dimensione mondiale del business richiede capitali e risorse tecnologiche che purtroppo molto spesso l’Italia non riesce a mettere a disposizione. Ciò vale soprattutto nei comparti tecnologici in cui la velocità del cambiamento e l’accelerazione delle dinamiche competitive è tremenda.
Bene ha fatto quindi Matteo Campodonico insieme agli altri azionisti di Wyscout a preservare il valore creato che poteva dissolversi in poco tempo, distrutto dal comparire di colossi tecnologici e finanziari.
In gergo, questo si chiama ‘time to market’, e l’attimo è stato colto senza indugio e con grande saggezza.

Terzo: anche in un momento psicologicamente così difficile (separarsi dalla propria creatura può essere per certi versi drammatico) non ci si è dimenticati della responsabilità sociale dell’impresa. Si è pensato ai dipendenti, tutti rigorosamente tutelati, e al territorio. Chiavari resta la sede di Wyscout non per imposizione ma perché gli americani hanno trovato un’azienda bene organizzata, skillse professionalità di prim’ordine, una cultura d’impresa e un clima lavorativo molto simile al loro.

Infine, Wylab, l’incubatore sport-tech figliato da Wyscout, non fa parte della transazione. Rimane saldamente nelle mani dei proprietari attuali, che avranno ancora più risorse da investire sul territorio e in start up: quale sarà la prossima Wyscout?
Una favola bella. Una favola che resterà non solo nella storia di Chiavari, ma anche in quella più grande delle start up italiane.
Una storia di cui andare orgogliosi e che deve diventare un esempio concreto di come creare ricchezza e occupazione in una città in declino, senza dimenticare mai le origini, i legami e uno stile di management che non è quello del capitalismo finanziario senza ideali e senz’anima.
Un storia ‘glocal’, come piace a noi di ‘Piazza Levante’.
Bravo Matteo, bravi ragazzi, lavoriamo tutti insieme per la prossima!

L’ESPERIENZA TRA CHIAVARI E GLI STATI UNITI

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