di FABRIZIO DE LONGIS
Il martedì mattina a Sestri Levante si è contraddistinto per le lacrime e i visi tristi degli esponenti democratici radunati nella piazza antistante il comune. Alcuni saluti ai funzionari che sanno di addii e l’ormai ex presidente del consiglio preso in un frenetico saliscendi fra gli uffici comunali e il caruggio. Quasi senza meta.
Il perdimento di chi si sentiva, nella storica continuità politica cittadina, spezzatasi d’improvviso, già a sedere in sala giunta per guidare la città. Ma soprattutto che non si aspettava il prosieguo di quell’inarrestabile cammino di sconfitte che registra il Partito Democratico dal 2015. Risultato di una guida massimalista, sempre più a sinistra, che esclude i moderati, targata a ricaduta: Andrea Orlando, Valentina Ghio e Luca Garibaldi.
E mentre in piazza pare assente l’autocritica di un cammino che ha portato negli anni a perdere ogni battaglia, dalle regionali, ai piccoli e storici comuni come Camogli, alle roccaforti come Sestri, dentro il palazzo il neo sindaco Francesco Solinas è a confronto con l’appena cessato sindaco reggente, Pietro Gianelli. Oggetto del dibattito: il bilancio. Da lì parte tutto.
Pochi minuti prima si è tenuto il passaggio formale del patrimonio comunale, gonfalone e fascia tricolore in cima alla lista, con la consegna delle chiavi del palazzo.
Alcune ora prima, invece, ormai a tarda sera del lunedì vincente, il brindisi con il digestivo, nella pizzeria sotto casa dell’ex sindaca Valentina Ghio. Festeggiamenti senza champagne o spumante, solamente cannoli siciliani al pistacchi(o) e cioccolato. “Perché siamo uomini di popolo noi. Con i nostri piccoli e giusti peccati”, sottolinea il neo consigliere comunale Claudio Muzio, che ci tiene a mostrare sul cellulare il suo ballo liscio in piazza la sera della chiusura della campagna elettorale di ballottaggio. Migliaia di visualizzazioni sui social network e rivendicazione di radici. Roba che un tempo si sarebbe vista alla Festa dell’Unità.
Sta tutta qui forse la sintesi di quello che è accaduto a Sestri Levante fra domenica 28 e lunedì 29 maggio 2023. “Una data storica”, prosegue Muzio.
Da un lato lo scollamento dalla città, la perdita del contatto con la gente, il venire meno delle caratteristiche popolari di un fronte, ma soprattutto di un partito, quello democratico. Dall’altro i non politici che hanno fatto partire tutto fra un treno pendolare e un piatto di ravioli.
L’incipit e di quelli da romanzo. Un giovane avvocato attivo in città che ogni mattina sul treno incontra un dirigente pubblico con cui chiacchiera. Da lì le uscite nell’entroterra del giovane avvocato a mangiare ravioli nei fine settimana insieme ad alcuni consiglieri comunali di opposizione. Perché quello che un gruppetto di quattro persone aveva capito già l’estate scorsa, è ciò che si sentiva nell’aria, proprio come con il profumo della pirofila di ravioli au tuccu che si avvicina ai tavoli: il 2023 per il centrodestra a Sestri può essere la volta giusta.
Allora inizia una costruzione fatta di piccoli incontri. I candidati selezionati uno ad uno. I consensi arrivano e l’occasione è di quelle da non perdere: l’uomo giusto.
“Io l’ho solo presentato”, commenta, pronto a dribblare ogni richiesta di coinvolgimento ulteriore. Da lì la storia è scritta. La ricerca di un consenso allargato. Però la scelta è di quelle chiare: civismo. E ai partiti non piace. Così il lavoro della candidatura inizia a farsi a spallate. Ma chi la capisce è Claudio Muzio, il già sindaco di Casarza Ligure e consigliere regionale per Forza Italia. E Solinas viene proiettato verso il comune a dispetto di tutti.
Dall’altro lato la candidatura, invece, sembra di quelle organiche. Il discepolo della sindaca uscente già da troppo tempo proiettata verso Roma. Di una dinastia di sconfitte targate da un gruppo dirigente inamovibile. Così anche a Sestri viene imposto l’uomo di partito (ma soprattutto di corrente), segretariale, nominato alla guida della società controllata e molto discussa del comune. Poco contatto fra la gente, per caratura personale. Insomma, il sentore di molti che la candidatura non sia delle più forti. “Una cosa che non rimedi in due mesi”, chiosa un assessore uscente, nel segno dell’autocritica.
Marcello Massucco, prototipo della nuova generazione fra i dirigenti dem liguri, non buca in città. “Una Sestri che non ha capito il suo progetto”, sintetizza chi con lui era candidato. Il prezzo di scelte troppo nel segno di una continuità che in città, e non solo, ha perso il suo fascino. “O forse il senso della realtà. Qui è nel paese”, precisa un candidato civico che ha supportato Massucco.
Il ricapitolo degli errori è fatto. Soprattutto da chi con Massucco si è candidato. Il peso ingombrante e logorante della candidatura di Valentina Ghio. Forzature su alleanze e simboli che hanno spaccato lo storico fronte elettorale (da sempre decisivo), di Riva (casa di Ghio, come detto). L’ospitata in grande stile in città di una segretaria nazionale poco in linea con il moderatismo provinciale (“Ci ha fatto perdere almeno trecento voti”, specifica un ex assessore). L’annuncio anticipato di una giunta troppo spartitoria. Un appello disordinato al rivendicare l’esclusività di valori cattolici. Un apparentamento (con Giorgio Calabrò) che è parso come suggello di un ritorno a un passato non più così amato dai sestresi.
Tutti elementi di una caccia al piccione che nella piazza antistante il comune, lunedì pomeriggio si fa rovente. Soprattutto dalla sinistra sulla sinistra. E allora partono anche le bombe al vetriolo, dirette soprattutto contro un’organicità partitica mal sentita e gestita, di chi da anni perde e riperde impunemente.
Il giorno dopo la sintesi di questa campagna elettorale rivoluzionaria per la città, si ritrova in Pietro (per tutti Piero) Giannelli che con un bel sospiro cede la fascia tricolore a Solinas e mostra divertito il nuovo costume da bagno regalatogli dai dipendenti comunali. L’uomo delle grandi alleanze, anti massimalista, dell’ascolto, del buon senso che ha contraddistinto il comune per anni e anni, con la sua solita eleganza si proietta in spiaggia, a godersi la nascente estate.
E l’addio di Giannelli, quasi a metafora, segna quella perdita del moderatismo cattolico di sinistra che in città tutti rispettano e che è fatto prima di ogni altra cosa di ascolto (a detta di molti mancato da almeno cinque anni), e maniche rimboccate.
“Roba da ingegneri pendolari e ballerini di liscio”, sintetizza un militante del fronte politico uscito sconfitto dalle urne.
L’attesa, oggi, è quella di mettere sul banco di prova Solinas e i suoi. Partendo dalla nomina della giunta e dalla convocazione del primo consiglio comunale. A presiederlo, di legge, sarà il consigliere comunale anziano (leggasi: chi ha ottenuto il numero più alto di preferenze). Quindi spetterà a Valentina Ghio. “Chissà se si presenta”, bisbiglia uno dei democratici cittadini più vivamente scontenti dell’ormai pienamente perdente guida regionale del partito.