di DANILO SANGUINETI
Quello che ci distingue dagli altri esseri viventi è la capacità di realizzare progetti e compiere imprese spinti non dal semplice istinto basato su capacità innate, collocate nel nostro Dna da generazioni e generazioni di esperienza. Azioni e oggetti che richiedono una riflessione costruttiva, capace di portare nella realtà oggettiva quello che stava nella mente del soggetto. Una capacità che conserveremo come unica e precipua per poco tempo ancora – l’AI cresce e raffina le sue doti a velocità impressionante – ma che per ora consente a operatori come Roberta, titolare di Creo, di sfornare indumenti di alta qualità, marchiati da originalità ed eleganza indiscutibili.
Quella dello stilista è un’arte che trascende la semplice pratica sartoriale, un po’ come il pittore opera su un livello differente rispetto al decoratore. Ed è dovuto alla spinta interiore, a ciò che abbiamo di differente e superiore all’involucro esterno, chiamatela anima, spirito, mente, intelletto e via filosofeggiando. Una individualità operativa che in alcuni fa capolino sin dalla più tenera età e che nella signora Roberta, oggi ultracinquantenne, è affiorata solo da grandicella.
“Il mio itinerario esistenziale stava andando da tutt’altra parte quando due eventi casuali, che solo dopo ho compreso fossero invece causali, mi hanno portato qua a fondare ‘Roberta Baiardi Couture’. Lo showroom, in via Giuseppe Raggio 44, nel carruggio a nord di Carruggio Dritto, dirimpetto all’Hotel Monterosa, in realtà è un posto condiviso con un’altra professionista. Lo abbiamo chiamato Creo. Lì c’è il mio atelier”.
Di che cosa si parla? Di abiti in seta dipinti a mano, essenzialmente. Per i non adepti può suonare strano che si possano fare vestiti stilosi e durevoli al tempo stesso, usando materiali così delicati e labili. Roberta spiega con pazienza a noi profani: “Mi innamorai della pittura su seta ormai più di trent’anni fa, durante una vacanza ad Amsterdam in cui incappai in una piccola bottega artigiana specializzata proprio in questo tipo di lavorazioni. Lì trovo la mia vocazione. A vent’anni facevo tutt’altro, a Genova, mia città di nascita, poi mi sposai e venni ad abitare a Chiavari. Il salto fu abbastanza traumatico, per chi viene da fuori, sia pure dal ‘capoluogo’ si fa fatica ad ambientarsi”.
Roberta cambia visione e cambia anche strada: “C’era un negozio bellissimo, Belle Arti, che vendeva tutto quanto occorre per dipingere, disegnare, scolpire, creare opere d’arte, influenzata da quanto avevo visto in Olanda comprai una attrezzatura ‘semi professionale’. Fino a quel momento le mie creazioni artistiche, su foglio o altri materiali, erano fallite. Invece provando a disegnare su piccoli pezzi di seta mi accorsi che mi veniva abbastanza naturale. Iniziai a creare foulard personalizzati. Il tempo a disposizione non era moltissimo, nel frattempo erano arrivati tre figli, e nel tempo libero cercavo soprattutto di recuperare…dormivo!”.
La chiamata è però sempre forte. “Facevo qualche mercatino a Natale, le mie creazioni piacevano ma era un impegno molto limitato. Poi con i figli cresciuti e un po’ di autonomia guadagnata, stufa di fare esclusivamente foulard, iniziai a fare qualche capo d’abbigliamento, qualcosa di più. Mi sono aperta la partita Iva, cercato una sede e nello stesso tempo dato che mi avevano notato, ho ricevuto qualche invito, poi mi hanno invitato. Una personale alla mostra ‘L’Arte della Lana’, mi hanno contattato da Roma e altri posti. Oggi posso dire che pur disegnando modelli particolari e potendo farmi conoscere soprattutto con il passaparola ho raggiunto una discreta fama, e ciò che per me conta, un soddisfacente apprezzamento”.
Missione compiuta dato che “volevo dare vita ad un brand dove, una donna che desideri un abito unico, lo possa co-creare insieme a me, personalizzandolo con ciò che più la rappresenta attraverso un mio dipinto, realizzato a mano e con materie pregiate come la seta, il lino e tante altre. Questa in estrema sintesi è la ratio di Roberta Baiardi Couture”.
Pur lavorando in splendido isolamento la stilista, ma forse preferisce designer, chiavarese di adozione, sforna decine di modelli nuovi a stagione. Per esempio in questa fase è fuori la sua collezione ‘Reinassance Summer 2023’, ispirata ai colori delle albe e dei tramonti. Nel caso voleste coprirvi con qualcosa d’altro nessuna paura, ci sono svariati capi per ogni evenienza: abiti da cerimonia, Beachwear (indumenti da spiaggia per i soliti ignoti della moda), costumi, abiti da sposa, casacche e pantaloni oltre alla vecchia specialità della casa, i foulard.

“Ci tengo a ripetere che faccio tutto da sola e che so fare solo questo. Se mi danno degli acrilici o degli olii sono perduta, mi escono delle cose da bambino delle elementari. Invece con la seta e i colori adatti mi viene tutto congeniale”. Un po’ come quei musicisti che hanno difficoltà a leggere uno spartito ma che quando prendono in mano uno strumento riescono a trovare armonie e melodie stupefacenti.
“Penso che molto si spieghi con la mia indole. Datemi un pezzo di seta o di lino, mi metto in un angolo, mi piazzo nella mia bolla come si dice oggi, e sono felice. Negli scorsi anni, anni complicati per le note ragioni, creare è stato anche un rifugio dove ritrovare me stessa”. Si intuisce che per Roberta il lato economico della impresa non è preponderante. “È chiaro che ci deve essere un minimo di ritorno. Anche se quello della moda non è un ambiente facile. In più io sono abbastanza, potrei dire totalmente, anti-moda, nel senso che per me la moda è come uno vuole vestirsi. Non seguo la corrente, non faccio qualcosa pensando a che cosa piacerà e che cosa no. Devo prima di tutto divertirmi, altrimenti faccio fatica a finirla. Penso che questa cosa arrivi alle persone. Logicamente non arriva a tutti. Chi è fuori dagli schemi, secondo me è uno che comunque pensa ancora con la sua testa a prescindere”.
Nel mondo di Roberta non ci sono solo rose. “Potrei dire che facendo le fiere e le varie mostre oggi il mercato è peggiorato perché molte persone sono uscite dalla crisi ingrigite e arrabbiate. Gente proprio più maleducata. L’ho constatato all’ultimo ‘Chiavari in Fiore’. Molte persone venivano, guardavano, toccavano, mettevano in disordine senza chiedere permesso. I capi dipinti in seta sono delicati, occorre un certo garbo”. Almeno comprassero. “Alcuni mi hanno criticato apertamente per i prezzi. Dovrebbero tenere conto del lavoro che c’è dietro, del costo dei materiali. La seta è un lusso, ma è anche un investimento. Vogliamo fare dei paragoni sulla durata del capo?”.
Per i santommasi c’è lo showroom dove possono toccare con mano. “Ci tengo particolarmente, la porta è sempre aperta. Io non ci sono sempre, perché lavoro anche a casa, servono spazi grandi, ampio terreno dove distendere i tessuti quando li dipingo. Poi alcuni hanno bisogno di tantissimo tempo per asciugare. In estate è aperto il mercoledì pomeriggio e il venerdì mattina, da settembre aprirò anche al sabato mattina e penso al venerdì pomeriggio”. Una vera artigiana, la casa come bottega e viceversa, nel segno del sentimento. “Lo ripeto, io punto a comunicare con le mie opere. Chi le compra capisce che le ho fatte mettendoci tutta me stessa. Questo fa la differenza: è come se apprezzassero la mia anima”.
Un ap-‘prezza’-mento che sfugge alle inesorabili regole dell’onnipotente mercato. Far conoscere che cosa si ha dentro. ‘Apprezza la mia anima’: l’unica maniera per cederla ad altri senza rischiare di finire come il Doctor Faustus.