di ALBERTO BRUZZONE
La prima vera stagione turistica estiva dopo il Covid rischia di partire pesantemente in salita a causa della mancanza di personale stagionale. È un problema che investe tutta la Liguria da Levante a Ponente, specialmente quelle strutture che sono proprio ora di fronte al periodo di maggior lavoro.
Mancano all’appello camerieri specializzati, concierge che conoscano almeno una lingua (ma meglio se sono due), chef di partita, cuochi, lavapiatti e anche bagnini. Non c’è un albergo o uno stabilimento balneare che possa dirsi a ranghi completi, che non stia cercando di chiudere la partita dei dipendenti prima che arrivi il grosso dei turisti, ma spesso i colloqui non vanno a buon fine e, altrettanto spesso, domanda e offerta non s’incontrano e non è soltanto una questione legata all’entità dello stipendio.
Francesco Andreoli, direttore dell’Hotel Miramare di Sestri Levante e presidente di Liguria Together, il principale consorzio per la promozione turistica e l’incoming in tutta la regione (nonché eletto lo scorso gennaio coordinatore Assoturismo di Confesercenti Tigullio) osserva: “Il problema si è acuito parecchio dopo la pandemia. Anche per questo, lo scorso 19 marzo, abbiamo organizzato come Liguria Together un recruiting day insieme al Comune di Lavagna e all’Accademia del Turismo. È sempre più difficile trovare professionalità, specie tra i camerieri e i cuochi. Al Miramare, ad esempio, mancano ancora dei cuochi”.
Ma quali sono i fattori di questa crisi? Secondo Andreoli, “andando in ordine sparso, partirei dal reddito di cittadinanza, poi c’è anche il fatto che le persone preferiscono cercare altri tipi di lavoro, magari quelli che, nei mesi scorsi, non sono stati soggetti a restrizioni. C’è poi da fare una considerazione: che lavorare tutti i week end e tutti i festivi non attira molto, anzi direi che attira sempre meno”.
Andreoli tocca anche un altro tema fondamentale. Spesso, infatti, i giovani rifiutano gli incarichi dicendo che gli stipendi o le paghe sono troppi bassi. “Ci sono sicuramente dei parametri da rivedere – afferma il presidente di Liguria Together – e questo dovrebbe essere oggetto di un confronto tra gestori, imprenditori, proprietari, organizzazioni sindacali e lavoratori. Gli accordi sono possibili, anzi sono doverosi, e dovrebbero partire centralmente, a livello nazionale, visto che il turismo è uno dei motori principali di questo paese. La mancanza di personale non è un problema solo ligure e sta diventando molto serio. Ci sono alberghi che non hanno ancora riaperto perché non trovano dipendenti da assumere”.
Fa le sue riflessioni anche Aldo Werdin, presidente di FederAlberghi Liguria e direttore generale dell’Excelsior di Rapallo: “Siamo assolutamente in linea con la tendenza nazionale, purtroppo. Anche da noi in Liguria non si trovano lavoratori stagionali, sta diventando una ricerca estenuante e assai complicata. Sento questa problematica in quasi tutti i colleghi, a parte le piccole strutture familiari. A me, qui all’Excelsior, per parlare del mio caso, mancano quattro cuochi capi partita, quattro chef de rang (ovvero i camerieri capi sala), altri camerieri ‘semplici’. Sto parlando di contratti a tempo indeterminato, per tutta la durata della stagione. Se invece devo parlare delle chiamate occasionali, qui non c’è praticamente più speranza: non si trova più nessuno disposto a lavorare e ci è già capitato di dover rinunciare a dei catering perché ci siamo trovati sprovvisti di personale”.
È una situazione mai vista prima: “Nel 2019, e quindi ante pandemia, non c’è mai stato nessun tipo di problema. Adesso gli stagionali in molti casi sono andati a lavorare all’estero, oppure si sono dedicati ad altri mestieri”. Ma, secondo Werdin e tanti altri operatori del settore, “il colpo di grazia è stato dato dal reddito di cittadinanza: un lavoratore preferisce stare a casa e prendere il sussidio, piuttosto che venire a lavorare per pochi mesi, e magari doverlo interrompere. L’unica speranza è che trovi delle strutture disposte a pagare in nero, ma per fortuna queste sono sempre meno”.
Non funziona il match tra formazione e lavoro, per quanto si racconti una storia molto più ottimistica: “All’atto pratico no, non funziona – sostiene Werdin – Perché gli stage di appena quindici giorni sono troppo brevi e perché le scuole finiscono a giugno. Ma se vogliamo parlare di destagionalizzare il turismo, io a Pasqua devo già essere in grado di poter disporre di una squadra pressoché al completo”.
Conferma le difficoltà anche lo chef Alessandro Dentone. Originario di Sestri Levante, una vita tra i fornelli, è partito con un’avventura imprenditoriale che lo vede gestire il ristorante ‘Gli scogli’ di Chiavari, la discoteca e stabilimento balenare ‘Sol Levante’ di Cavi di Lavagna e la società di ristorazione AD Food Catering: “Noi ci siamo salvati perché anche in bassa stagione abbiamo mantenuto tutti i contratti, proprio per non farci trovare sprovvisti adesso. Ma è stato un sacrificio, anche a livello economico. C’è da dire che i dipendenti si sono adattati anche ad altre mansioni. Secondo me, la pandemia ha cambiato moltissime cose nel nostro lavoro: prima era visto come sicuro e senza una fine, poi i vari lockdown hanno messo in luce quanto sia estremamente fragile anche un’attività come la nostra”.
Non va meglio nei bar, a quanto racconta Alessandro Simone, presidente di Fiepet Confesercenti Genova: “Rispetto al passato la domanda di lavoro si è notevolmente ridotta, anche perché molta della manodopera disponibile è stata drenata da altri settori che sono potuti uscire dal lockdown ben prima di noi e con ben altri sostegni: uno su tutti, naturalmente, il comparto dell’edilizia. Riceviamo dunque molti meno curricula e, naturalmente, non tutti corrispondono al profilo di cui abbiamo bisogno. La ristorazione è un settore sempre più complesso, che richiede una preparazione specifica: non ci si improvvisa più camerieri, barman o aiuto cuochi, nemmeno per un’estate. È necessario investire in formazione”.
Olga Bacigalupo, direttrice dell’Hotel Monte Rosa di Chiavari, albergatrice di lungo corso e con una vasta esperienza anche dal punto di vista associativo, racconta la sua personale esperienza: “Sto cercando due persone dal marzo del 2021, e non le riesco a trovare. Quindi sì, confermo assolutamente tutte le difficoltà del nostro settore. Tutti i colleghi si lamentano e non sappiamo come uscirne: continuiamo a fare colloqui. La mancanza di personale qualificato, stagionale ma anche non stagionale, è un problema in tutta Italia e tocca ancor di più le strutture e le realtà di un certo livello. Mio marito, che fa lo chef a Venezia (si chiama Roberto Dal Seno e lavora da una vita presso grandi alberghi, ndr) risconta le medesime difficoltà nel trovare personale da inserire in cucina”. Secondo la direttrice dell’hotel chiavarese, “di sicuro il Covid non ha aiutato. Le persone si sono dedicate ad altri lavori, che sono stati più tutelati. Penso ad esempio a tutto il comparto dell’edilizia. Noi siamo stati fermi per mesi e molte famiglie non sono riuscite ad andare avanti con la sola cassa integrazione di un lavoratore della ristorazione, quindi queste persone hanno completamente cambiato mestiere”.
Insomma, non si trovano cuochi e camerieri per la stagione estiva. Eppure gli istituti alberghieri di Genova continuano a viaggiare su numeri molto positivi in fatto di iscrizioni e di diplomati. E allora cosa c’è che non va? Quale meccanismo si inceppa tra formazione e mondo del lavoro? Roberto Solinas, preside dell’istituto alberghiero ‘Marco Polo’, osserva: “Stiamo recuperando il rapporto con le aziende e con gli ambienti professionali perché l’emergenza sanitaria ha inciso notevolmente. Per quasi due anni la parte pratica non si è potuta fare o è stata svolta in maniera limitata. Questo sicuramente è uno dei motivi principali del mancato incontro tra domanda e offerta. Molto spesso ci troviamo nelle condizioni di dover declinare alcune proposte, perché non abbiamo abbastanza ragazze e ragazzi ancora opportunamente formati”.
Oltre al Covid, Solinas indica altri aspetti: “C’è indubbiamente un calo demografico. Facciamo sempre buoni numeri, in termini di iscrizioni, ma non certo come una volta. E poi, ci sono diplomati all’alberghiero che non finiscono a fare i cuochi o i camerieri. Magari si iscrivono all’università o a un istituto di formazione superiore, o si mettono a fare altri mestieri. Quelli legati alla ristorazione sono lavori difficili, a volte estremi, e alcuni studenti non lo comprendono sino in fondo. Però, e qui voglio dare un messaggio positivo, se un alunno si impegna, ce la mette tutta, frequenta i laboratori, ha serie intenzioni, può andare a lavorare dove vuole, perché la richiesta è altissima”.
Dove vuole è un altro tema: “Molti scelgono l’estero, in modo che possano anche imparare una lingua”, ed ecco perché ristoratori e albergatori fanno fatica a trovare personale qui in Italia. Ma, secondo Alessandro Clavarino, dirigente dell’Ufficio scolastico regionale per le province di Genova e di Savona, c’è da aggiungere un altro ragionamento: “Studentesse e studenti si muovono per la stagione estiva già durante l’inverno. Quindi chi cerca personale adesso, lo fa in maniera un po’ tardiva e molto spesso si sente rispondere dalle persone che hanno già trovato un altro lavoro”.
Dell’emergenza sanitaria e di una formazione non completa causa pandemia parla anche Cinzia Baldacci, dirigente scolastica dell’istituto alberghiero ‘Nino Bergese’: “Siamo stati due anni quasi fermi. Questo non può non essere considerato. E poi c’è un discorso molto delicato, ma c’è: quello economico. Va trovato il giusto equilibrio tra le esigenze delle aziende e le aspettative dei giovani. Chi lavora ha bisogno di gratificazione pure materiale, anche se si tratta del primo lavoro”.
Un concetto che la preside del ‘Bergese’ esprime “senza nessuna polemica” e che è condiviso da Concetta Orlando, segretario generale della Città Metropolitana: “Non sono più i tempi in cui un praticante possa lavorare gratis, non è giusto”. Ilaria Cavo, assessore regionale alla Formazione, racconta “le misure messe in campo da Regione Liguria per accorciare il mismatch anche in questo settore: 45 percorsi attivi negli IeFP che formano operatori della ristorazione, della trasformazione agroalimentare, della promozione e dell’accoglienza turistica. C’è poi tutto il filone dei corsi di formazione dedicati a disoccupati. Tra le misure c’è ‘Match Point’, che abbina il 50% di formazione tradizionale in aula al 50% di formazione in stage ed è dedicata ad under 30, ha finanziato ben 13 corsi relativi al settore turistico: ci sono anche il cuoco, il cameriere e il barista”.
Anche nel bando della blue economy “una parte dei corsi è dedicata a figure come il barista, l’aiuto cuoco, il cuoco e il pizzaiolo. Infine, il quadro si completa con gli istituti di formazione e tecnica superiore e con e l’alta formazione post diploma degli ITS. Siamo di fronte a un impegno importante che deve però sempre trovare il costante dialogo tra istituzione e parti datoriali per la rappresentazione dei fabbisogni”.