di SABINA CROCE *
Presto riapriranno gli asili e le scuole, e molti genitori sono sempre più confusi, date le polemiche feroci e fuorvianti che accompagnano questo argomento e l’atteggiamento ambiguo e inconcludente assunto dal presente governo su quale sia la condotta da tenere in merito alle vaccinazioni dei propri figli.
Cerchiamo qui di fare un po’ di chiarezza sulle tante domande che si pongono i malcapitati genitori di bambini piccoli, chiamati a fare delle scelte nell’interesse di minori che non possono farle in prima persona.
Come funziona un vaccino?
La vaccinazione sfrutta a nostro vantaggio le enormi potenzialità del nostro sistema immunitario. Questo sistema entra in funzione ogniqualvolta il nostro organismo viene in contatto con elementi (batteri, virus) potenzialmente pericolosi e portatori di malattie. Immediatamente vengono prodotte e introdotte nel circolo sanguigno cellule e molecole che iniziano un contrattacco, mediante un’adesione prima generica, poi col passare dei giorni via via sempre più specifica ed efficace, alla superficie del ‘nemico’, ottenendo il risultato di isolarlo, impedirne il funzionamento ed eliminarlo dall’organismo. Naturalmente questo processo richiede qualche giorno, o settimana, e se l’attacco è massivo può non arrivare in tempo ad impedire gravi danni alla salute dell’ospite (in questo caso, del nostro bambino).
Cosa si fa con la vaccinazione?
Si agisce quando l’ospite (il bambino) è in piena salute, mettendolo a contatto con parti del virus, o virus uccisi e per questo non più nocivi, o virus resi meno aggressivi da un pre-trattamento, o altri prodotti creati dai ‘nemici’, e si creano in massima sicurezza le condizioni per una risposta immunitaria specifica già pronta all’uso nel caso il bambino entri in futuro in contatto con l’agente pericoloso. Così la risposta, preparata per tempo, sarà rapida ed efficace e il bambino non contrarrà la malattia o, male che vada, ne contrarrà una forma blanda e meno nociva.
Ma è vero che pur vaccinandosi non tutti i bambini risultano protetti e che addirittura potrebbero sviluppare la malattia proprio a causa del vaccino?
In casi molto molto rari alcuni bambini in cui il sistema immunitario non funziona bene potrebbero non sviluppare l’immunità dopo il vaccino. E per salvaguardare questi bimbi, come tutte le altre persone che non hanno efficaci difese immunitarie, vedremo che l’unica politica efficace è quella di raggiungere la cosiddetta immunità di gregge.
Per quanto riguarda il rischio di sviluppare la malattia contro la quale si è stati vaccinati, questo non può in alcun modo avvenire quando il vaccino si avvale di parti della superficie di virus o batteri, o di tossine come quella tetanica, o di virus uccisi, perché ciò che viene inoculato non è in grado di provocare alcuna infezione in quanto non è in grado di replicarsi all’interno dell’ospite. E’ soltanto un inerte ‘modello’ per la formazione adeguata e specifica di anticorpi e linfociti T, i soldati del sistema immunitario.
Rientrano in questo caso i vaccini del gruppo esavalente (contro epatite B, poliomielite, tetano, difterite, emofilo e pertosse), il vaccino contro il meningococco, quello contro lo pneumococco e quello contro il papilloma virus. Tutte queste malattie possono avere un decorso terribile e devastante, a volte anche mortale in una variabile percentuale di casi, e vengono invece evitate dai vaccini praticamente in tutta sicurezza. Ciò che vogliamo per i nostri bambini in tutti questi casi è chiaro ed evidente.
L’altra faccia della medaglia di questa sicurezza è che l’immunità indotta da questi vaccini composti da pezzi di virus/batteri o da virus uccisi non dura per sempre, e quindi nel corso della vita richiederà dei richiami, anche questi sicuri.
L’unico rischio (rarissimo) che si può accompagnare all’iniezione di questi vaccini è la reazione anafilattica, una reazione allergica molto violenta e pericolosa.
Ma questo vale anche per una qualsiasi altra sostanza, farmacologica e non, che nel corso della vita venga iniettata, e a volte perfino ingerita o inalata: l’antibiotico somministrato per una febbre ribelle, farmaci comuni di cui si fa largo uso in pediatria, e qualunque sostanza con cui si venga in contatto per la prima volta. La differenza con gli esempi qui riportati è che la vaccinazione si fa nello studio del pediatra o presso l’Asl, e quindi basta aspettare una mezz’ora prima di andarsene per essere certi di aver superato il rischio. Se per sfortuna invece la reazione anafilattica si presentasse, il personale sanitario è perfettamente in grado di affrontarla.
Qualora vengano iniettati dei virus vivi attenuati (è il caso di morbillo, parotite e rosolia, cioè il vaccino MPR, e della varicella), le cose sono un po’ diverse. Questi virus provocano in effetti una mini-infezione in forma più blanda. La cosa buona è che proprio come un’iniezione spontanea essi provocano un’immunità assoluta e definitiva.
Il rovescio della medaglia è che essi non possono essere iniettati nella persone immunodepresse e nelle donne incinte, anche sane, perché non si può escludere che i virus raggiungano il feto e lo danneggino. Anche in questo caso, come vedremo, l’unica difesa di queste persone non vaccinabili è l’immunità di gregge.
Come una vera infezione, ma in scala ridotta, questa vaccinazione può avere un’evoluzione sfortunata. Prendiamo il caso del morbillo.
Il morbillo è una malattia contagiosissima, potenzialmente molto pericolosa, e incredibilmente sottovalutata. Si trasmette attraverso le goccioline di saliva con un’efficacia che supera il 90%. Se nella maggior parte dei casi i sintomi si riducono a febbre, rinite, laringite e congiuntivite, piuttosto fastidiose ma non pericolose per la salute e per la vita, tuttavia nelle vere infezioni si corre un rischio non piccolo di un aggravamento delle condizioni respiratorie, e complicanze gravi come l’encefalite, che può anche essere mortale. Il rischio di encefalite in caso di morbillo vero e proprio è di 1:1000. Questo significa che se si prende il morbillo senza essere stati vaccinati si ha una possibilità di uno su mille che la malattia evolva in encefalite, che spesso è mortale e che comunque può lasciare esiti permanenti molto gravi. Dopo una vaccinazione, il rischio di encefalite è meno di uno su un milione. Quindi, se il bambino è sano e non immunodepresso, vale comunque la pena di vaccinarlo. È una questione di probabilità.
Ma io ho sentito dire, anche da medici, che i vaccini provocano l’autismo.
Nel 1988 un medico disonesto e corrotto, successivamente radiato dall’albo, pubblicò uno studio su 12 (12!) pazienti nel quale si evidenziava una correlazione tra la somministrazione del vaccino MPR (morbillo parotite rosolia) e l’insorgenza di autismo. Fu poi dimostrato che il dottore si era fatto convincere a ‘fabbricare’ i suoi risultati da avvocati altrettanto disonesti decisi a intraprendere una class action (un’azione legale multipla) contro i fabbricanti di quel vaccino. In seguito lo stesso medico si mise in società con il padre di uno dei piccoli pazienti descritti nello studio per la produzione di vaccini singoli per le stesse malattie.
Nessuno studio intrapreso successivamente anche su popolazioni molto ampie ha mai dimostrato alcuna correlazione tra l’autismo e la somministrazione dei vaccini. L’unica caratteristica che accosta i due eventi (la somministrazione del vaccino e la diagnosi di autismo) è una sovrapposizione di carattere temporale, perché il vaccino trivalente viene somministrato approssimativamente nella fascia di età nella quale si cominciano ad evidenziare i segni dell’autismo.
Pressappoco è come dire che se un gatto nero ti attraversa la strada e poi una macchina ti investe, la colpa è del gatto.
Cos’è l’immunità di gregge, e perché è così importante?
Per capire il concetto di immunità di gregge, bisogna avere chiaro il funzionamento di un virus.
Il virus, anche il più letale, il più pericoloso, il più contagioso, ha bisogno di un ospite nel quale riprodursi e imperversare e dal quale diffondersi su altre vittime. Senza l’ospite (che in questo caso siamo noi, e i nostri bambini), il virus morirà senza scampo in un tempo più o meno breve. Senza l’ospite da infettare, il virus muore.
Per questo è così importante che il massimo numero possibile di persone nella popolazione si vaccini: perché quando il virus ha finito di imperversare nel suo ospite e vuole uscire ad infettarne altri, se non trova nessuno in cui introdursi impunemente avrà i giorni contati. E la malattia potrà dirsi ufficialmente sconfitta, in via definitiva. Allora non ci sarà bisogno per nessuno di vaccinarsi per quella malattia.
È successo negli anni Ottanta con il vaiolo. Oggi non c’è più bisogno di vaccinarsi contro il vaiolo, una malattia terribile che nel mondo e nei secoli ha mietuto milioni di vittime e segnato milioni di altri in via permanente, e che oggi non esiste più.
Nel frattempo, l’immunità di gregge è l’unico modo per proteggere tutte le persone che non si possono vaccinare: donne incinte non immuni, bambini e in genere persone immunodepresse a causa di malattie o di terapie che stanno assumendo.
È veramente sconfortante il fatto che bambini che hanno sconfitto il cancro siano costretti a morire di morbillo perché a scuola vengono in contatto con bimbi non vaccinati, o a rinunciare, pur essendo guariti, ad una vita normale in mezzo agli altri bimbi solo perché potrebbero contrarre il morbillo, malattia per loro certamente sempre pericolosissima.
Ma io da piccolo ho avuto tutte le malattie, e non mi è successo niente.
È vero che una volta i vaccini non c’erano. Nella maggioranza dei casi si prendevano le varie malattie in età scolare (venivano infatti chiamate malattie infantili) e come andava andava. Di solito andava a finire abbastanza bene, e pazienza per chi invece ci restava. Chi scrive ha avuto un’amica un po’ più grande morta di tetano, uno segnato per sempre dalla poliomielite e molti pazienti resi sterili da una parotite contratta dopo la pubertà.
Ma oggi abbiamo a disposizione molti strumenti per rendere la vita molto più sicura per tutti, perché rinunciarvi? Una volta non c’erano le cinture di sicurezza, i seggiolini in macchina per i bambini, i caschi per chi andava in moto, prima ancora non c’erano gli antibiotici. Non dareste a vostro figlio un antibiotico che il medico gli prescrive per superare un’infezione? Se portate vostro figlio in macchina, non lo mettete sul seggiolino? Non lo assicurate a dovere? Se quando è più grande lo vedete in motorino senza casco non gli dite niente solo perché da giovani siete andati in giro senza casco e non vi è mai successo niente?
Anche chi va in guerra non sempre ci muore. Ma resta una faccenda pericolosa.
Quando si devono fare le vaccinazioni? I bambini sono così piccoli quando cominciano, non sarebbe meglio aspettare un po’? E poi, tutti quei vaccini insieme, non gli faranno male?
Le vaccinazioni vanno fatte quando sono prescritte, perché la prescrizione si basa proprio sul calcolo del momento più opportuno per raggiungere il massimo risultato.
Durante la gravidanza, la mamma condivide col feto la propria circolazione sanguigna, col risultato che al momento della nascita il bimbo porta con sé un nutrito corredo anticorpale, identico a quello di sua madre, che lo aiuta nel momento in cui viene a contatto col mondo, quando il sistema immunitario si deve ancora strutturare per rispondere agli attacchi esterni.
Dopo la nascita, gli anticorpi di origine materna lentamente vanno diminuendo nel circolo del bimbo, e verso i sei-otto mesi saranno quasi del tutto spariti.
Naturalmente, la mamma passerà al suo bimbo solamente gli anticorpi che ha nel suo circolo sanguigno, e per nessuna ragione potrà passargli quelli che non ha. Se la mamma non ha avuto la varicella, il morbillo o la rosolia e non è stata vaccinata, non gli potrà passare questi anticorpi. E il bimbo nella fase in cui è immunitariamente più indifeso non potrà usufruire di questa protezione materna.
Per questo le donne che programmano una gravidanza devono verificare se possiedono l’immunità (per vaccinazione o per malattia) verso alcune di queste patologie potenzialmente pericolosissime per il loro bimbo e vaccinarsi prima di intraprendere una gravidanza.
Inoltre è importante sapere che fino a che il bimbo ha in circolo gli anticorpi della mamma, non può essere vaccinato perché il vaccino rischierebbe di non funzionare. Quindi il momento di vaccinare è: il più presto possibile non appena sono scomparsi gli anticorpi materni, ma quando il bimbo ha maturato un sistema immunitario funzionante. Cioè proprio quando il pediatra o l’Asl prescrivono le vaccinazioni.
Questo però implica che ci possa essere un periodo di qualche settimana o qualche mese in cui gli anticorpi materni non ci sono più, e il bimbo non può ancora essere vaccinato.
E qui torna in gioco l’immunità di gregge, unica in grado di proteggere i bambini in questa fase così delicata. Se tutti sono vaccinati intorno a lui, il bambino sarà più protetto.
E non si deve aver paura che troppi vaccini facciano male al bambino. Per come funziona il sistema immunitario, ogni stimolazione vaccinale agisce su una singola popolazione linfocitaria e anticorpale. Il sistema immunitario a quell’età entra in contatto quotidianamente con agenti esterni che stimolano popolazioni anticorpali centinaia di volte più numerose di quelle di tutte le vaccinazioni messe insieme, e se la cava alla grande.
E’ possibile che tutta questa campagna pro-vaccini sia governata da interessi economici? Perché una volta le vaccinazioni non erano obbligatorie per legge e adesso invece sì?
Il complotto di Big Pharma è una delle tesi che circolano nel web con maggiore successo. Nel caso dei vaccini però è molto difficile da sostenere, perché la maggior parte dei vaccini ha un costo irrisorio in quanto sono prodotti il cui brevetto è scaduto da un pezzo. Le case farmaceutiche hanno ben poco da guadagnare sui vaccini, mentre di certo guadagnano ben di più sulle malattie che derivano dalla mancata vaccinazione e sulle loro complicazioni, per le quali possono produrre farmaci sempre nuovi e di certo più costosi. Le case farmaceutiche non hanno alcun interesse a che la popolazione si mantenga il più possibile sana.
Quanto al fatto che le vaccinazioni siano rese obbligatorie (o che lo dovrebbero essere) con tanto di controllo sulla effettiva avvenuta immunizzazione della popolazione, questa è (o dovrebbe essere) una prerogativa dello Stato, nel momento in cui l’immunità di gregge venga a mancare, ed un suo preciso dovere per tutelare sia i bambini che non vengono vaccinati per decisione dei loro genitori (i quali si assumono una responsabilità tremenda nei loro confronti verosimilmente credendo di agire per il meglio) sia tutti gli altri bambini, i piccoli sani che non possono ancora essere vaccinati, le donne incinte non immuni, i bambini malati immunodepressi, e anche tutta la comunità, perché nel momento in cui raggiungessimo l’immunità di gregge per tutte queste malattie allora sì che, come per il vaiolo, non dovremmo più vaccinare nessuno.
* (L’autrice di questo articolo ha esercitato per trentacinque anni la professione di medico specialista in ginecologia e ostetricia, e si è trovata mille volte a consigliare le sue pazienti in merito al problema dei vaccini, questione peraltro di competenza più pediatrica che ginecologica, ma spesso le pazienti conservano un legame speciale di fiducia con chi le ha seguite durante la gravidanza.. Per la stesura di questo articolo, oltre alla propria personale esperienza professionale, si è appoggiata ampiamente al libro di Roberto Burioni ‘Il vaccino non è un’opinione’, Mondadori 2016. Il libro, scritto da uno specialista della materia, è di lettura agevole per chiunque voglia approfondire la questione, è ricco di esempi e di documentazione scientifica, e fornisce un orientamento esaustivo sul tema dei vaccini).