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di DANILO SANGUINETI
Un’area di delizie a un tiro di sasso, meglio, a un giro di pagina dal cuore pulsante della città; un luogo discreto, perfetto per la riflessione e il raccoglimento suggerito, quasi imposto da piante e fiori che abbracciano lo sguardo e avvolgono gli altri sensi di chi vi si sofferma. Anche Chiavari ha il suo ‘giardino segreto’, solo che la chiave della porta di ingresso non era sepolta nel bosco, ma sotto una montagna di scartoffie e carte bollate generate da una battaglia legale e i numerosi timori degli enti preposti al controllo.
Un percorso accidentato che ha reso più faticosa e allo stesso tempo più salda la volontà di chi voleva che la Società Economica, baluardo di una Chiavari antica, dispensatrice di cultura e civiltà, in una parola della Chiavari ‘alta’, migliore per intenti e per risultati, potesse avere il suo ampliamento, una zona di lettura outdoor di una bellezza mozzafiato.
Venerdì 28 settembre, a compimento di lavori iniziati molti mesi prima, il ‘Giardino dei lettori Renato Mario Gozzi’ è stato rivelato ai chiavaresi da Antonio Gozzi. L’imprenditore più famoso della città ha così ottemperato a un desiderio del padre, socio della Economica per 45 anni dal 1968 al 2013, membro dell’Ufficio di Presidenza della stessa, che pensò di ampliare la sale di lettura delle biblioteca sfruttando il giardino adiacente al Palazzo Ravaschieri, storica sede della Società.
Il progetto degli architetti Pablo Pages e Vittoria Costa è stato realizzato seguendo scrupolosamente le indicazioni della Sovrintendenza ai Beni Culturali. Ci si doveva muovere con i piedi di piombo perché in quell’area si inspira Storia e si espira Arte. Basta leggere la targa apposta all’ingresso del Giardino.
Si è in presenza di un ‘Viridiarum’ (viridis, verde in latino), il giardino della casa patrizia romana diventata nella tradizione locale spazio di confine tra la campagna e la città, diviso tra riposo, svago e coltivazione, nelle fasce degradanti dal Castello – che incombe a poche decine di metri più in alto, vertice di pietra della collina che fa da quinta scenica al giardino. Vi erano addirittura dei trompe l’oeil che sul muro di delimitazione aumentavano l’illusione di immersione panica nella natura.
Un hortus conclusus (giardino recintato) tipico del chiavarese, ampliato nei primi anni del XVII secolo con lavori di sbancamento alla collina per coltivare ortaggi, erbe aromatiche, fiori e frutta. Con l’ingresso in Palazzo Ravaschieri della Società Economica, il giardino si era aperto ai frequentatori della biblioteca e delle aule dell’Istituto, non a caso proprio tra le sue piante e i suoi fiori aveva iniziato gli studi sull’impollinazione Federico Delpino, gloria locale, uno dei maggiori botanici italiani del 1800.
Poi il tempo e la sempiterna battaglia con i conti da tenere in ordine avevano costretto i reggenti della Società Economica a tenere chiusa l’area. La scintilla per tornare ad ‘accendere’ il giardino la diedero due liceali, un fratello e una sorella, che ne parlarono con il loro nonno, Renato Mario appunto. Lo rivela lo stesso Antonio Gozzi: “I miei figli andavano spesso all’Economica per sfruttare la ricchezza della sua biblioteca pubblica. Io stesso avevo, parecchi decenni prima, scoperto non solo il pozzo di sapere che si celava dietro gli scaffali ma anche le bellezze naturalistiche che si intravedevano dall’interno. I ragazzi chiesero a mio padre come mai non venisse sfruttato il giardino nella bella stagione, che nel Tigullio significa da marzo a settembre, al peggio. E lui gli rispose che avevano ragione e che come membro dell’ente avrebbe pensato a come rimediare. Non ne ha avuto il tempo, io ho solo preso la fiaccola dalle sue mani e portato a termine il progetto”.
L’A.D di Duferco si è mosso con la consueta energia, ha individuato assieme ai vertici della Societa Economica la strada da seguire e l’ha perseguita senza tentennamenti, nonostante gli intoppi spuntassero da ogni parte, anche la più inaspettata. Per coronare il tutto una presentazione in grande stile un venerdì pomeriggio di fine estate: che l’evento potesse interessare era ipotizzabile, meno prevedibile la mobilitazione massiccia della cittadinanza.
Alle 17 nella Sala Ghio-Schiffini di palazzo Ravaschieri non sarebbe caduto uno spillo, ma, cosa ancor più sorprendente, erano zeppe non solo le salette adiacenti, addirittura c’era gente in strada che ha atteso pazientemente che la folla sciamasse verso l’aperto per entrare e dare un’occhiata al giardino.
La risposta chiavarese è stata inequivocabile, un affetto e un rispetto verso la sua istituzione, per chi ne fa parte e per chi l’ha sempre sostenuta che ha stupito. Per prima la madrina della festa, la signora Anna Bolfo Gozzi, vedova di Renato: “Potevo pensare che i chiavaresi conoscessero e rispettassero Mario ma questo riconoscimento corale mi ha profondamente commosso”.
Ancora il figlio Antonio Gozzi: “Quando Enrico Rovegno mi propose un contributo per aprire il giardino non esitai un secondo. Per mio padre che abitava nel palazzo accanto questo era un luogo dell’anima, dove stanno le nostre radici. Era il paesaggio che vedeva quando saliva sul tetto per studiare violino e non voleva disturbare. Io sono nato qui. E sono sicuro che oggi da lassù veda le tante persone accorse e commenti ironicamente con un fondo di grande soddisfazione, come era nel suo stile”.
Adesso tocca ai cittadini, agli studiosi e ai discepoli, ai topi di biblioteca che potranno prendere il sole magari anche solo curiosi. E’ essenziale collocare nel “ripensato” spazio di lettura le persone che lo facciano rifiorire, che lo usino. Chissà che tra di essi non ci sia il lettore modello teorizzato da Umberto Eco, pronto ad addentrarsi nel Bosco Letterario. Un giardino come vestibolo. Niente ‘walled garden‘, nessun gigante egoista che tiene fuori i bambini, Oscar Wilde insegna. Che Chiavari faccia onore al motto che campeggia sul suo stemma, ‘Vitam Excoluere per Artes‘ (Abbellire la Vita con le Arti).
L’inverno della grettezza non prevalga sull’estate dell’apprendimento. Aspettiamo che nel Bibliogiardino dell’Economica spuntino i cento fiori del sapere, sarebbe un imperdonabile spreco abbandonarlo alle ortiche dell’ignoranza.
IL SERVIZIO DI MARISA SPINA
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