di DANILO SANGUINETI
Film e serie tv hanno imposto una immagine dell’Ultrà che intimorisce le platee. Quelli che conoscono poco o niente di uno stadio, che vivono la partita attraverso la mediazione di uno schermo dalla risoluzione più o meno alta, associano il tifoso che va ‘oltre’ al tipo poco raccomandabile, mezzo biker e mezzo punk, che vive per attaccare briga con le fazioni avversarie e che si scala le gerarchie delle propria a suon di imprese ai limiti e spesso oltre la legalità.
Branchi di facinorosi che digrignano i denti contro avversari e forze dell’ordine e che sono pronti a fare polpette di chiunque si mostri appena appena moderato.
È d’uopo fare un po’ di contro-informazione. Per smontare la catena di fake news che distorce le prospettive del mondo dei tifosi organizzati, niente di meglio che rivolgersi a Simona Sivori Strata, che ha portato il pragmatismo e l’efficienza di Sestri Levante nell’Associazione Club Genoa. Una fanciulla che non accusa il trascorrere del tempo, gli ‘anta’ portati con invidiabile nonchalance, e una capacità sorprendente di conciliare famiglia (marito e due figlie) lavoro e la passionaccia per il Grifone.
Da 13 anni nell’ACG, una fede senza tentennamenti nell’associazionismo, nel patto di solidarietà tra tifosi. “Razionalizzare la passione per questi colori – conoscendo la visceralità spesso unità al cronico ‘mugugno’ del genoano tipo – è un bello sforzo e allo stesso tempo fonte di enormi soddisfazioni. In questo decennio, modestia a parte, il nostro consiglio direttivo è cresciuto molto. L’ACG ha fatto passi da gigante. E io sono orgogliosa di farne parte, di dare il mio contributo”.
Ecco sfatato il primo mito. Non è più un mondo di soli uomini, il ‘speriamo che sia maschio’ ha perso significato, le ragazze stanno fianco a fianco con i compagni di fede e fanno la loro parte. Simona è il 50 per cento della quota rosa in un direttivo composto da 12 persone. “Con Daniela Benghi gestiamo la segreteria e la sede dell’ACG, io ho anche l’incarico di seguire le iniziative dell’Associazione mentre Daniela cura le iscrizioni. Sono incarichi impegnativi, tenete presente che sono ben 105 i club affiliati e che abbiamo un bilancio da rispettare, conti da tenere in ordine. E poi ci si deve occupare di feste, eventi, soprattutto di iniziative di propaganda”.
Una in particolare, portata avanti in questi mesi, viene considerata da Simona il fiore all’occhiello di questo consiglio. “È vero, e come me la pensano i miei colleghi consiglieri. Si tratta del Progetto Scuola. L’Associazione lo propone da diversi anni ma in questa edizione 2018-19 abbiamo pensato di dargli una nuova impostazione. Si poteva fare di più che portare i giocatori della prima squadra a parlare del calcio professionistico, a rispondere alle domande degli alunni. Dato che la rosa del Genoa ha un elevato tasso di multietnicità, perché non far discutere calciatori e ragazzi di integrazione, a confrontare le esperienze dei nostri adolescenti e di atleti che spesso sono appena più grandi di loro? La società Genoa Cfc è stata particolarmente collaborativa, ci ha mandato giocatori comunitari come Pedro Pereira o extracomunitari come Jandrei. Non abbiamo ancora finito, in tutto saranno 12 incontri con allievi delle scuole primarie e di quella secondarie”.
Un esperimento senz’altro riuscito: il contatto ancora più diretto ha reso l’esperienza educativo/formativa significativa per gli alunni e per gli stessi giocatori. Più di uno è uscito dalla chiacchierata piacevolmente stupito. Lezioni di civiltà a parte, ci sono anche le partite, e le trasferte, i dissidi e le incomprensioni che sono sempre in agguato in una tifoseria quanto mai frastagliata come quella genoana. “Io credo che l’ACG abbia svolto sin dalla sua costituzione nel 1999 una funzione mediatrice importantissima. In questo ultimo decennio, sotto la guida di Traverso e ora di Matteo Picasso, abbiamo tentato di tenere unite le tante componenti dell’universo colorato di rossoblu. È significativo che le nostre ultime iniziative siano state prese di concerto con i gruppi della Gradinata Nord, quelli considerati più ‘caldi’. Il clima può essere bollente, surriscaldato forse, ma non si trascende mai, e questo conta”.
Viene da chiedere come la signora Sivori in Strata concilia tutto questo con gli altri impegni personali. Sorride Simona: “Per quanto riguarda, la famiglia non c’è problema. Mio marito, Mauro, all’inizio era un solo un appassionato, non certo un ultrà. Ha dovuto adeguarsi alla passionaccia della moglie e delle due figlie altrettanto ‘impallate’ per i nostri magici colori”. Insomma, ha plagiato i suoi cari. “No, sono compartecipi di un retaggio, abbiamo raccolto una eredità che arriva da lontano”.
La voce di Simona, chiara e senza incertezze, improvvisamente si incrina. Rivela un particolare sconosciuto ai più. “Io ho preso il testimone da mio fratello maggiore, mancato nel 2006 ancora giovane per una tragica fatalità. Fu un colpo durissimo, io e i miei fummo aiutati in ogni maniera, sostenuti dall’affetto, incommensurabile, del club, dell’associazione, di decine di ‘compagni di fede’. Sino a quel giorno ero stata una semplice tifosa, che andava in gradinata a sostenere il ‘Vecchio Balordo’. Da lì in poi, mi sentii in dovere di restituire almeno una parte di quanto mi era stato donato. E non me ne sono pentita, anzi, ogni volta che vado in Nord (mi sento veramente a casa solo in curva, Tribuna o Distinti non fanno per me) è come se lo avessi ancora accanto”.
Una vera ‘steel magnolia’, un fiore d’acciaio che sotto la scorza della praticità nasconde la polpa dei sentimenti. “Abbiamo scelto come motto per la nostra bandiera una frase che secondo noi esprime il nostro vero spirito del club: ‘Fianco a fianco sui gradoni ogni partita, fianco a fianco ogni giorno nella vita’. Non un club ma una comunità”.
Quando allo stadio risuona ‘You’ll Never Walk Alone’ – l’inno del Liverpool che i sostenitori del Grifone hanno adottato – quei versi che parlano di fratellanza a Simona dicono moltissimo.