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Giovedì, 1 giugno 2023 - Numero 272

Trebino, i campanari di Uscio da quasi duecento anni famosi in tutto il mondo

Siamo in presenza di una assoluta eccellenza del Levante, qualche volta accantonata rispetto ad altri settori più alla moda
Il cavalier Trebino insieme a Papa Francesco
Il cavalier Trebino insieme a Papa Francesco
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di DANILO SANGUINETI

Non si tratta di capire per chi suonano, di contrapporle alle trombe, di usarle come termine di paragone per il rimbambimento di una persona, qui stiamo parlando di campane d’autore e non c’è bisogno di sentire le altre per capire che il marchio Trebino nel settore della costruzione degli argentini rintocchi sia l’equivalente della Ferrari nel campo automobilistico.

Da 199 anni (tra dodici mesi grandi feste per il secondo centenario) la ditta Roberto Trebino S.n.c. che ha sede e stabilimento di produzione in via Cannoni, 7 ad Uscio idea, progetta, costruisce e monta su torri di edifici pubblici, laici e religiosi, raffinati meccanismi scampananti, pezzi di arte bronzea uniti a elaborati sistemi di misurazione del tempo in gradi di segnalare lo scorrere del tempo affidabili e precisi oltre che esteticamente pregevoli. Siamo in presenza di una assoluta eccellenza del Levante, qualche volta accantonata rispetto ad altri settori più a la page o semplicemente più glamour. Un errore anche dal punto di vista economico perché la Trebino ha un peso non indifferente sul mercato: stiamo parlando di una azienda che dà lavoro a diverse decine di persone in via diretta e che contribuisce a un indotto di beni e servizi dalla grandezza non trascurabile. Un’azienda a conduzione sempre familiare anche se con uno sguardo e delle braccia che arrivano in ogni angolo del globo.

La conferma arriva diretta dal capo-cordata Giorgio, figlio di Roberto, fratello di Guglielmo e chief in charge della ditta Trebino. “Il segreto sta proprio nel considerarci una famiglia. Quella propriamente detta e quella allargata ai nostri dipendenti, molti dei quali lavorano con noi da decenni e che sentono l’orgoglio e la responsabilità di fare parte del team. Che non si siede sugli allori: basti pensare che i lavori più recenti riguardano le stazioni di Ferrara, Rovigo, Chieti scalo Osimo nelle Marche”.

I modelli Trebino campeggiano all’interno e all’esterno dei maggiori scali ferroviari italiani. Ne ha fatto di strada la bottega fondata due secoli fa. Una dinastia di orologiai e provetti campanari, la cui storia inizia nel 1824 a Uscio, un piccolo borgo sulla collina (300 metri slm) di fronte al Golfo Paradiso. La zona è da sempre chiamata da sempre la ‘Valle degli orologi e delle campane’: si contano in questo territorio ben sette artigiani, fra costruttori di orologi da torre e fonditori di campane. Considerando che la ‘capitale’ Uscio supera appena le 2000 anime niente male. Per emergere la Trebino è sempre stata al passo.

“Dall’inizio del secolo si è verificata una costante continua evoluzione nell’arte dell’orologeria e nell’arte campanaria e siamo rimasti sul mercato grazie ad investimenti ad alta tecnologia. Evolvendo ed ampliando i laboratori siamo diventati il marchio più diffuso del mondo”. Il destino fu messo in moto dalle intuizioni del cav. Roberto Trebino: “Nel 1940 mio padre fabbricò il primo orologio a carica elettrica a forza costante con un quadrante dalla circonferenza di ben 21 metri che venne installato a Genova. Nel 1958 venne scelto dal Vaticano per costruire i grandiosi orologi sulla facciata della Basilica di San Pietro. Nel 1994 fornimmo gli impianti di elettrificazione, le campane e gli orologi da torre alle quattro basiliche vaticane (San Pietro, San Giovanni Laterano, San Paolo Fuori Le Mura, e Santa Maria Maggiore). Nel 1995 progettammo e mettemmo in commercio un nuovo comando elettronico denominato ‘Computer Jubileum’ che sostituì tutti i vecchi comandi elettromeccanici che gestivano i suoni delle campane. Con questo nuovo computer i parroci ebbero enormi vantaggi in quanto potevano programmare tutti i suoni delle messe feriali e festive, automaticamente pure in mancanza di sacrestani e campanari”.

Siamo ben oltre il martello e la forgia, il bilancino e le molle. L’artigiano diventa digitale, l’informatica la fa da padrona pure in fonderia. “Negli anni il Computer Jubileum si è evoluto fino al ‘Computer Jubileum Tertium Millennium’, che consente addirittura la programmazione della Santa Pasqua fino al 2100 e tutte le feste religiose ad essa collegate. Nel 2008 viene utilizzato dalla Basilica di San Pietro per la gestione di tutti i suoni in uso nella Basilica”.

Si tratta di una vera rivoluzione nel campo dell’elettronica e delle campane. Forse i fedeli più attaccati alla tradizione inorridiranno ma le soluzioni studiare dalla ditta sono inevitabili per una Chiesa Cattolica che deve fare i conti con un minor numero di sacerdoti e incaricati alla custodia dei luoghi sacri. Chi non ha problemi a stare al passo con i tempi sono i maghi delle lancette e dei battacchi che nella loro sede continuano a sfornare innovative soluzioni. “Due importanti commissioni – la costruzione del Count Down per fine millennio assegnata dal Comune di Roma e la sistemazione dell’orologio da torre nel Cortile di San Damaso in Vaticano. Nel 2002 abbiamo iniziato a costruire orologi radio sincronizzati con cambio automatico dell’ora legale solare che vengono attualmente impiegati anche dalla Ferrovie Italiane”.

Le dichiarazioni di Giorgio Trebino trasudano di giustificato orgoglio. Si coglie anche un intatto entusiasmo. “Lo ereditato da mio padre Roberto, che quando eravamo piccoli io e mio fratello Guglielmo, dopo la scuola, ci faceva venire qui in fabbrica per impratichirci con fresa e tornio. E crediamo di essere riuscito a trasmetterlo. Mia figlia, i miei nipoti (i figli di Roberto erano quattro fratelli, due maschi e due femmine ndr) sono a lavorare qui, ognuno ha un settore di competenza e svolge con bravura il suo compito”.

Aggiungere trenta dipendenti, chi in fabbrica, chi negli uffici, chi incaricato dei lavori di ‘posa’ in giro per il mondo. E i committenti prestigiosi non mancano. Il Vaticano è quello privilegiato: nel 2013 la Trebino ha realizzato la campana dedicata alla beatificazione del ‘Cura Brochero’, un sacerdote argentino beatificato e che è stata benedetta da Papa Francesco quando gliela ha presentata proprio Giorgio Trebino. Nel 2016 ha fuso la campana per la chiusura del Giubileo della Misericordia che è stata suonata da Papa Francesco in piazza San Pietro. Ha anche creato l’orologio-campana che svetta sul Torrino del Quirinale.

“Ultimamente siamo stati pure in Eritrea a installare campane e orologio per la locale Cattedrale. In precedenza fatto lo stesso per le principali chiese cattoliche di Hong Kong, Corea del Sud, Thailandia, Russia, Iraq, Eritrea, Etiopia, Nigeria, Canada, Cuba, Argentina, Brasile, Australia”.

Nè pandemia, né crisi successive, logistiche e finanziarie, hanno rallentato la marcia della Trebino. “Non ci siamo mai fermati un secondo. Per la crisi dei noli e della conseguente scarsità di materie prime ci eravamo attrezzati per tempo, riempiendo il magazzino. Siamo liguri, non ci piace piangere ma fare dei ragionamenti”.

Organizzazione ferrea del lavoro, un altro segreto. “Abbiamo suddiviso gli stabilimenti di Uscio in quattro reparti: Fonderie Campane, Carpenteria Metallica, Elettrificazione ed Elettronica Campane, Orologi da Torre”. E raccordati da un’unica filosofia aziendale: “Cortesia e qualità. Cortesia perché è da sempre un principio fondamentale quello di riservare la massima attenzione e rispetto ai clienti, qualità perché significa continuo impegno alla ricerca delle soluzioni più aderenti alle esigenze della clientela”.

Poi c’è l’amore per i propri manufatti e la cura per la propria storia. Fortemente voluto dal signor Giorgio accanto agli stabilimenti c’è un museo. “È stato inaugurato il 15 maggio 2004 il Museo dell’Orologio da Torre Roberto Trebino”. Si tratta di un museo di una impresa unica che è riuscita a coniugare l’attività di impresa col desiderio di cultura. “Contiene una trentina di pezzi pregiatissimi di grande valore storico e culturale che raccontano la storia dell’orologio da torre: dai pezzi lavorati a mano francesi e tedeschi austriaci che risalgono sino al 1600 alla tecnologia più avanzata degli orologi radio sincronizzati dei nostri giorni, il tutto sistemato in due belle sale espositive. Il fiore all’occhiello sono gli orologi in ferro battuto con telaio a castello o a pollaio, così chiamati per la loro caratteristica forma. Oltre all’orologio in ferro battuto, sono presenti anche modelli con telai di forno orizzontale lavorati in serie, per arrivare successivamente agli orologi a carica. Nel museo si trovano anche numerose antiche campane, di cui una molto pregiata del 1290”.

A proposito di ‘pezzi’ che resistono al tempo l’unica cosa sulla quale Giorgio Trebino appare reticente è l’età. Sono 85 anni, portati magnificamente. “Il tenersi impegnati aiuta. La settimana scorsa ero a Bangkok e la prossima ripartirò per un giro delle isole. Ci sono diverse nostre creazioni da sistemare e devo chiudere un po’ di contratti…”.

Trebino ‘rules’ dato che può scandire il tempo, l’unica unità di misura che non si può contraffare. Ci si può scannare sulle date, sul computo dei giorni, non sul fluire delle esistenze. Il signor Trebino sarebbe piaciuto a Marcel Proust che nel grande finale della Recherche descrive il ‘Ballo del Tempo Ritrovato’ nel salone della Principessa di Guermantes. Qual è l’ultimo suono che risuona nell’interminabile capolavoro? Quello di una campanella, nel giardino di Combray. L’ipocentro del ricordo segnalato da un metallico rintocco.

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