di DANILO SANGUINETI
Entella e Santo Stefano d’Aveto: questo matrimonio s’ha da fare. La società del presidente Antonio Gozzi non ha mai fatto mistero di considerare il paese che domina l’Alta val d’Aveto la sua roccaforte montana.
San Sté è una roccaforte di coloro che sostengono la formazione biancoceleste sin dai primi tempi della sua scalata, a San Sté, situato a mille e quattordici metri sul livello del mare, ci sono le condizioni climatiche e sociali ideali per ospitare i ritiri di una prima squadra professionistica.
A dirla tutta, come hanno dimostrato gli Entella Camp dell’ultimo quadriennio (saltato solo il 2020 per i noti motivi), c’è spazio anche per farlo diventare la ribalta delle giovanili che qui potrebbero alternare raduni, campi estivi, sessioni di lavoro e pause per ritemprare lo spirito oltre che il che il fisico.
Una base ai piedi del Maggiorasca? L’idea è del presidente Antonio Gozzi, il progetto è dello staff biancoceleste ed avrebbe preso forma già quest’anno se non fosse piombato sul suo cammino come su tutto il resto la tempesta perfetta del Covid-19. E quindi la voglia di creare un Entella Training Site, o, se siete tradizionalisti, una Entellandia a Santo Stefano dovrà ancora attendere.
Tanto? Il presidente dell’Entella, che dell’ottimismo della volontà ha fatto la bussola del suo agire dirigenziale, è convinto di no. “Con l’amministrazione comunale abbiamo raggiunto un’intesa a 360 gradi. Il campo comunale verrà rifatto ex novo, terreno di gioco in sintetico di ultimissima generazione, spogliatoi, illuminazione, panchine, magazzini aggiunti o potenziati. La spesa metà a carico nostro e metà da parte del proprietario, il Comune. La nostra gestione prevedrà l’uso della struttura per gran parte dell’estate, portando in ritiro nella magnifica Santo Stefano non solo la nostra prima squadra ma gran parte delle nostre giovanili, in modo da sfruttare l’intero mese di luglio, e se le cose andranno per il verso giusto anche altre settimane estive”.
È intuitivo che il beneficio andrebbe nei due sensi. La società di calcio avrebbe una sede fissa, vicina e amica per i ritiri estivi e, nell’eventualità, anche per ritiri intra-torneo, per necessità impreviste (di questi tempi tutt’altro che improbabili), infine una specie di centro giovanile supplementare, dove ospitare squadre e programmare periodi di lavoro supplementare per formazioni e gruppi Under. La cittadina avrebbe un afflusso garantito di turisti, alcuni forzati (i gruppi-squadra), altri facoltativi ma quasi altrettanto sicuri (familiari degli atleti, e tifosi che avrebbe un incentivo in più per scegliere Santo). Un accordo con epilogo win-win, ossia dove vincono tutti.
Peccato per un ma grosso come una casa, anzi come un albergo. Il presidente Gozzi sospira: “Serve una struttura in grado di ospitare cinquanta persone alla volta, ossia giocatori, staff tecnico, dirigenti e personale addetto alla squadra, medici, magazzinieri, ecc. ecc. Struttura che al momento non c’è. Le strutture ricettive cittadine aperte non sono abbastanza grandi. L’unica soluzione percorribile sarebbe quella del Leon d’Oro, l’hotel-residence che occupa la via principale della città, ma è rimasto chiuso a lungo e gli attuali proprietari non hanno ancora detto cosa intendono fare. So di alcune proposte per riaprirlo, attendo notizie rassicuranti”.
Notizie che ad oggi il sindaco Giuseppe Tassi non può fornirgli. “Confermo il pieno accordo con l’Entella Chiavari. La mia amministrazione ha accolto con favore il progetto del presidente Gozzi. Abbiamo presentato le richieste per rifare il nostro stadio comunale, usufruiremo anche dei finanziamenti previsti dal Coni e dal Ministero dello Sport. È chiaro che l’iter è stato rallentato da quanto accaduto in Italia la scorsa primavera, ma oggi siamo pronti a cominciare”.
Si tratta di mettere a posto i tasselli mancanti. “Il discorso Leon d’Oro è complesso. La proprietà è della famiglia Monteverde, alla quale sono state presentate alcune proposte da parte di diversi soggetti, interessati all’acquisto e pronti a mettere mano ai necessari lavori di adeguamento. Niente di trascendentale, dato che l’albergo è stato chiuso tre anni fa: mettere ordine nelle cucine, fare qualche modifica a porte e servizi per rispettare le attuali norme di sicurezza. Sono convinto che alla fine ci sarà un accordo tra i proprietari per rispondere in maniera positiva alle offerte. L’occasione è troppo ghiotta perché Santo Stefano se la faccia sfuggire”.
L’alternativa-collaborazione tra costa e montagna stava alla base della grandezza della Superba e fu una delle fortune della Liguria. Rinsaldare quel rapporto tramite una squadra di calcio sarebbe inedito quanto importante.