(r.p.l.) Il tema del Ricovero Torriglia, della sua sostenibilità economico-finanziaria, della gestione del suo patrimonio immobiliare, della ventilata ipotesi di un suo ampliamento costituirà certamente una delle grandi questioni cittadine dei prossimi mesi.
E’ utile ricordare che la Fondazione Torriglia, l’ente che gestisce il ricovero e che è proprietario dell’importante patrimonio, è una fondazione di diritto privato ma con caratteristiche molto ‘pubbliche’.
Infatti non solo è controllata dalla Regione, ma dei sette membri del suo Consiglio di Amministrazione, cinque vengono nominati dal Comune di Chiavari e due dalla Società Economica; il presidente viene eletto in seno al Consiglio di Amministrazione previo gradimento del Sindaco di Chiavari.
Nella storia e nella tradizione cittadine, i chiavaresi sentono il Ricovero come una cosa loro, e le personalità che si sono succedute negli ultimi 50 anni alla presidenza dell’Ente, da Leo Canepa a Giorgio Croce, da Angelo Scannavino a Gabriella Bersellini, fino al Presidente attuale Arnaldo Monteverde, sono sempre stati espressione della società civile chiavarese. I chiavaresi sono molto attaccati alla funzione sociale del Ricovero a beneficio degli anziani della città e quindi sono estremamente sensibili alle vicende dell’Ente e al suo futuro.
In particolare l’economicità della gestione e una buona gestione del patrimonio immobiliare sono percepiti dalla cittadinanza e dall’opinione pubblica come elementi essenziali al fine di garantire, nel presente e nel futuro, lo svolgimento dell’importante funzione sociale del Torriglia.
Purtroppo con riferimento a entrambi gli elementi (gestione economica e patrimonio immobiliare), l’Ente vive momenti difficili.
Da un lato la gestione economica presenta da anni un deficit annuale che si è attestato attorno ai 200.000 euro, divenendo strutturale e obbligando l’Ente a vendere pezzi di patrimonio per coprire il deficit.
Dall’altro, rispetto agli intendimenti del Fondatore, il marchese Pietro Torriglia, il quale riteneva di poter assicurare la copertura dei costi di assistenza del ricovero con i proventi e le rendite del patrimonio immobiliare lasciato in donazione, la situazione nel tempo è profondamente mutata. Infatti le rendite del patrimonio, una volta dedotte le imposte e gli ingenti oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria, in pratica si azzerano, e l’Ente non sa come fare per coprire l’ingente deficit annuale di gestione sopra descritto.

Il tema dell’ampliamento deve, necessariamente, essere collocato in tale contesto.
Molti dei sostenitori dell’ampliamento, compresa l’attuale maggioranza comunale del Sindaco Di Capua, sostengono che lo stesso sia l’unico modo per cercare di risolvere i problemi presenti e prospettici del Torriglia.
La questione è delicata e complicata perché non riguarda solo il futuro del Ricovero, ma anche il destino urbanistico di una delle zone di maggior pregio ambientale della città, quella di Preli, le cui aree sono in grandissima parte di proprietà del Torriglia.
La decisione sull’ampliamento, siccome le nozze non si fanno con i fichi secchi, impatterà su questa grande questione e quindi implicherà da parte dell’Ente, ma anche dei suoi danti causa (Comune e Società Economica), estremo rigore metodologico e procedurale e totale trasparenza nell’informazione alla cittadinanza. Le questioni aperte non sono di poco conto.
- Bisogna innanzitutto fare chiarezza in ordine a quali sono le vere ragioni che spingono verso l’ampliamento. C’è una vera domanda insoddisfatta di anziani chiavaresi che chiedono di venire ospitati dall’attuale struttura (capace di 65 posti letto) e a cui il ricovero non riesce a rispondere? Ci sono liste di attesa e, se sì, di che dimensione? Quanti sono i posti che si liberano annualmente in media?
I ‘rumors’ dicono che in realtà questa grande richiesta non ci sia, nonostante le rette medio basse, se si confrontano con quelle di strutture analoghe, ma appunto di rumors si tratta e sarebbe bene che sul punto gli amministratori dell’Ente dicessero con chiarezza quale è la reale situazione.
La sensazione che si ha è, come anticipato, che la vera finalità dell’ampliamento sia più quella di riuscire a trovare una soluzione al problema del deficit di gestione piuttosto che quella di rispondere a una reale domanda di anziani chiavaresi. Ma in questo caso quale sarebbe il modello ipotizzato?
Siccome è evidente che ampliare il numero dei ricoverati con le attuali rette significherebbe aumentare ulteriormente il deficit annuale, è presumibile che il progetto sia diverso. Importazione di anziani ‘ricchi’ della Padania per coprire, con rette molto alte pagate da questi, il deficit provocato da quelle basse pagate finora dagli anziani chiavaresi? - Altra grande questione è quella delle modalità realizzative. Come verrebbe finanziato l’ipotizzato ampliamento? Sulla base dell’unico progetto finora esistente, un progetto del 2000 dell’amministrazione Agostino per 38 nuovi posti letto, dove si parla di un investimento di circa 4 milioni di euro!
L’Ente non dispone di questi fondi. Teoricamente solo due strade sono possibili:
– Indebitarsi per importo equivalente. Ammesso e non concesso che il Torriglia riesca a trovare un istituto di credito disposto a finanziarlo per tale importo, tale ipotesi sembra insostenibile dal punto di vista finanziario: all’attuale deficit annuale, che come detto viaggia intorno ai 200.000 euro, si aggiungerebbero gli importi per il servizio del nuovo debito che abbiamo calcolato, tra rimborso del capitale e interessi, non inferiore ai 400/500.000 euro l’anno. Non è realistico pensare che dai 38 nuovi ospiti ‘ricchi’ si possano ricavare al netto delle spese 600/700.000 euro l’anno necessari a coprire sia il deficit che il servizio del debito annuali.
– Disporre di una parte del patrimonio immobiliare (probabilmente quella più pregiata e cioè le vaste aree di Preli) per metterle a disposizione di qualcuno disponibile a offrire in permuta la realizzazione dell’ampliamento. In questo caso il tema urbanistico diviene ancor più importante e intrecciato al destino del Torriglia, perché il valore di quelle aree cosi pregiate e strategiche dipende da quello che il Comune ci lascia fare sopra.
Ovviamente la disposizione di una parte così importante del patrimonio dell’Ente dovrebbe essere fatta non a trattativa privata, ma con il massimo di evidenza pubblica, per essere certi di ottenere dal mercato le migliori condizioni economiche. Cosa che non è stata fatta, colpevolmente, dall’Ente qualche anno fa, quando è stata affittata per 50 anni a un privato tutta la collina delle Grazie e i suoi immobili. Quel contratto non sembra essere stato un grande affare per il Torriglia, se è vero che il fitto è modesto e gli oneri di manutenzione della Collina (franosa e delicata) sono tutti a carico dell’Ente. - Affrontare problemi di deficit della gestione corrente con il ricorso a operazioni straordinarie non è strada consigliata dai manuali di gestione aziendale. Le operazioni straordinarie infatti (siano esse l’indebitamento o la permuta di una parte del patrimonio) hanno spiccate carattersitiche di irreversibilità e quindi impegnano l’Ente nel lungo termine.
Prima di prendere decisioni di questa natura, così importanti e pesanti, sarebbe opportuno analizzare a fondo la possibilità di tenere in equilibrio la gestione senza ricorrere al debito o alla vendita del patrimonio. Pareggiare o ridurre sostanzialmente un deficit di 200.000 euro non è una mission impossible. Se si dividono i 200.000 euro per i 65 ospiti, si ottiene un valore di deficit annuo pro-capite di 3000 euro, importo certamente pesante per gli ospiti non abbienti, ma non impossibile da recuperare, almeno in parte, presso gli ospiti con redditi o patrimoni di una qualche entità. Aumentare i ricavi significa chiedere al Comune o a altri Enti di farsi carico di una parte almeno del deficit gestionale degli ospiti meno abbienti. Chiavari è un comune ricco, ha avuto storicamente avanzi di gestione, eppure sempre i ‘rumors’ riferiscono di un’impossibilità giuridica di aiutare il Torriglia da parte del Comune. Anche qui occorrerebbe fare chiarezza. Ridurre il deficit significa non solo aumentare i ricavi ma ridurre i costi (soprattutto quelli del personale, molto cresciuti negli ultimi anni).
È da sperare che decisioni di questa importanza strategica per il futuro della città e per le sue residue aree di pregio vengano prese con attenta ponderazione di ciò che è il bene tanto dell’Ente quanto dei chiavaresi, cui esso idealmente appartiene, e nella trasparenza della gestione del suo patrimonio immobiliare.
