di ANTONIO GOZZI
Riportiamo di seguito il discorso che Antonio Gozzi ha tenuto lunedì 16 ottobre in occasione dell’inaugurazione del nuovo treno di laminazione per travi dello stabilimento siderurgico Duferco di San Zeno Naviglio (Brescia).
Voglio ringraziare Voi tutti che ci fate l’onore, così in gran numero, di partecipare alla festa per l’inaugurazione del nostro nuovo laminatoio.
In particolare voglio ringraziare:
Il Governo italiano rappresentato dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso,
Il Governatore della Lombardia Attilio Fontana,
Il Ministro Presidente della Ragione Wallonia del Belgio Elio Di Rupo,
Il Presidente di Confindustria Carlo Bonomi,
I sindaci di San Zeno Marco Ferretti e di Poncarale Antonio Zampedri,
Altre Autorità civili e militari,
Uomini e donne delle banche e delle istituzioni finanziarie presenti,
Il personale tutto dei nostri stabilimenti di Duferco Travi e Profilati operai, tecnici, ingegneri che, insieme alla ditta fornitrice SMS, si sono prodigati in questi tre anni per la realizzazione dell’impianto che oggi inauguriamo,
E infine ultimi ma non ultimi i nostri colleghi siderurgici insieme ai nostri clienti e ai nostri fornitori che ci fanno l’onore di essere qui presenti in gran numero testimoniando dell’amicizia e della solidarietà che vivono nella comunità italiana dell’acciaio.
Mi piace iniziare questo mio breve discorso accomunando due belle storie che in qualche modo hanno a che fare con il fatto che noi siamo qui oggi.
La bella storia dei nostri padri siderurgici lombardi e veneti che nel secondo dopoguerra senza soldi e quasi tutti di umili origini, quando Greta Thunberg era ancora nel mondo dei sogni, inventarono una straordinaria macchina di economia circolare capace di produrre acciaio come si dice oggi ‘decarbonizzato’ e cioè fatto non con il carbone ma con i forni elettrici alimentati dalle centraline idroelettriche delle valli prealpine.
E la bella storia di Elio Di Rupo che ancora ringrazio per la sua presenza.
Noi abbiamo conosciuto Di Rupo più di 25 anni fa quando Duferco investì molto, aiutata dalla finanziaria regionale, nella siderurgia della Wallonia. Da allora il rapporto si è mantenuto costante con un’amicizia che è andata al di là dei semplici rapporti istituzionali. Di Rupo, figlio di immigrati italiani giunti in Belgio dall’Abruzzo nel 1947, orfano di padre a solo 1 anno, è stato capace di affermarsi nella politica belga fino a diventare nel 2011 primo Ministro di quel paese, il primo primo ministro di origine non belga.
Cosa hanno in comune queste due belle storie?
Entrambe dimostrano la capacità degli italiani di affrontare le difficoltà, di trasformarle in opportunità, di essere ottimisti, creativi ed adattivi, di fare del bisogno una straordinaria molla di crescita.
Nel nostro piccolo, qui a San Zeno, abbiamo cercato di essere così.
La realizzazione di questo impianto è il coronamento di un sogno che la nostra famiglia ha da quasi 30 anni e cioè da quando Duferco divenne proprietaria di questa fabbrica insieme a quelle di Pallanzeno in Piemonte, di Giammoro in Sicilia e di San Giovanni Valdarno in Toscana, rilevandole tutte da un fallimento.
Il sogno era quello di completare qui a San Zeno il ciclo produttivo e di avere finalmente un impianto integrato ed efficiente che oltre a produrre acciaio grezzo lo trasformasse in prodotti finiti.
Quando nell’ormai lontano 1995 Bruno Bolfo mi chiese di occuparmi di questa azienda noi non eravamo industriali ma commercianti di ferro e all’emozione per il ritorno alle origini bresciane della mia famiglia si mischiava una forte apprensione sulla nostra reale capacità di fare un nuovo mestiere e di governare macchine così pesanti e complesse.
Anche se Bruno, in quella occasione, mi aveva trasmesso tranquillità e sicurezza della visione e della guida come ha fatto in tutti questi anni di Duferco, in quella tarda primavera del 1995 ero qui da solo. Poi arrivarono Domenico Campanella, Franco Monteferrario, Massimo Croci, Maurizio Bergonzi, Ezio Palmisani, Agostino Conte ed Arturo Michelini che purtroppo non c’è più. Questi uomini ci aiutarono nello sforzo di far sopravvivere un’azienda difficile che, fino ad allora, era passata da una crisi all’altra.
Iniziammo a cimentarci con l’immane compito di gestire grandi complessi industriali, a comprendere l’importanza del territorio e dell’ambiente che circonda l’industria, l’inerzia degli impianti, la fatica degli operai, l’importanza e il valore del dialogo sociale, la complessità della tecnologia, l’indispensabilità della gerarchia e di una gestione ordinata, tenace, paziente del potere.

Ci aiutarono anche i bresciani, non solo i nostri collaboratori in fabbrica, ma anche clienti e fornitori e soprattutto i colleghi della siderurgia che invece di vederci con diffidenza e sospetto, noi ‘foresti’ venuti da fuori, ci accolsero con l’amicizia, la generosità lo spirito di collaborazione tipico dei bresciani.
Voglio ricordare al riguardo due grandi vecchi che oggi purtroppo non ci sono più ma che hanno segnato indelebilmente il mio arrivo qui. Il primo è Aldo Artioli della ASO, il papà della Paola che venne a trovarmi pochi giorni dopo il mio arrivo a San Zeno per spiegarmi e insegnarmi le regole di solidarietà vigenti nella comunità siderurgica bresciana e in particolare quella più importante: che se un’azienda brucia il trasformatore le altre, senza compenso, devono temporaneamente mettere a disposizione il loro di riserva.
Il secondo è l’indimenticabile Gian Brunori, papà di Ruggero, che la prima volta che venne a trovarci in fabbrica con un colpo d’occhio immediato mi disse “perché non ci fai un treno di laminazione sotto l’acciaieria?” e alla mia risposta “perché non ho i soldi” mi disse “lo farai comunque e ti pentirai di non averlo fatto prima”.
Essendo riusciti a sopravvivere, anche grazie a questi consigli, abbiamo coronato il sogno realizzando l’investimento che oggi alla vostra presenza si inaugura.
Si tratta del più moderno impianto del suo genere in Europa, il “best cost producer”, completamente alimentato da energia verde e predisposto per essere governato da sistemi di intelligenza artificiale. Un treno di laminazione, come si dice in gergo, per la produzione di una gamma completa di travi in acciaio per costruzioni che avrà una capacità di 700.000 tonnellate annue.
Il nuovo treno di laminazione realizzato tramite un ingentissimo investimento, in gran parte autofinanziato, ha consentito la creazione di 150 nuovi posti di lavoro diretti.
La collocazione geografica del nuovo impianto, perfettamente baricentrica rispetto ai mercati europei, e la tecnologia innovativa consentiranno al sistema industriale italiano, ed in particolare al comparto dell’elettrosiderurgia, di disporre di una macchina estremamente competitiva nel mercato di riferimento.
In questi giorni così difficili e tragici dinanzi alle atrocità commesse in Israele e all’aggressione di quel Paese a cui va la nostra attenzione e il nostro cuore, e alle sofferenze della popolazione civile di Gaza, parlare di industria e celebrare un nuovo impianto a taluni potrebbe sembrare inopportuno e paradossale.
Io ritengo invece che ci sia una grande coerenza con l’esigenza di rafforzare la nostra economia e l’Occidente rivendicando a pieno titolo la forza delle nostre democrazie e dei nostri valori.
Realizzare un investimento di questo tipo significa anche essere ottimisti ed avere fiducia nel futuro. Noi di Duferco siamo stati forse un po’ temerari ma anche fortunati perché i risultati molto positivi del 2021 e 2022 ci hanno permesso di finanziare gran parte dell’investimento.
L’ottimismo e la fiducia nel futuro fanno parte del bagaglio dei siderurgici italiani.
Noi siamo orgogliosi di far parte di questa famiglia.
Si tratta di un comparto di eccellenza dell’industria manifatturiera nazionale.
Gli elettrosiderurgici italiani sono campioni europei di decarbonizzazione, perché non esiste un altro paese dell’Unione che produce più dell’80% del suo acciaio con il forno elettrico e quindi praticamente con bassissime emissioni di CO2.
E quindi affrontano con la fiducia e la determinazione necessarie la difficilissima fase della transizione energetica aspirando a diventare presto i campioni mondiali nella produzione di acciaio green.
Le famiglie proprietarie delle imprese del nostro settore, superando anche momenti difficili come quello del Covid, sono state e sono impegnate in grandi campagne di investimenti in impianti, in protezione ambientale, in sicurezza sui luoghi di lavoro, in innovazione di processi e prodotti, in energie rinnovabili, in strumenti di decarbonizzazione.
Le famiglie proprietarie hanno reinvestito sistematicamente gli utili realizzati senza far mancare mai alle loro aziende l’indispensabile supporto degli azionisti e senza chiedere allo Stato contributi di sorta.
Molte di queste famiglie, compresa la nostra, hanno pensato al futuro non solo con gli investimenti ma anche con le persone e hanno avviato il ricambio generazionale che si sta realizzando in modo da dare continuità alle nostre imprese. Al riguardo consentitemi di ringraziare dal profondo del cuore Augusto e Vittoria per il grandissimo lavoro svolto in questi ultimi anni anche per la realizzazione di questo investimento.
Francamente, senza presunzione, pensiamo che questa cultura e questi comportamenti debbano essere un esempio e un riferimento per tutte le vicende della siderurgia italiana, anche quelle più difficili.
Grazie ancora a tutti per la vostra presenza e la vostra attenzione.