di FABRIZIO DE LONGIS
Chi sarà il vicesindaco della Città metropolitana di Genova? È questa la domanda che corre nei palazzi della politica genovese da lunedì scorso, quando lo spoglio delle votazioni tenute il 6 novembre ha dato l’esito delle elezioni di secondo grado, ossia politici eletti che votano ed eleggono altri politici eletti. Sta qui forse la distanza che in questi anni, a seguito della riforma Delrio, ha portato le città metropolitane e le province fuori dai radar dell’opinione pubblica ma non della politica, che molto perno vi fa per il controllo del territorio e quindi del potere.
Per Genova domenica scorsa erano in palio 18 seggi, rispettivamente 12 alla maggioranza, aggiudicata al centrodestra, e 6 all’opposizione, di centrosinistra. Gli eletti, scelti fra i membri dei consigli comunali del territorio metropolitano, sono stati a loro volta votati dagli altri consiglieri con un voto ponderato sul numero di abitanti del comune di cui sono espressione. Esempio chiaro, il voto di un consigliere comunale di Genova vale 1.097, quello di un consigliere di piccolo comune può scendere sotto i 30. Un gioco ai punti che favorisce gli equilibri scelti a tavolino. E qui, in questo marasma poco chiaro, per niente seducente e molto lontano dagli elettori, è la politica a farla da padrona. Nel bene e nel male. Infatti, se di male c’è una partita tutta giocata in casa, estranea al cittadino, nel bene c’è la scelta dei partiti di puntare su candidati che questo territorio lo conoscono e rappresentano (quindi di andare ad eleggere candidati fuori dal genovesato). E quando in campo entrano gli equilibri di coalizione e partito, Cencelli docet, è il potere ad esprimersi al meglio.
Dunque è proprio questo potere da spartire a saltare all’occhio nelle ore in cui si dovrà decidere chi affiancherà Marco Bucci, sindaco di Genova e metropolitano, nella guida della ex Provincia con la carica di vicesindaco. Infatti, se il primo responso delle urne è la vittoria del centrodestra, è il secondo e principale risultato quello che è ancora in ballo: l’assegnazione delle cariche e deleghe.
I nomi in lizza per il ruolo da vicesindaco sembrano essere quattro. Antonio Segalerba, presidente del Consiglio comunale di Chiavari, primo degli eletti nella lista fantasiosamente denominata ‘Per la Città Metropolitana’, Carlo Gandolfo, sindaco di Recco, Claudio Garbarino, consigliere comunale di Torriglia e Franco Senarega, consigliere comunale di Recco.
Un poco defilate le candidature di Fabrizio Podestà, in quota forzista, vicesindaco di Ne’, e di Laura Repetto, assessore di Bussalla che vanta, agli occhi di Bucci, una posizione non critica sui maxi appalti dei rifiuti che Città metropolitana bandirà entro fine anno.
“La chiave di lettura sono il numero degli eletti e non il candidato con più voti”, fanno sapere dai partiti in gioco che rivendicano la posizione di vicesindaco. Un segnale chiaro al primo della lista, Antonio Segalerba, che non sembra poter vantare un retroterra solido come altri suoi concorrenti i cui partiti hanno scelto di non puntare sull’exploit del singolo candidato, ma di confermarne due o tre diversi. Tattica, quella dei totiani, su cui i maligni vedono un segno di debolezza, con la già ritirata candidatura quasi certa del consigliere comunale genovese Lorenzo Pellerano, fedelissimo della neo deputata Ilaria Cavo, uscito dai giochi per non andare alla conta dei voti che, divisi, avrebbero messo a rischio l’elezione di entrambi.
“Il sindaco ha sempre chiarito che sceglierà per competenze e non per voti dei singoli candidati”, precisano ancora. Infatti Marco Bucci una cosa l’aveva premessa in modo chiaro, l’ampio margine discrezionale che si sarebbe riservato per formare la sua squadra di governo della Città metropolitana. Ossia quanti consiglieri delegati vuole e un nominato, appunto, a vicesindaco. “Che poi Carlo Bagnasco è stato vicesindaco cinque anni senza deleghe”, fa sapere uno dei papabili vice, precisando che, come nel caso del sindaco di Rapallo, a contare sono proprio le deleghe. Se non affiancata da qualche competenza attribuita, quindi, la carica di numero due non risulterebbe così ambita. “Perché sarebbe solo una targhetta sulla porta” ribadiscono da palazzo Doria-Spinola.
Allora nessuno sembrerebbe voler mettere il primato sul ruolo di vicesindaco, se tale resterebbe nudo, senza poteri. Perché quello della Città metropolitana, ricordano gli eletti, è un lavoro impegnativo. Ci vuole tempo. Bisogna andare sul territorio. “Governare in città è un conto, andare su un monte per vedere se una strada rischia di franare, un altro”.
Distinguo non da poco dato che le deleghe in gioco, a conti fatti, sono di peso. Purché spogliata di molti poteri, la Città metropolitana conserva delle deleghe delicate come in materia idrica e di sicurezza fluviale, di viabilità provinciale, di certo non facile nel territorio ligure, o per la gestione degli edifici scolastici, messia a dura prova dal caro bollette con condizioni non ottimali degli impianti di riscaldamento (l’Istituto nautico di Camogli vanta un impianto a gasolio), e la spinosissima delega ai rifiuti su cui Bucci sembra voler avere una persona di fiducia per affrontare la possibile espansione della gestione Amiu.
Tutti temi che il sindaco ha voluto affrontare ieri in un incontro a porte chiuse con gli eletti, “per vederci in faccia”, hanno spiegato i presenti. Ad essere toccati sono stati infatti i dossier spinosi che la Città metropolitana dovrà affrontare, senza però alcuna discussione sulle cariche e deleghe. Partita che pare rinviata a settimana prossima. Scadenza entro cui Bucci sembra essere chiamato ad un confronto con i segretari di partito per valutare l’elezione di un vicesindaco nudo o rispettare gli equilibri di partito (“perché i partiti pesano”, ricordano gli eletti). Condizione che sembra mettere in ascesa le quotazioni di nomi quali Senarega e Gandolfo, a dispetto di altri come Segalerba che, nel tentativo di asso piglia tutto da mister preferenze, potrebbe vantare sì l’ottenimento del ruolo da numero due, ma nudo. Spettacolo, diciamocelo, non dei migliori.