di DANILO SANGUINETI
È stata soprattutto una questione di priorità. Ciascuno si crea il proprio medagliere e allestisce la bacheca dei trofei con criteri personalissimi. Gli altri da fuori possono giudicare ma non conoscono il metro, e forse neppure dovrebbero, con il quale misuriamo la strada percorsa.
Il 2019 di Vittorio Podestà, campionissimo di handbike, è stato per uno del suo livello appena normale: un quarto posto ai mondiali in Olanda a metà settembre – ad appena 4 secondi dal bronzo e a 18 secondi dall’argento in una prova di 21 km – è pur sempre tanta roba, peccato che l’ingegnere volante di Lavagna (residente a Chiavari) nei precedenti quindici anni di attività agonistica ci avesse abituato a una ininterrotta parata trionfale: otto titoli iridati, una coppa del mondo, sei medaglie olimpiche divise equamente tra ori, argenti e bronzi.
A 46 anni rimanere al vertice è complicato, la determinazione, che certo non manca a Podestà, da sola non basta. La concorrenza è sempre più agguerrita, i mezzi si fanno sempre più sofisticati: dai pesanti ‘cavalli ferrati’ con i quali iniziò nel 2003, agli odierni lucenti siluri in leggerissime leghe, passa la stessa differenza che c’è tra la scatoletta guidata da Nuvolari e l’astronave affidata ad Hamilton. Spiegazioni che non convincono né vengono usate dall’asso chiavarese. Podestà ha solo preso fiato in previsione del grande appuntamento che concluderà la sua carriera o quanto meno ne sarà snodo decisivo.
“A fine agosto ed inizio settembre ci sono i Giochi Paralimpici, a Tokyo, che faranno seguito alle Olimpiadi per i regolari. Io sono campione in carica nella cronometro individuale assieme a Luca Mazzone e Alex Zanardi. Voglio difendere i due titoli al meglio, sono convinto che posso dire la mia in queste due specialità”.
Inoltre si era presentato un intoppo benedetto. La nascita della primogenita Anita, una bambolina bionda che è la luce degli occhi di papà Vittorio e mamma Barbara. “Beh la paternità cambia alcune cose, soprattutto ti obbliga a rivedere la lista delle priorità. Anche il modo di essere atleta: la professionalità resta, si aggiunge una carica morale che ti regala nuovi stimoli ed impone nuovi traguardi”.
Parole alle quali, come è suo costume, ha fatto subito seguire i fatti: “Dai primi giorni dell’anno mi sono trasferito in Spagna per provare i nuovi mezzi che useremo in questa stagione e seguire un rigoroso programma di allenamento, senza distrazioni e restando concentrato sull’obiettivo a cinque cerchi. Conto di finire entro questo mese e raggiungere uno stato di forma accettabile per le prime verifiche: la Coppa del Mondo a Castiglion della Pescaia dal 27 al 30 maggio mi dirà a che punto sono, la controprova dal 4 al 7 giugno in Belgio ad Ostenda per i campionati mondiali”.
Il risultato non sarà un’ossessione. Per la qualificazione alle Olimpiadi l’Italia avrà a disposizione diverse wild card, ed una di esse non potrà non andare al campione a cinque cerchi in carica. “Penso che dovrei rientrare nella quota azzurra. I nostri tecnici sanno che io, come gli altri della ‘banda’, Alex in testa, rispondiamo sempre presente nelle grandi manifestazioni. Vedrò come risponde il mio fisico in queste due competizioni, scruterò lo stato di forma degli avversari. È chiaro che le cartucce migliori le riserverò, come molti altri, per il Giappone. Conto di iscrivermi a tutte e tre le specialità, la crono individuale, la staffetta e la gara in linea, quella dove in teoria ho meno probabilità, essendo da sempre un passista e un cronoman, non certo un velocista”.
Anche se molto dipenderà dal percorso. Le notizie che arrivano dal Sol Levante parlano di tracciati che dovrebbero essere non completamente pianeggianti. E questo è musica per le orecchie dell’ingegner Podestà. “Io e la fatica siamo buoni amici. Su percorsi molto duri ho sempre detto la mia. Mi auguro che la strada sia selettiva e poi vedremo di fare la nostra parte”.
C’è poi l’arma segreta, quella che potrebbe portarlo ancora una volta a salire sul podio in una competizione olimpica. “Ci ho pensato diverse volte in questi mesi: Anita potrebbe vedere suo papà che viene premiato. Non dovrà solo affidarsi ai miei racconti, avremo un ricordo da condividere. Quando in questi giorni provo a forzare e sento affiorare la stanchezza e il dolore, penso a lei e trovo energie e capacità che non ricordavo di avere”. Un caso di doping conclamato. Vittorio Podestà lo ammette senza pudori. La sua ‘droga’ si chiama Anita.