di ALESSANDRA FONTANA
La Val d’Aveto, e in particolare Santo Stefano, festeggia un traguardo importante: l’ottenimento della bandiera arancione assegnata durante la Bit. La Bandiera Arancione viene assegnata attraverso un processo di certificazione ai Comuni dell’entroterra che sanno esprimere grandi eccellenze in termini ambientali, culturali, enogastronomici, di accoglienza e di innovazione sociale e che trovano nel turismo una concreta opportunità di rilancio, nonostante le difficoltà dovute alla situazione di marginalità.
In Liguria sono 17 le Bandiere Arancioni: Airole (IM), Apricale (IM), Badalucco (IM), Brugnato (SP), Castelnuovo Magra (SP), Castelvecchio di Rocca Barbena (SV), Dolceacqua (IM), Perinaldo (IM), Pigna (IM), Pignone (SP), Santo Stefano D’Aveto (GE,), Sassello (SV), Seborga (IM), Toirano (SV), Triora (IM), Vallebona (IM) e Varese Ligure (SP).
“Con 17 Bandiere Arancioni confermate – dichiara Augusto Sartori, assessore al Turismo di Regione Liguria – la nostra è una delle regioni con il più alto numero di questo prestigioso riconoscimento nato proprio in Liguria nel 1998 grazie all’Assessorato al Turismo e al Touring Club che lo idearono al fine di coinvolgere e promuovere i territori lontani dalla costa ed in particolare le località minori. I borghi che si fregiano della Bandiera Arancione hanno la possibilità di ampliare i livelli di scambio e cooperazione per interessi e obiettivi comuni e, inoltre, possono emergere non solo come mete turistiche ma anche come luoghi capaci di attrarre nuovi residenti, all’insegna di una migliore qualità di vita”.
Il Touring Club Italiano – che per primo aveva colto il potenziale turistico dell’Italia meno conosciuta e dei piccoli centri dell’entroterra – 25 anni fa ha risposto a un’istanza della Regione Liguria e – insieme a Regioni, comuni e altri enti territoriali – ha aiutato a mutare radicalmente consapevolezza, percezione e modello di sviluppo dei borghi e dei piccoli comuni, contribuendo a trasformarli da ambito marginale a destinazione di tendenza.
Ma non esiste rosa senza spine, e per ogni traguardo raggiunto sopraggiungono le preoccupazioni per il futuro. Più che mai quest’anno la Val d’Aveto sta facendo i conti con un limite enorme: la mancanza di neve. Ogni inverno, eccezione fatta per quello che ha visto l’umanità imprigionata a causa del Covid, gestori di attività ricettive e degli impianti di Santo Stefano hanno scrutato invano il cielo in attesa della dama bianca. Un’attesa sterile perché le temperature sono troppo alte: “Non facciamo nulla come Sci club – conferma Barbara Gazzolo – come potremmo? Non c’è neve”. Aperto il rifugio e come il fine settimana scorso la seggiovia ma le piste rimangono tragicamente chiuse. Non servirebbe nemmeno continuare a parlare di cannoni artificiali: “Fa troppo caldo, sarebbe inutile”.
Non è certo solo Santo Stefano, nella stessa situazione parecchie località italiane che quest’anno non hanno potuto ospitare gli sciatori o semplicemente le famiglie che volevano godersi un tipo di vacanza invernale. La verità è che la Val d’Aveto deve attivarsi per cercare un nuovo tipo di turismo e deve farlo in fretta, offrendo delle valide alternative alle piste.