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Giovedì 4 dicembre 2025 - Numero 403

‘She knows Trump’s type’: chi è Kamala Harris, la nuova candidata Presidente democratica

Richiamando il suo passato da procuratore generale dello Stato della California, Harris ha lanciato un messaggio chiaro all’elettorato: Trump è un criminale
Il presidente degli Stati Uniti d'America, Joe Biden, ha lasciato il posto alla sua vice Kamala Harris
Il presidente degli Stati Uniti d'America, Joe Biden, ha lasciato il posto alla sua vice Kamala Harris
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Prosegue il nostro rapporto di collaborazione con la piattaforma ‘Jefferson – Lettere sull’America’, fondata e guidata dal giornalista Matteo Muzio. Il portale di ‘Jefferson’, con tutti i suoi articoli e le varie sezioni, è visitabile all’indirizzo https://www.letteretj.it, da dove ci si può anche iscrivere alla newsletter.

di VITTORIA PRESTIFILIPPO *

«Ho affrontato autori di reato di tutti tipi. Predatori che abusavano di donne, truffatori che fregavano i consumatori, imbroglioni che infrangevano le regole per il proprio tornaconto. Quindi ascoltatemi quando dico che conosco quelli come Donald Trump».

Queste sono le parole pronunciate da Kamala Harris al primo rally della sua campagna a Milwaukee, in Wisconsin. Fin da subito, la sua retorica si è rivelata molto aggressiva nei confronti del suo avversario, Donald Trump. Richiamando il suo passato da procuratore generale dello Stato della California, Harris ha lanciato un messaggio chiaro all’elettorato: Trump è un criminale e il suo compito è assicurarsi che non la passi liscia. In questo caso, significa impedire che il 5 novembre prossimo Trump torni a essere il presidente degli Stati Uniti. Di certo, la quasi certa candidata democratica ha gli strumenti adatti per raggiungere questo obiettivo. 

Harris è nata da genitori immigrati. Suo padre, Donald Harris, originario della Giamaica, insegnava economia all’università di Stanford. Sua madre, Shyamala Gopalan Harris, era la figlia di un diplomatico indiano e una ricercatrice nel campo del cancro al seno. Shyamala si trasferì negli Stati Uniti dall’India meridionale alla fine degli anni Cinquanta per ottenere un dottorato in nutrizione ed endocrinologia all’università di Berkeley. Kamala Harris ha mantenuto stretti contatti con la famiglia indiana, visitando spesso Chennai con sua madre e sua sorella minore Maya, che in seguito divenne un’avvocata per le politiche pubbliche. Nel 1982, Kamala Harris si spostò a Washington D.C., dove si iscrisse alla Howard University, un’università storicamente nera. Lì conseguì una laurea in scienze politiche ed economia. Successivamente, ottenne una laurea in legge alla University of California College of the Law, a San Francisco.

Dopo aver superato l’esame di abilitazione Harris iniziò la sua carriera come viceprocuratrice distrettuale a Oakland, dove si fece una reputazione per la sua durezza nel perseguire casi di violenza di gang, traffico di droga e abusi sessuali. Nel 2004, divenne procuratrice distrettuale di San Francisco, raggiungendo risultati importanti. Per esempio, durante i suoi primi tre anni di mandato il tasso di condanne di San Francisco passò dal 52 al 67 per cento. Nel 2011 fu eletta procuratrice generale della California, vincendo con un margine inferiore all’1 per cento contro il suo avversario Steven Cooley e diventando la prima donna e la prima afroamericana a ricoprire tale carica. Durante il suo mandato, creò la piattaforma Open Justice per rendere accessibili al pubblico i dati sulla giustizia penale e migliorare la responsabilità delle forze dell’ordine. Nella sua carriera di procuratrice, Harris prese anche decisioni controverse. Una di queste risale al 2004, anno in cui si rifiutò di perseguire la pena di morte contro l’uomo che aveva ucciso l’agente di polizia di San Francisco Isaac Espinoz. Questa scelta le costò il sostegno dei sindacati di polizia per un decennio e le procurò in seguito accuse di opportunismo politico e di incoerenza sul tema della pena di morte.

Nel 2016, Kamala Harris vinse facilmente le elezioni per il seggio al Senato degli Stati Uniti, precedentemente occupato da Barbara Boxer. Fin dal 2012 Harris era diventata una figura di alto profilo nel Partito Democratico e, assumendo la carica nel gennaio 2017, divenne la prima senatrice indiana-americana e la seconda senatrice afroamericana della storia degli Stati Uniti. Durante il suo mandato, fece parte del Comitato per l’intelligence e del Comitato giudiziario, dove si distinse per il suo stile inquisitorio. Il suo momento più noto fu quando interrogò l’allora procuratore generale Jeff Sessions riguardo alle interferenze russe nelle elezioni del 2016. 

Nel 2019, Harris annunciò la sua candidatura per la nomination democratica alle elezioni presidenziali del 2020. L’episodio più emblematico fu quando, durante un dibattito delle primarie, ebbe uno scambio polemico con il collega Joe Biden sulla opposizione di quest’ultimo alle politiche di desegregation busing – la pratica di inviare gli studenti in distretti scolastici diversi dal proprio per diversificare la composizione razziale delle scuole negli Stati – negli anni Settanta e Ottanta. L’argomento era molto caro ad Harris, che in prima elementare sperimentò la desegregation busing sulla propria pelle. 

Sebbene Harris fosse inizialmente considerata una delle principali contendenti, la sua campagna si concluse a dicembre 2019 a causa di problemi finanziari e di organizzazione interna. Tuttavia, nel 2020, Joe Biden la scelse come sua vice per la campagna presidenziale. Dopo la vittoria nelle elezioni di novembre, Harris divenne la prima donna, la prima persona di colore e la prima persona di origine indiana a essere eletta vicepresidente degli Stati Uniti. Nel suo ruolo di vicepresidente, è stata incaricata di affrontare le cause profonde dell’aumento dell’immigrazione dall’America latina, di sostenere la legislazione nazionale per la protezione dei diritti di voto e di garantire l’accesso delle donne ai servizi per l’aborto, la promozione della sicurezza e l’assicurazione dell’accesso ad acqua potabile e aria pulita. Inoltre, Harris ha rappresentato gli Stati Uniti a livello internazionale, incontrando oltre 150 leader mondiali per rafforzare le alleanze internazionali del Paese.

Insomma, la biografia di Kamala Harris racconta di una donna forte, altamente qualificata e molto sensibile rispetto alle grandi piaghe che colpiscono la società e la politica statunitense oggi, in primo luogo il razzismo diffuso, quasi sistemico, e la violazione delle libertà riproduttive delle donne. La storia di Harris rivela anche delle contraddizioni che l’hanno resa ostile agli occhi di gruppi tendenzialmente antiriformisti come i sindacati di polizia americani. Nonostante tutto, Kamala Harris porta al Partito Democratico una boccata di aria fresca: energica e competente, è stata la prima nel suo genere – come donna e persona di colore di origine indiana – a conquistare posizioni di grande rilievo nella carriera legale e politica. Non a caso il suo motto è: «You may be the first, but make sure you’re not the last». Solo a novembre scopriremo se Harris aggiungerà un altro first alla sua collezione.  

(* studentessa magistrale di Relazioni Internazionali alla Central European University. Si occupa di sicurezza internazionale e antiterrorismo)

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