di ANTONIO GOZZI
Il leader socialista Pietro Nenni commentando l’esito delle elezioni del 1948 (trionfo della DC di De Gasperi e secca sconfitta della sinistra riunita nel Fronte Popolare) con la sua consueta saggezza e il suo realismo commentò: “Piazze piene, urne vuote…”.
La campagna elettorale del Fronte (comunisti e socialisti insieme sotto la stella e il faccione di Garibaldi) era stata caratterizzata da un enorme afflusso di popolo ai comizi dei leader della sinistra in tutte le piazze italiane.
Questa mobilitazione di massa non aveva però trovato corrispondenza nel risultato elettorale, che aveva premiato l’equilibrio e il prestigio di De Gasperi e la garanzia di reale ancoraggio all’Occidente e alla sua democrazia e libertà che la DC rappresentava.
L’autonomismo di Nenni, la sua volontà di staccarsi dal PCI e dai suoi legami con l’Unione Sovietica e di sposare definitivamente la socialdemocrazia europea, nacquero dalle riflessioni politiche successive a quella sconfitta e sfociarono nel 1956, dopo l’invasione dell’Ungheria da parte dei carri armati sovietici, nella restituzione a Mosca del premio Stalin ricevuto cinque anni prima e la sua devoluzione alla Croce Rossa Internazionale a favore delle vittime della rivoluzione ungherese, e nella definitiva scelta del PSI in favore della socialdemocrazia e dell’alleanza occidentale.
Perché ricordare oggi quella frase del vecchio Nenni?
Perché ai dirigenti e simpatizzanti del PD e allo stesso Nicola Zingaretti, che hanno postato sui social le foto di piazza Maggiore a Bologna gremita di ‘sardine’ riunite per manifestare contro Salvini e il suo arrivo nel capoluogo emiliano, esaltando la mobilitazione di giovani e meno giovani ripetuta nei giorni successivi in molte piazze italiane, bisognerebbe consigliare maggiore cautela e di attendere l’esito delle elezioni regionali del gennaio prossimo.
Anche sulla mobilitazione delle sardine e sulla loro natura c’è da riflettere. Le manifestazioni di piazza e la partecipazione popolare sono sempre le benvenute in democrazia e la possibilità di esprimersi individualmente e collettivamente va strenuamente salvaguardata.
Detto ciò, bisogna poi interrogarsi e riflettere sui contenuti e sui messaggi di quelle piazze e sullo sbocco politico degli stessi.
Ascoltando i giovani organizzatori del movimento, diventati ormai delle star televisive, ciò che appare è l’estrema reticenza a dichiarare non tanto un’appartenenza, in effetti non necessaria, ma il sistema di valori a cui si fa riferimento, che in realtà è di sinistra.
Perché questa reticenza? Si canta ‘Bella ciao’ ma poi si ha paura a dichiararsi di sinistra?
In questo io vedo tutta l’ambiguità di una sinistra di origine comunista che molte volte nella sua storia ha mostrato un mimetismo tattico fatto di altri slogan e di altri simboli (vi ricordate le manifestazioni per la pace sotto le bandiere arcobaleno, le manifestazioni a sostegno dei giudici di Mani Pulite, i girotondi ed altro ancora?) per cercare di attrarre persone e consensi non disponibili a schierarsi a manifestazioni dichiaratamente politiche.
Lo schierarsi sempre ‘contro’, invece che ‘per’, è un tratto distintivo di quei movimenti che di volta in volta, per coprire o il vuoto di contenuti o le contraddizioni delle varie posizioni presenti all’interno, hanno bisogno di compattarsi contro un nemico da indicare alle folle e da combattere senza pietà.
È stato così con Craxi (‘un nemico della democrazia’ lo definì Berlinguer), con Berlusconi, con Renzi e oggi con Salvini, tutti inesorabilmente colpiti da campagne mediatico-giudiziarie appoggiate da sinistra.
Sempre contro, sempre alla ricerca di demoni da esorcizzare, normalmente con accuse di immoralità, di autoritarismo e di neofascismo (ve le ricordate le vignette di Forattini su ‘Repubblica’ con Craxi in stivaloni e divisa da Mussolini?), sempre senza una visione programmatica di cose da fare per rendere il paese più moderno e meno ingiusto, per sostenere il lavoro e le imprese, per non trasformare la questione ambientale in una lagna catastrofista e di decrescita felice.
D’altronde un’ambiguità di fondo è anche connaturata alla nascita del PD: ma come è possibile mettere insieme ex comunisti ed ex democristiani ed aderire alla famiglia socialista europea, lontano da Roma e quasi sottovoce?
Come è possibile tenere in ufficio dietro la schiena, come faceva Veltroni, la foto di Kennedy e quella di Berlinguer? Cosa c’entra Kennedy con Berlinguer e viceversa?
La sinistra italiana, se una sinistra ancora esiste, invece di scoprire nuovi fascismi si dovrebbe interrogare sul perché Salvini ha trasformato la Lega da un partito del 4% a un partito stabilmente al di sopra del 30%.
Si dovrebbe chiedere perché la Meloni è al 10%, con l’ipotesi concreta che se si votasse oggi Lega e Fratelli d’Italia avrebbero probabilmente la maggioranza assoluta nel Parlamento italiano.
Solo una risposta seria a questi interrogativi e un programma riformista e gradualista capace di coniugare sviluppo, sicurezza, giustizia sociale, libertà e ambiente senza ambiguità e senza estremismi consentirebbe forse di avere le piazze piene ma anche le urne un po’ meno vuote.
Ma purtroppo, per ora, questo non sembra proprio il caso.