di ROSA CAPPATO
Le ragazze al cinema e i ragazzi in classe. Il 25 novembre si è celebrata la ‘Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne’, ufficializzata dalle Nazioni Unite nel 1999. È volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della non violenza e del rispetto delle donne. Nel 1981, nel primo incontro femminista latinoamericano e caraibico, svoltosi a Bogotà in Colombia, venne deciso di celebrare il 25 novembre come la ‘Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne’ e ciò in memoria delle sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, che furono trucidate, dopo inaudite violenze, per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo, mentre si recavano in prigione a trovare i propri mariti.
Per l’occasione, in tutto il mondo, in questa data storica, varie associazioni, istituzioni, movimenti e scolaresche aderiscono con diverse iniziative, spalmate anche nel corso della settimana della ricorrenza. Anche l’Istituto Nautico Cristoforo Colombo di Camogli nell’ambito delle manifestazioni ha voluto trattare l’argomento che, malauguratamente, è coinciso anche con il delitto che ha visto vittima la giovane Giulia Cecchettin, uccisa dell’ex fidanzato Filippo Turetta.
Se ne è parlato a scuola, con incontri e conferenze anche con giornalisti locali. Tutto bene, se non fosse che, dapprima passata in sordina, ma successivamente più oggetto di riflessioni, si è riscontrata una circostanza anomala: una trentina di ragazze del triennio del Nautico di Camogli sono state accompagnate a Genova al cinema Ariston per vedere il film ‘C’è ancora domani’, che tratta di questo argomento con uno sguardo al passato. I ragazzi, però sono rimasti in classe e non lo hanno visto insieme alle compagne coetanee.
Di questa decisione dell’istituto, emersa anche sui social, si è dibattuto a lungo perché sembra alquanto divisiva. “A prescindere dai contenuti del film, siamo ancora alla divisione maschi e femmine? – chiosa una mamma su Facebook – E parliamo di progresso? Uguaglianza? Parità e pari opportunità? Che a fare questa scelta sia stata proprio la scuola, che dovrebbe formare i giovani ed educarli al rispetto e alla condivisione, trovo che sia grave e diseducativo”.
Un’altra mamma ritiene l’accaduto un peccato: “Escludere l’intera utenza maschile dalla visione di quella proiezione rappresenta una scelta decisamente sbagliata, ingiustificabile e incomprensibile, nonostante le motivazioni fornite a noi genitori da parte della scuola”.
La discrepanza ha indotto infine qualche mamma a inviare un messaggio al preside Paolo Fasce, chiedendo le motivazioni di tale comportamento. “La scuola si muove in base ai progetti – spiega – e i docenti sono liberi di proporre le varie iniziative nel corso dell’anno, che noi poi adottiamo. Il nostro istituto è attivo con diverse insegnanti sul tema della parità di genere e l’utenza è segmentata, ma non per motivi ideologici: per i ragazzi si sono previste conferenze, mentre per le ragazze c’era il progetto della proiezione del film. Inoltre i posti nel cinema di Genova erano limitati, pertanto abbiamo optato per questa scelta. I maschi sono comunque stati coinvolti sulla tematica e chissà che magari le ragazze che hanno visto il film non invitino i compagni di classe a portare le loro fidanzate a vederlo”.
La fiduciaria Diana Toron riferisce che l’idea di condurre le allieve a Genova, insieme ad altre scolaresche per guardare il film della Cortellesi è venuta alla professoressa di Navigazione Filomena Mainardi (però a Genova le classi al cinema erano miste). “Il film è parso utile a sottolineare la consapevolezza dei diritti delle donne, un punto di partenza nell’ambito della storia dei diritti acquisiti dalle donne stesse e di quanto tempo ci sia voluto. In ogni caso con i ragazzi della quinta si è svolta una conferenza e i docenti nelle altre classi hanno discusso il tema sviscerandolo e parlando a tu per tu. Si è affrontato lo stesso argomento, ma in maniera diversa, tuttavia il focus era sulla parità di genere”.
Invece per molte persone, ragazzi compresi, questa parità non sembra poi così evidente perché, di fatto, maschi e femmine sono stati separati, fisicamente, e proprio in questa particolare e delicata occasione.
Qualche dubbio è sorto e nelle case il confronto c’è stato; forse i più avranno anche pensato che quel film sia una ‘cosa da donne’, ma questo scivolone che poteva essere evitato, magari dividendo i posti risicati del cinema tra i maschi e le femmine del triennio del Colombo, ha destato un po’ di malumore. Riguardo il messaggio che, anche inavvertitamente, potrebbe essere passato, la psicologa Claudia Bisso ritiene che: “Certamente per affrontare questa tematica occorre avere ben chiaro l’obiettivo e con chi traguardarlo, attraverso metodi e attività precise. È probabile che i ragazzi si siano posti qualche domanda in merito alla differente modalità con cui è stata affrontata la violenza sulle donne e potrebbe anche essere successo che abbiano interpretato la visione del film come una situazione più ‘femminile’ e quindi il pensiero errato che potrebbe scaturire è che, in quanto maschi, non sia un argomento di cui si debbano necessariamente occupare. Una divisione c’è stata e personalmente avrei fatto una scelta differente che coinvolgesse tutti insieme contemporaneamente. È comunque corretto che di violenza sulle donne l’istituto abbia parlato anche ai ragazzi, sebbene in forma differente”. La chiarezza, si auspica, sia giunta nelle case che, per cultura, rappresentano la culla dell’educazione.