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Giovedì 23 ottobre 2025 - Numero 397

Stereotipi di genere in gravidanza e neogenitorialità

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di VITTORIA GOZZI

“Guarda che quello non lo puoi mangiare, sei incinta, fa male al bambino”.

Laureato in medicina con specializzazione in ginecologia e ostetricia?

“Ma se tu sei qui, con chi è la bambina?”.

Con la televisione. Ha a disposizione un pacchetto di caramelle e un bicchiere d’acqua, sopravviverà che dici? È una bambina in gamba per la sua età.

“Hai preso troppo poco peso, guarda che il bambino esce piccolo”.

Deduzioni logiche lette sul retro dei Baci Perugina?

“Non allatti? Sei pazza, fai male al bambino”.

Sì, l’ho messa al mondo per torturarla e renderla un’infelice – è un programma per tappe, parte dall’allattamento per poi passare alle vessazioni fisiche in età scolare.

Queste sono una frazione delle considerazioni che mi sono state fatte durante la gravidanza e nei primi mesi dalla nascita di Nora, la mia primogenita, seguite dalle risposte che mi sorgevano spontanee e che tenevo e tengo per me. Sorrido e rispondo educatamente, per non offendere l’interlocutore (altro bias che il patriarcato ci impone, stai zitta e abbozza che le rispostacce fanno tanto donna acida e incacchiata con la vita).

Come è facile dedurre, io la cosa del commento libero alla mia gravidanza e alla neogenitorialità l’ho vissuta malissimo.

La prima gravidanza è un evento sconvolgente nella vita di chiunque, che cambia il tuo angolo di osservazione sulle cose e apre un capitolo fino a quel momento onestamente ignorato. Sì, amici e parenti che ci sono passati prima di te ne parlano, ma a me è sempre successo come quando la conversazione verte sul calcio: il tutto si trasformava in un indistinto rumore di fondo e il mio cervello cominciava a pensare al prossimo pasto e a che cosa mi sarebbe piaciuto mangiare. Che cosa me ne fregava a me della differenza tra il trio e il passeggino? Niente, assolutamente niente.

Quindi quando è toccato a me, mi sono ritrovata stoltamente impreparata e mi sono buttata su tutte le informazioni disponibili, facendo anche overload di input – non tutti utili – nella cacofonia della rete.

Ho letto tantissimo, ho comprato tutti i libri che potevo comprare. Ho affrontato il problema come affronterei un nuovo tema di cui devo apprendere le nozioni di base, con la spinta anche emozionale di tenerci tanto a fare la cosa giusta, e con la paura di fare inevitabilmente la cosa sbagliata.

Il commento libero mi è subito sembrato un insulto: sono mesi che leggo tutto e studio tutto, ho affrontato ogni tema più volte con il mio medico di riferimento, ho infine una mia personale capacità di giudizio con la quale ho preso determinate decisioni.

Il commento (non richiesto) su come mi dovrei comportare sottende che fino ad oggi non mi sarei interessata della materia? Che la scelta che ho fatto è una scelta avventata e non adeguatamente ponderata?

Fino alla gravidanza sono sempre stata riconosciuta come un adulto competente in grado di decidere per se stesso e a volte anche per gli altri, prendo decisioni per mestiere tutti i giorni. Improvvisamente proprio ora che mi devo occupare anche di un’altra vita che dipende da me, sono diventata una bambina senza capacità di giudizio?

Il mio compagno lavora nel mondo del calcio, e riconosce l’atteggiamento di chi parla di un argomento a cui tutti possono relazionarsi (ed è anche di indole estremamente più paziente e diplomatica della mia).

Mi ha detto: “È come il calcio. È un argomento popolare, tutti hanno un’esperienza personale al riguardo e si sentono titolati a dire la loro. Sono tutti allenatori”.

Probabilmente è vero, e non ho alcun dubbio che molte delle osservazioni fatte, sono fatte in buona fede per genuino e sincero interessamento, e che l’intenzione non è mai offendere e/o giudicare.

Ed è altrettanto vero che molte cose sono dirette ad entrambi i nuovi genitori, è pertanto improprio attribuirle a stereotipo di genere.

La cultura del patriarcato si annida però nelle sottigliezze, nelle abitudini e in ciò che è considerato ‘normale da dire’ ma che sottintende un bias culturale di cui ci dobbiamo liberare, anche se quando lo applichiamo partiamo con le migliori intenzioni.

Al mio compagno nessuno si sognerebbe di chiedere “se tu sei qui, chi sta con Nora?”, così come è molto difficile che vengano fatti commenti in pubblico sul corpo di un uomo.

Un uomo che si (co)occupa della prole è un eroe, un martire, un padre evoluto, ‘moderno’. Una madre fa solo il suo dovere.

La gravidanza non rende la madre un soggetto ospitante privo di libero arbitrio, rimane la donna che era prima con due orecchie che sentono quello che dite e un cervello fatto per pensare e decidere per se stessa (e per il bambino che ha in grembo).

Sono estremamente grata per gli enormi passi avanti fatti dalla nuova generazione di padri, che partecipano attivamente alla vita familiare e si occupano dei cuccioli insieme alla madre, in una vera co-genitorialità inesistente fino a 30 anni fa. Un grande grazie alle donne che ci hanno preceduto e che li hanno educati.

Ritengo tuttavia che il tema di chi farà figli in futuro nelle società occidentali dovrebbe preoccuparci tutti, e invitarci a riflettere su quali leve possiamo attivare a livello sociale per rendere la gravidanza e la maternità eventi accolti e partecipati, non osteggiati e giudicati.

Ci sono le cose ‘concrete’ che si possono fare, come ripensare l’equilibrio vita privata/vita lavorativa delle donne ma dei genitori in generale per rendere la genitorialità una scelta più semplice. I servizi pubblici a sostegno delle famiglie che sono carenti, fino agli incentivi.

Ma ci sono anche le ‘piccole’ cose, quelle culturali, che sembrano niente ma sono tutto. Perché’ quando cambia la testa e il modo di vedere le cose, cambia il mondo e partono le azioni.

La prossima volta che venite a sapere di una gravidanza vicina a voi, provate a chiedere alla futura mamma come sta, se ha bisogno di qualcosa e se potete rendervi utili in qualche modo. Offrite alle neo-mamme un po’ del vostro tempo per sgravarle dall’incombenza del quotidiano che con l’arrivo di un neonato a tratti sembra insostenibile.

Fate un check-in solo per dire che ci siete, senza giudizi.

Vi assicuro che le cambia il mondo e avete fatto la vostra parte per sconfiggere il patriarcato e contribuire in piccolo al tasso di natalità del Paese. Mica male, no?

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