di ALBERTO BRUZZONE
Continua a tremare. La terra nelle vallate genovesi continua a muoversi, dopo la scossa principale, quella dello scorso giovedì 22 settembre, con una magnitudo 4.2 della Scala Richter. Nei giorni successivi, ancora sino a ieri, sono state registrate dalle due alle tre scosse al giorno: magnitudo 1.8, ora 2.2. Non sono percettibili agli umani, non lo sono quasi mai, ma fatto sta che la terra non è ferma, che i movimenti non si sono stabilizzati e che c’è ancora parecchia apprensione.
La zona di Bargagli e di Davagna, dove ci sono stati gli epicentri degli eventi sismici, non è mai stata considerata particolarmente a rischio, ed ecco perché la comunità scientifica, a cominciare dagli esperti dell’Università di Genova, continua a studiare e a monitorare la situazione. Il terremoto dello scorso giovedì ha causato tantissimo spavento ma non ha provocato enormi danni, a parte qualche distacco di intonaco o di calcinacci da facciate e prospetti già compromessi per altre cause, eppure non c’è da distrarsi perché l’entroterra genovese potrebbe rappresentare un nuovo fronte sismico, dopo secoli e secoli di assoluta tranquillità.
Tra i principali professionisti impegnati su questo fronte c’è Daniele Spallarossa, docente di Sismologia alla Scuola di Scienze dell’Università di Genova e responsabile del Laboratorio di Sismologia dell’Ateneo. Secondo l’esperto, “non abbiamo memoria storica di un evento del genere, negli ultimi trecento anni. Quello di Bargagli è stato un terremoto molto forte e assolutamente anomalo per quell’area. Questo fenomeno sarà inevitabilmente un nuovo oggetto di studi. È stato un terremoto eccezionale, non solo per intensità, ma anche dal punto di vista della frequenza. Bargagli e l’entroterra di Genova non sono mai state classificate come zone particolarmente sismiche e poi i circa 6 o 7 chilometri di profondità sono un’altra anomalia. Si è trattato di un terremoto molto di superficie, anche per questo è stato avvertito chiaramente sia nel capoluogo genovese sia nella Riviera di Levante, sino almeno a Sestri. A Ponente, invece, la scossa è stata avvertita di meno: dipende dalla geologia della Liguria e dalla posizione delle vallate. Comunque, c’è da dire che subito dopo la forte scossa di 4.2 della scala Richter, ci sono state altre scosse minori. Ne abbiamo registrate di magnitudo 1.7: sono scosse che non vengono avvertite dalla popolazione, ma dai nostri strumenti sì”.
Lo sciame sismico sta andando avanti: “È la normalità quando c’è un evento di questo tipo. Spesso le sequenze sismiche possono durare anche settimane o mesi. Dopo i terremoti nel centro Italia, la sequenza sismica è durata per un anno”. Che cosa può succedere, però, “è una risposta molto difficile da dare anche perché, lo ripeto, qui non erano mai accaduti fenomeni di questo tipo. Saranno oggetto di studio e di approfondimenti. Bargagli e tutta la vallata sono territori densamente urbanizzati: avremmo memoria storica, se fossero accaduti terremoti importanti. Possiamo sperare che sia un fenomeno isolato, ma non possiamo escludere che sia l’inizio di altri fenomeni altrettanto importanti. Siamo nel punto di contatto tra gli Appennini e la placca adriatica. È una zona di accumulo di stress anche se, solitamente, i terremoti avvengono dall’altra parte degli Appennini, in Emilia. Tutto quello che è successo, invece, impone un ripensamento dal punto di vista scientifico. Non possiamo fare nessun tipo di previsione, dobbiamo metterci lì a studiare, non possiamo fare altro”.
I primi passi sono stati fatti nei giorni scorsi, insieme “ai colleghi dell’Ogs di Trieste, ovvero l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale: abbiamo installato delle stazioni sismiche, per comprendere l’evolversi del fenomeno. Sono a Lumarzo, a Sottocolle, a Bargagli, a Cornua e a Viganego. In più, ci sono quelle della nostra rete fissa che sono sempre attive. Genova non è mai stata considerata una zona particolarmente sismica. Come detto, i terremoti si sono sempre verificati dall’altra parte degli Appennini, anche se sono stati chiaramente avvertiti, pure in tempi recenti. Diverso è il discorso per quanto riguarda la Liguria in generale. Qui ci sono zone sismiche, indubbiamente: penso ad esempio a Bussana, nel Ponente, dove un terremoto ha provocato ingenti danni nel 1887. E penso allo Spezzino, in particolare alla Lunigiana, con l’importante evento sismico del 1920. Il terremoto di Bargagli ci porta a riconsiderare tutto il quadro e ci fa rendere conto che la sismologia, come sappiamo perfettamente, è una materia in continua evoluzione”.
Rimane quindi impossibile fare previsioni più precise: “Noi sismologi conosciamo bene la storia sismica della penisola e siamo in grado di anticipare le zone dove è più probabile che si verifichi un terremoto. Ma questo, come visto nel caso di Bargagli, non vuol dire che possiamo prevederlo, perché significherebbe saperne l’intensità, la magnitudo e il momento esatto del verificarsi del fenomeno. Oggi, siamo ben lontani da questa possibilità”. Le attività di monitoraggio sono costantemente svolte dal Laboratorio di Sismologia dell’Università, mentre il sito RSNI – Regional Seismic network of Northwestern Italy riporta i rilevamenti degli eventi sismici in tempo reale (questo il link: https://distav.unige.it/rsni/).