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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Rimossa la cancellata di piazza San Francesco: inascoltati tutti gli appelli per evitare questo scempio

Questi spazi richiederebbero maggiore attenzione per i loro confini, sono luoghi che nei secoli hanno visto variazioni, destinazioni e, ampiamente documentato, “divisioni”
Le operazioni di rimozione della cancellata presso l'Auditorium San Francesco
Le operazioni di rimozione della cancellata presso l'Auditorium San Francesco
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di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *

Le scintille del flessibile che taglia l’acciaio sembrano un fuoco d’artificio, ma stavolta non c’è niente da festeggiare: l’appello ai precedenti storici ed urbanistici del luogo (leggi qui) per richiamare l’attenzione sul significato e sul valore della cancellata non è servito, e da oggi la cancellata è rimossa. 

Un ampio comunicato stampa dell’amministrazione precisa ancora una volta che l’intento è quello d’abbattere ogni barriera e di riunire i diversi spazi dell’intero ambito circostante, e che in questa ottica sono in previsione importanti investimenti e progetti. Perciò la mia attenzione non diminuirà e continuerò a vigilare a salvaguardia del nostro patrimonio storico culturale. 

Non sono un paladino e neppure un Don Chisciotte, ma un cittadino attento e partecipe. Voglio ribadire che in questi anni richiami e polemiche sono state assolutamente utili ad impedire errori e correggere grossolane ‘patacche’, richiamate nel documento dell’amministrazione. Vorrei rammentare la polemica di fuoco che ebbi col sindaco Agostino al tempo del suo intervento di rifacimento dei pavimenti di “Caruggio Dritto”, una serie di tappeti in graniglia che caratterizzavano i singoli lotti, a memoria del lodo fondativo del 19 ottobre 1178. Tutto venne da Agostino cancellato e rettificato, in un intervento che ha appiattito l’intero sottoportico, rendendo illeggibile il complesso modello urbanistico che era giunto sino a noi. Gli interventi in un contesto così delicato e così ricco di storia devono rendere possibile la conservazione delle tracce del trascorrere del tempo. Ciò trova garanzia nel saper testimoniare un prima e un dopo, nel complesso di una stratificazione degli alzati conservata con precisione. 

Altro esempio, e quelli sull’operato di Agostino sono davvero tanti: terminato il lavoro e restaurato l’Auditorium non trovò di meglio che chiamarlo “Cà du Borgo”, denominazione che poteva andare bene per una pizzeria, ma non di certo per un luogo così carico di storia restituito alla comunità. Furono necessari degli anni, ma giunse la più semplice delle soluzioni: dedicare l’Auditorium al santo patrono d’Italia titolare da secoli della chiesa, San Francesco

Parlando di questo luogo non posso non ricordare i lavori eseguiti in quell’occasione e tuttora visibili nel disastroso stato in cui si ritrova il chiostro interno, tra ghiaia, distributori di bibite e provvisorietà assoluta. A dire il vero il danno immenso fu l’assoluta disattenzione dimostrata nella costruzione della scuola, quando non si tenne minimamente in considerazione il valore del complesso conventuale che venne brutalmente demolito. 

Tutti questi particolari alimentano le nostre sensibilità, e ci chiamano continuamente ad essere tutti custodi della nostra città e dei luoghi in cui viviamo. 

La prima grande lezione per destare le nostre coscienze a questo compito arrivò nel novembre del 1978, quando a Chiavari i maggiori studiosi e dirigenti della Soprintendenza si riunirono nel “Convegno Internazionale per l’VIII Centenario dell’urbanizzazione di Chiavari”. Furono tre giorni indimenticabili, con interventi che accesero una nuova luce su come intervenire e salvaguardare il nucleo storico della città. Due anni dopo giunsero gli atti a stampa, un volume di cinquecento pagine per poter apprendere al meglio i contributi degli studiosi. 

Nella primavera del 1987 ci fu una nuova occasione: sempre il comune di Chiavari organizzava una mostra d’arte e cultura nei secoli XVI e XVIII, il periodo della “Chiesa di San Francesco e i Costaguta”. In questa occasione si riaprirono l’intero palazzo Rocca, il primo lotto del museo, la Chiesa in un riattamento ad uso pubblico, con il restauro della facciata e il cancello oggi rimosso. Il cancello non si presentava come una barriera perché il passaggio era assicurato da un ampio varco con un doppio battente, ma oggi si lo si è voluto rimuovere comunque. 

Questi spazi richiederebbero maggiore attenzione per i loro confini, sono luoghi che nei secoli hanno visto variazioni, destinazioni e, ampiamente documentato, “divisioni”; scelta, questa della divisione, che voi dell’attuale Amministrazione confermerete con i “dissuasori”, aggeggi che ahimè sostituiranno il monumentale cancello! 

Allora io mi permetto di guidarvi alla visita di alcuni spazi storici di Chiavari, dove le divisioni orizzontali, siano esse linee architettoniche o separazioni ottenute variando i materiali, ci segnano i luoghi dove camminiamo, magari senza alcuna barriera fisica, ma con distinzioni tuttavia nette e percepibili. 

Piazza Mazzini è disegnata nel proprio spazio dal selciato in arenaria, ma i blocchi descrivono dei tappeti, creando una precisa prospettiva al punto focale del monumento centrale. Nulla è casuale in questo grande impianto, il progettista Riccardo Questa disegnò le singole tessere, predispose il basamento in granito per accogliere il bronzo di Augusto Rivalta, creò bozzetti delle colonnine per verificare la più idonea a delimitare il monumento. Ancora un particolare che ci insegna come una comunità operava le proprie scelte: tutti e tre i monumenti della Chiavari risorgimentale furono realizzati grazie ad altrettanti “Comitati di Proposta”, per avere la certezza che fossero rappresentativi dell’intera comunità. Cioè il confronto garantiva la conferma nel tempo delle decisioni, scelte che divenivano importanti se si considera che erano monumenti. 

Ancora un esempio della delimitazione simbolica degli spazi: nel realizzare l’intervento in Piazza Verdi si è posizionato e modulato il grande marciapiede: progetto realizzato in modo casuale? No, l’ingombro ci permette d’individuare uno spazio preciso delimitato da secoli di storia, dalla Chiesa di San Marco a Nostra Signora della Valle, dal Circolo Costituzionale al Teatro Civico che fu dedicato a Verdi e che nell’agosto del 1964 venne demolito per realizzare il più banale dei parcheggi. Segue oggi il riuso col vostro intervento, e l’archeologo che segue le operazioni rileva i lacerti che precisamente confermano l’antica destinazione: il marciapiede assume così il ruolo di testimone, d’indicatore storico.

Torniamo al cancello, e non abbandoniamo la lettura archeologica, anzi la utilizziamo come accurato strumento di verifica. La cronaca: gli operai tagliano i montanti del cancello e rimuovono il tutto, la ruspa inizia a scavare e puntualmente spunta la conferma del muricciolo che segnava l’antico sagrato di San Francesco. La foto fatta col telefonino diventa per me un momento d’orgoglio: posso continuare ad affermare che questi spazi erano divisi perché erano destinati a usi diversi, ed il cancello costituiva una divisione decisamente migliore e più rappresentativa dell’artigianato cittadino di quanto potranno mai essere i dissuasori. 

Concludo con una sorta di “post scriptum”: durante il dibattito sulla sistemazione dello spazio antistante il pronao della cattedrale, avevo sostenuto che era assolutamente necessario segnare lo spazio, una sorta di linea che delimitasse l’antistante tratto, tuttora leggibile, come indicatore del sagrato. 

(* storico e studioso delle tradizioni locali)

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