Quando è che passa il treno giusto? E quanto costa il rifiuto di balzare sul carro dei vincenti? Domande che Marco Camisa, allenatore, dev’essersi posto diverse volte nel corso delle sue stagioni.
Il suo curriculum è limitato nelle panchine, non nei successi: una carriera trentennale che inizia e si dipana sempre e solo tra Rapallo e Santa, dalla Seconda Categoria all’Eccellenza. Un patentino di terzo livello (possibilità di allenare sino alla serie D), esperienze con prime squadre, juniores, varie giovanili. Uno score da far invidia allo Special One Mourinho: mai una retrocessione, tante vittorie, moltissime imprese, soprattutto la capacità non comune di trasformare in oro tutto quello che tocca, prendendo formazioni di un metallo assai meno nobile e facendole luccicare con risultati superiori alle aspettative.
L’ultima impresa
Per capire non c’è da andare tanto indietro nel tempo: c’è il campionato di Eccellenza appena conclusosi. La parola allo stesso Camisa: “Ci siamo piazzati al quarto posto, facendo 54 punti in 30 partite, record per la società in questa categoria. A lungo siamo stati in corsa per il secondo posto, ossia per giocarci la promozione in serie D negli spareggi nazionali. Ci hanno preceduto società ricche se non ricchissime rispetto al nostro metro come Fezzanese, Imperia e Rivarolese. Abbiamo lasciato alle nostre spalle club altrettanto ‘pesanti’ come Genova Calcio, Vado e Ventimiglia”.
Anche solo così sarebbe qualcosa, ma conoscendo i presupposti lo stupore aumenta: “A inizio anno, come al solito, abbiamo dovuto fare le nozze con i fichi secchi. La nostra dirigenza fa miracoli ma le risorse sono scarse e per tenere in piedi la baracca i sacrifici chiesti alla prima squadra aumentano di stagione in stagione. A farla breve, è stata allestita una formazione in regime di strettissima economia. Le previsioni erano tra il pessimistico e il funereo”. Oltretutto Camisa, classe 1961, aveva chiesto di essere dispensato, avrebbe volentieri lasciato la panchina della prima squadra per tornare a insegnare nelle categorie giovanili. “L’ho fatto spesso in passato, lo sarei tornato a fare volentieri, avevo perso un po’ di entusiasmo perché sinceramente anch’io non vedevo grandi prospettive nel gruppo. Poi la società mi ha chiamato e io, come un bravo soldatino, ho detto sì. A condizione di avere carta bianca”.
L’impennata
Ed è ricorso al famoso ‘metodo Camisa’. Prima ha parlato chiaro a chi c’era promettendo solo ‘sangue sudore e lacrime’, poi si è messo alla ricerca di elementi giusti per integrare la rosa. “Sono andato a cercare chi costava poco e pretendeva ancora meno. Giocatori magari in cerca di rilancio dopo annate negative, mischiandoli ai nostri ragazzini, pensavo che il mix potesse rivelarsi vincente, anche se gli ingredienti andavano dosati attentamente”. Dall’esterno non arrivano grandi segnali di fiducia. “Diciamo tutta: alla vigilia della prima giornata noi venivamo messi nella stessa fascia del Moconesi (che è retrocesso raccogliendo solo 2 punti N.d.R.) Anzi c’era chi pensava che fossimo anche peggio”.
Camisa si concede un ghigno: “Abbiamo guadagnato considerazione e rispetto strada facendo. Le prime gare ci hanno fatto capire che non eravamo il vaso di coccio, anzi che potevamo darne più di quante ne prendevamo. Un crescendo che ci ha portati a duellare con le più forti”. Una rimonta impressionante, forse anche il tecnico a un certo punto ha creduto che il miracolo sportivo fosse possibile. “Il secondo posto lo abbiamo avuto a portata di mano. Non ce l’abbiamo fatta, pazienza”. Il che non toglie né diminuisce di un centimetro l’ampiezza del salto in avanti fatto dalla squadra. “Si è creato un gruppo importante, abbiamo già le basi per formare la squadra che si farà onore nel prossimo torneo di Eccellenza, dove la Sammargheritese rimane con pieno diritto”.
Il futuro
Sempre con Camisa in panchina? Il ‘Mago del Broccardi’ ha un sorriso stanco. “Vedremo, anche se so che ogni anno dico di voler passare la mano e ogni volta mi ritrovo a fare il mazziere e pure il giocatore… La Sammargheritese è la mia casa, per lei faccio tutto, dal magazziniere al direttore sportivo, occasionalmente anche il tecnico. E poi dove dovrei andare? Il mio telefono non squilla mai, in 30 anni sono in parecchi ad avermi visto all’opera, i risultati ottenuti non sono malaccio: questa squadra l’ho presa in Prima, l’ho portata in Eccellenza in quattro anni, e da cinque ce la tengo senza sofferenze ‘eccessive’. Magari sto antipatico oppure non ho le amicizie giuste, vai a saperlo”.
Marco Camisa, il ‘Local Hero’ che gradirebbe per una volta essere profeta non in patria.
DANILO SANGUINETI