di SABINA CROCE
“Allora signora, la visita va bene e gli esami anche. Può andare avanti con la sua terapia. Ma mi dica, lei a che punto è con la vaccinazione anti CoViD?”.
“Non mi sono ancora prenotata, dottoressa. Se ne sentono tante, aspetto ancora un po’”.
“E cosa aspetta, signora? Di prendersi il CoViD? Guardi che lei rientra in una fascia di età a rischio, ha 62 anni; e sebbene, grazie anche alle medicine che prende, gli esami siano tutti a posto, non si può proprio ritenere immune da rischio di malattia grave in caso di infezione. E poi ormai il virus circola anche in fasce di età che una volta erano ‘al di sopra di ogni sospetto’ e quindi può far danni anche lì. Anzi, oramai il virus circola e fa danni soprattutto – si può dire quasi ‘solo’ – tra i non vaccinati, di tutte le età”.
“Sì ma le informazioni che girano sono tante, e contraddittorie: AstraZeneca prima per i giovani, poi per i vecchi, poi di nuovo per i giovani, e adesso non lo vuole più nessuno e non lo fanno praticamente più; e poi i morti ci sono stati, lo abbiamo visto tutti, e tutti quegli esperti che in televisione dicono tutto e il contrario di tutto: uno come fa a fidarsi? Io ho paura dottoressa. In fondo finora mi è andata bene…”.
“Ha ragione signora, le informazioni ci bombardano da ogni parte e spesso riescono solo a confondere. È per questo che è bene che ciascuno parli col proprio dottore e si lasci consigliare”.
“Vede signora, la strategia vaccinale possiamo vederla un po’ come la campagna di una guerra. Man mano che il nemico si sposta e cambia strategia, è logico che ci si adegui ai cambiamenti di fronte. Cosa penserebbe di un generale testardo che non cambiasse mai posizione e si lasciasse aggirare dal nemico solo per non smentirsi di fronte ai superiori o alle truppe? Allo stesso modo, sebbene il pubblico possa essersi sentito un po’ confuso, bisogna pensare che spesso le strategie sono state adeguate in corsa, di fronte ad una situazione che cambia spesso, e che purtroppo, se non riusciamo a completare tutti la vaccinazione, cambierà sempre di più”.
“Gli esperti poi sono stati riuniti, dalla pubblica opinione e da un’informazione non corretta, sotto la comune definizione di ‘virologi’. In realtà abbiamo sentito medici ospedalieri, virologi, immunologi, epidemiologi, anestesisti, rianimatori, e chi più ne ha più ne metta. Ciascuno di questi impegnati a studiare un fenomeno, nuovissimo per tutti, dal proprio particolare angolo di visuale. Non è strano che ciascuno abbia dato la propria versione di ciò che vedeva. Al di là di errori di valutazione sempre possibili di fronte ad una novità assoluta come questa, e in generale sempre ammessi con onestà, ogni esperto ha dato la sua valutazione del pezzetto di problema di sua competenza: non è strano che queste valutazioni non coincidano. Non è strano nemmeno che si contraddicano, perché per gli scienziati la contraddizione è metodo di lavoro. La sintesi di posizioni diverse arriva, a volte anche dopo un iter complicato, con la formulazione di linee guida che tengano conto delle tante sfaccettature della realtà, nell’interesse del cittadino e di tutta la popolazione. Di questa sintesi dobbiamo fidarci, perché prima che abbiamo certezze su questo argomento dovranno passare ancora molti anni, temo. Nel frattempo, qualcosa dobbiamo fare, di qualcuno ci dobbiamo fidare. Fidiamoci delle autorità sanitarie, e del nostro medico che ci conosce”.
“Ma appunto dottoressa, io non mi fido. Non che non mi fidi di lei, però questi vaccini allestiti in così poco tempo potrebbero non essere sicuri. I morti ci sono stati, gli effetti collaterali anche. In pratica mi pare che stiamo facendo da cavie…”.
“Non è così, signora. I vaccini sono stati messi a punto in poco tempo, è vero, ma le tecnologie erano già a disposizione, e il tempo ridotto è stato compensato dalla vastità mai vista degli sforzi fatti e dal numero di soggetti reclutati contemporaneamente in tutto il mondo. Quello che oggi abbiamo a disposizione non può in alcun modo essere considerato sperimentale. Un farmaco sperimentale non può essere somministrato liberamente alla popolazione. Si tratta invece di farmaci sperimentati ed approvati in tempi miracolosamente brevi, con una tempestività che dovrebbe evocarci gratitudine, e non paura”.
“Non esiste forse nessun altro farmaco che abbia un rapporto rischio/beneficio così favorevole come i vaccini. È paradossale che la gente, a causa di informazioni scorrette e a volte non disinteressate, si ritrovi ad avere più paura del vaccino che della malattia. Per restare nel campo del CoViD, se il rischio di trombosi è, mettiamo, di 10 casi ogni milione di vaccinati, risulta di 165.000 casi ogni milione di ammalati: come si fa a paragonare questi due rischi?”.
“Perché è vero che farsi il vaccino comporta un rischio. Gli effetti collaterali sono noti e sono stati ampiamente ( fin troppo e non sempre bene ) illustrati da tutti i mezzi di informazione e dai social network. Queste informazioni però vanno lette alla luce dell’enorme numero di vaccinazioni somministrate contemporaneamente nella campagna vaccinale di gran lunga più poderosa della storia. Prenda il bugiardino di un qualunque farmaco di largo consumo, che ne so, un antinfiammatorio, o un gastroprotettore, roba che noi italiani trangugiamo in quantità industriali senza darcene il minimo pensiero. Vi troverà degli effetti collaterali anche gravi o gravissimi, fino al rischio di morte, elencati come ‘rarissimi’: un caso su 10.000 persone. Si immagini dunque se trenta milioni di italiani intraprendessero contemporaneamente la stessa terapia. Dovremmo dunque aspettarci tremila casi gravissimi o letali. Quanti casi letali ha contato come conseguenza del vaccino in Italia? Ognuno di essi è un lutto per tutti, come del resto gli oltre centoventisettemila morti per CoViD. Ma non c’è paragone tra il rischio del vaccino e quello della malattia”.
“Quello che non dobbiamo dimenticare invece è che il rischio zero non esiste, a maggior ragione nel bel mezzo di una pandemia, e quindi dobbiamo cercare di scegliere il rischio minore; e soprattutto che nessuno ci ha dato il diritto ad una vita priva di rischi, purtroppo. Abbiamo invece diritto alla miglior sanità possibile in quel dato momento e relativamente alle condizioni individuali e collettive: e adesso abbiamo la vaccinazione libera, quando vogliamo, dove vogliamo, col vaccino che vogliamo. Un privilegio che nella maggior parte del mondo la gente se lo sogna: come facciamo a lamentarci?”
“Sì ma io il CoViD posso cercare di non prendermelo, mentre il vaccino dovrei scegliere di farmelo…”.
“Non sia così sicura di se stessa, signora. Per ora non se lo è preso, è vero, ma adesso gira una variante che è infinitamente più contagiosa, anche se per adesso sembra meno letale; e poi, pensa di vivere per sempre in un bunker?”.
“E se fosse? Se per me va bene così, in fondo che male faccio? Sono io che corro i rischi”.
“Eh no, signora, non è così che funziona. Perché al supermercato ci andrà comunque, prima o poi ci sarà qualche matrimonio o battesimo in famiglia a cui non si potrà sottrarre, al lavoro dovrà ben andare, magari prendendo l’autobus. È vero che in linea teorica lei potrebbe permettersi di correre il rischio di non vaccinarsi perché oggi il virus circola meno grazie ai tanti che, invece, il rischio del vaccino, piccolo o grande che fosse, lo hanno corso, anche per lei che lo rifiuta. Ma questo è un privilegio che dovremmo lasciare a chi veramente non può vaccinarsi, per comprovati motivi di salute. Loro sono quelli da proteggere”.
“Ma soprattutto è vero che, finché la stragrande maggioranza della popolazione non è vaccinata, il virus corre. E finché corre, il virus muta, è nella sua natura. L’unico modo per fermarlo sarebbe che tutti contemporaneamente fossero vaccinati. Uscito dal suo ultimo ospite sensibile, il virus non troverebbe intorno a sé che individui immuni: non gli resterebbe che morire. Invece finché trova ospiti non immuni può replicarsi e mutare: e dunque, chi ci dice che la prossima variante non sarà tale da colpire anche chi si è già vaccinato, vanificando così tutto quello che si è fatto finora? E se venisse fuori una variante che colpisce e uccide soprattutto i giovani? O i bambini? È fondamentale impedire questa eventualità vaccinandoci tutti”.
“E per mia figlia cosa mi dice, dottoressa? Ha trent’anni ed è incinta, non sa che cosa fare. Il vaccino sarà pericoloso per il bambino?”.
“Le rispondo come prima, signora: quello che ci si dovrebbe chiedere è se il CoViD19 può essere pericoloso per il bambino. Bisognerebbe ricordare che anche per un’infezione asintomatica o lieve in una persona giovane o in un bambino o in un feto non sappiamo assolutamente, e forse non lo sapremo per molti anni, quali possono essere le conseguenze a lungo termine a livello di molti organi ed apparati. Tutte le associazioni professionali dei ginecologi consigliano il vaccino per le gravide sane. Quindi si, secondo me anche sua figlia si dovrebbe vaccinare”.
“Riassumendo, chi si vaccina protegge innanzitutto se stesso, dalle varianti presenti e da quelle eventuali future; e poi protegge anche gli altri. Chi non lo fa, mette a rischio se stesso, e fin lì ci può anche stare, ma anche tutta la comunità. La mia libertà finisce dove inizia la tua: questo aforisma l’ho sentito citare mille volte negli ultimi mesi, di volta in volta attribuito a Kant, a Voltaire, perfino a Martin Luther King. A me lo ha insegnato la maestra alle elementari: la migliore lezione di educazione civica che mi sia stata impartita, e non l’ho più dimenticata”.
“Grazie dottoressa, mi ha convinto: può prenotarmi lei?”.
(Questo sarebbe il finale ideale, ma mi accontenterei anche di un sincero: “Grazie dottoressa, ci penserò su”).