di FABRIZIO DE LONGIS
Marco Bucci candidato alle primarie del Partito Democratico. Sarebbe questa forse una vera soluzione per il Pd genovese se quella del sindaco non fosse una battuta natagli con il sorriso martedì scorso durante il Consiglio Comunale, nell’entusiasmo per il rigetto da parte del Tribunale di Genova del ricorso per la sua decadenza. Una battuta però che sintetizza molto bene quale solida e duratura crisi pervade il partito in città oramai da alcuni anni.
Non è un segreto, infatti, il grande malcontento interno al Pd cittadino che da mesi percorre ogni spazio. “Mancano proposte e persone”, sintetizza un consigliere comunale di rimando a Bucci, mentre spiega che oramai le adunate della Sala Rossa sembrano essere solo delle riunioni di vicinato. “Si parla di cancelli arrugginiti, aiuole sporche e poco altro”. Osservazione non da poco, se si considera che la politica insegna che l’ordine del giorno delle assemblee sono le opposizioni a costruirlo e renderlo succoso. “Però se non hai proposte, non puoi nemmeno criticare”, proseguono i giovani più rampanti del partito.
A mancare nello schieramento democratico è, a conti fatti, secondo molti esponenti Pd, quella componente essenziale che contraddistingue un grande partito che ha le legittime e naturali ambizioni di governare: ossia una visione di città.
Perché martedì, alla fine, a sembrare sintesi di tutto ciò è stato proprio il rigetto del ricorso contro la decadenza di Bucci che si è inserito nella politica cittadina come il termometro del dottore con i piccini, misurando la febbre dell’opposizione genovese e in particolar modo del Partito Democratico.
“Oggi nel Pd vince chi perde”, è la frase che si rincorre dentro il partito e che martedì è rimbalzata con maggiore forza per quello che viene visto come un gettare la spugna. “Quando la politica si aspetta di vincere nei tribunali, vuol dire che è finita”, si è sentito sibilare dai banchi democratici del Consiglio Comunale. Se una cosa, infatti, martedì è stata chiara agli occhi di tutti, è che il ricorso ha avuto il solo fine di rafforzare Bucci e indebolire la sinistra. Una sinistra che dovrebbe essere guidata dal Partito Democratico che però naviga senza veri timonieri.
“Come fa Genova a farsi governare da Spezia”, punge un altro consigliere. Perché e questo il filone del malcontento principale. Malattia che secondo molti esponenti ha tre sintomi principali: nel partito governa chi storicamente perde; Genova non ha la forza di esprimere nemmeno un segretario regionale; e le idee vengono meno.
Non ci vuole molto quindi che il tema segreteria regionale, prossima ad essere contesa, svegli gli animi di Genova. Infatti la battaglia per la guida nazionale del partito ha le sue importanti ricadute cittadine. Una sfida che comincia ad avere nomi precisi come quello di Cristina Lodi, consigliera comunale legatissima a Pippo Rossetti, e quello di Katia Piccardo, fedele di Andrea Orlando. E proprio il nome di Piccardo fa saltare sulla sedia più di uno dei genovesi.
“Di nuovo chi ha perso e di nuovo non di Genova”, sintetizza un esponente di peso regionale. Perché Piccardo sembra nel pieno la candidata di punta di un mondo, quello orlandiano, che conta molto, per alcuni fin troppo a Genova, e che però rappresenterebbe nuovamente un’imposizione al partito genovese di una persona che esce da due recenti sconfitte (Piccardo non è stata eletta in Regione ed è uscita sconfitta nel duello alla Camera con la totiana Ilaria Cavo).
Esperienza che in molti vorrebbero evitare dopo il mandato da segretaria della sestrese Valentina Ghio, sempre di impronta orlandiana e di recente dimissione.
In questa terra di nessuno, quindi, sembra perdersi il Pd genovese che nelle scorse ore ha cominciato anche ad attendere le altre ricadute della contesa nazionale fra Bonaccini, De Micheli e Schlein. Una lotta che sa molto di territorio visto che vede in lizza il presidente della Regione Emilia Romagna e due suoi ex vicepresidenti. Una partita che a Genova fa bruciare diverse ferite, perché una delle capitali della sinistra italiana, oggi sembra essere fuori dal giro della politica che conta. Tanto che l’unica evidente reazione si è avuta a La Spezia, dove proprio le file orlandiane hanno visto la defezione dell’eurodeputato Brando Benifei.
“Tutto questo accade perché non ci sono proposte concrete”, chiosa uno degli esponenti che il partito lo hanno guidato e retto, mentre lascia Tursi e un Bucci festoso. Insomma, alla fine, forse, ha ragione chi martedì proprio a Bucci, fra gli scranni della Sala Rossa, ha risposto: “Sindaco, se ti candidi, le vinci le primarie”.