di ALBERTO BRUZZONE
Arriva un importante finanziamento, da parte della Regione Liguria, destinato al Comune di Castiglione Chiavarese e, in particolare, mirato a migliorare l’accessibilità fisica e culturale del Museo della Cultura Contadina – Ecomuseo dell’Alta Val Petronio in frazione Velva, nonché a perfezionare l’attuale allestimento del Mucast – Museo Archeominerario in frazione Masso.
In totale, si tratta di centodiecimila euro che rientrano all’interno del progetto denominato ‘Racine’ e volto a individuare alcuni comuni liguri in cui svolgere azioni pilota consistenti, in interventi per migliorare l’accessibilità a luoghi della cultura, e nella sperimentazione di ‘ecosistemi di identità culturale’, fondati sulla valorizzazione della relazione tra patrimonio culturale e comunità locali.
Nello specifico, l’investimento per Castiglione Chiavarese persegue la trasformazione del centro storico della frazione di Velva in una parte integrante del Museo, ampliando il rapporto con le tradizioni culturali del territorio. Da diverso tempo, infatti, è obiettivo preciso dell’amministrazione regionale quello di riequilibrare i flussi culturali e turistici, cercando di fornire molte più occasioni a realtà assai interessanti ma che sono sempre rimaste al di fuori dei circuiti principali: per fare questo, però, è necessario non soltanto promuoverle, ma anzitutto valorizzarle.
Per questo, il filone privilegiato è stato quello della rete dei piccoli musei e degli investimenti per migliorare l’accessibilità alle risorse culturali preferibilmente in zone interne, anche a completamento di iniziative finanziate dalla Regione nel passato, come il completamento del Museo Passatempo a Rossiglione e di quello della Stregoneria a Triora, che costituiscono due poli di attrazione di particolare singolarità.
In questo filone, relativamente al Levante genovese, rientrano anche trentaseimila euro per il Museo del Lascito Cuneo di San Colombano Certenoli e cinquantamila euro per il riallestimento del Museo della Cultura Contadina Alta Val Trebbia, nel comune di Montebruno. In entrambi i casi, si punta a migliorare l’allestimento degli stessi e la loro capacità di porsi in rapporto con i territori di riferimento, per offrire al pubblico una panoramica più vasta delle caratteristiche culturali e umane delle zone circostanti, anche mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie.
Secondo l’assessore regionale alla Cultura, Ilaria Cavo, “sono state attratte importanti risorse a valere sulla programmazione comunitaria, senza pesare sul bilancio regionale, e dando un segnale di attenzione al ‘sistema Musei’: un sistema che in questi anni, anche grazie alla collaborazione con il Mibact, ha visto la promozione di importanti iniziative di respiro nazionale. Penso alla Casa dei Cantautori all’Abbazia di San Giuliano e al Museo dell’Emigrazione alla Commenda di Prè, ambedue in corso di progettazione. Ma il ‘sistema’ ha indubbiamente sofferto, specie in quelle zone a minore fruizione turistica. Quindi, proprio per dare un contributo nel riequilibrare i flussi turistici in una logica di sostenibilità ambientale, abbiamo scelto d’investire prevalentemente in quelle vallate e aree che sono oggi ai margini dei grandi itinerari, ma che costituiscono una componente importante dell’identità e della ricchezza della nostra Regione”.
La collezione del Museo di Castiglione Chiavarese comprende manufatti e attrezzi riguardanti il mondo contadino inseriti, per quanto possibile, nel contesto originario. In particolare sono proposti al visitatore alcuni ambienti caratteristici (cantine, abitazioni, laboratori), conservati nello stato originale. Quanto esposto è costituito principalmente da oggetti e ambienti costruiti, utilizzati e vissuti tra l’inizio del XIX secolo e la metà del XIX, anche se diversi casi rinviano a modelli presenti localmente lungo un periodo assai più ampio; così come la loro provenienza spazia in un ambiente più ampio di quello locale, lasciando intuire un rapporto tra lo ‘spazio di vita’ e lo ‘spazio economico’ della comunità.
Il concetto costitutivo è quello del ‘museo diffuso’, dove il centro storico di Velva, frazione di Castiglione Chiavarese, diventa non solo il contenitore ma anche la parte integrante del museo stesso, ospitando all’interno dei locali caratteristici degli edifici che lo compongono – antiche cantine, ‘fondi’, scantinati e ambienti domestici – le diverse sedi espositive riguardanti momenti e temi specifici della realtà culturale e tradizionale.
Il criterio seguito – anche nell’evoluzione del Museo – è quello di fare in modo che manufatti, attrezzi e ambienti – espressione della cultura locale – rimangano nel loro contesto originario per incontrare il visitatore, che percorre l’itinerario del ‘carruggi’ e porticati del centro storico, secondo una proposta museografica che conserva non solo la suggestione ma anche la verità storica del loro ‘vissuto’.
Il Museo, con il supporto di foto e audiovisivi, si propone di illustrare la relazione che intercorre fra gli oggetti e il loro uso configurando i contesti entro cui e per cui essi sono nati e svolgono, o svolgevano, la loro funzione, così da descrivere il ‘mondo’ culturale della vita quotidiana di una comunità tradizionale del nostro entroterra.
Gli ambienti scelti intendono poi evidenziare le differenze storicamente esistenti nei vari settori della comunità locale, caratterizzata da una marcata stratificazione sociale, rimuovendo lo stereotipo di un ‘mondo contadino’ piatto e omologato: nel contesto abitativo, ad esempio, si affiancano gli spazi domestici vissuti da un nucleo familiare mezzadrile con quelli di una famiglia di medi proprietari/artigiani, mentre in quello produttivo si confrontano gli spazi e l’organizzazione di una piccola cantina colonica con quelli di una cantina padronale. Un locale è, inoltre, destinato ad usi didattici o culturali.
Velva rappresenta una delle testimonianze meglio conservate di borgo rurale dell’entroterra del levante ligure, la cui lettura consente di cogliere gli aspetti salienti del contesto storico/culturale locale. L’osservazione attenta delle strutture insediative lascia intendere gesti e abitudini non fissati in un dato istante, ma sviluppati nell’evoluzione di una comunità che ha vissuto la propria quotidianità non condizionata da vincoli estranei ai bisogni che, via via, si manifestavano.
Il borgo si propone come chiave di lettura del ‘paesaggio culturale’ circostante e della sua complessità, suggerendo come la cultura popolare abbia inciso con la propria sapienza tecnica di antica matrice sulla configurazione architettonica e testimoniando come gran parte delle strutture siano state realizzate sulla base di un ‘sapere’ costruttivo tramandatosi per modelli mentali – frutto di lunga tradizione storica, e quindi funzionante come criterio di comportamento – piuttosto che per modelli fisici.
Il quadro cronologico nello sviluppo di Velva può essere sintetizzato in due momenti fondamentali: il primo, ascrivibile all’età medievale, comprendente i corpi più ‘monumentali’, sia per proporzioni che per cura dei parametri murari; il secondo, che ricopre tutta l’età moderna, produce volumi meno importanti e/o di completamento. La rete di percorsi che attraversano la borgata evidenzia la marcata distinzione fra il tracciato di collegamento interpaesano e la restante maglia di ‘carruggi’: il primo passa a margine della vita del paese ponendosi come servizio territoriale e consentendo o determinando il passaggio spedito per chi non era interessato alla sosta o per stranieri e sconosciuti (su questo tracciato non si aprono ingressi di abitazioni, ma solo accessi a cantine e ‘fondi’, e le finestre sono munite di inferriate). Diversa la struttura dei percorsi interni, in cui le articolazioni e gli spazi sono strettamente funzionali all’accoglienza, alla vita quotidiana e alla sua convivialità, così come alle pratiche di lavorazione dei prodotti agricoli. Un posto tutto da scoprire insomma, e assolutamente da valorizzare.