di ALBERTO BRUZZONE
“La riforma della sanità proposta dalla Giunta Bucci non va a sanare il problema principale: ovvero lo scollamento tra la parte territoriale con le Asl e la parte ospedaliera. Queste due aziende continuano a non parlarsi e i relativi problemi non saranno mai risolti”.
A fornire il suo punto di vista sulla riforma della sanità che ha iniziato ieri il suo esame in Commissione Regionale e sarà votata dal Consiglio Regionale entro la metà di dicembre (salvo variazioni e imprevisti) è Andrea Stimamiglio, già presidente per lunghissimo tempo della sezione ligure della Fimmg, ovvero la Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale, anche noti come i medici di famiglia.
In queste giornate di dibattito intenso, la riforma sanitaria viene letta, riletta, analizzata e commentata dalla politica, dai sindacati e poi da chi il lavoro lo svolge giorno dopo giorno sul territorio: medici e infermieri (leggi qui l’intervista di ‘Piazza Levante’ all’assessore regionale alla Sanità, Massimo Nicolò).
Secondo Stimamiglio, “qualche perplessità c’è, e non potrebbe essere altrimenti. È stato presentato tutto molto di fretta, c’è stata poca condivisione e io comprendo benissimo le ragioni di chi si dice preoccupato”.
Un primo motivo di perplessità, secondo il medico genovese, “è legato al personale. La riforma parla di risparmi, dal punto di vista dei costi. Ma il personale è quello e non è che si possa tagliare. Gli spostamenti da soli non portano a un risparmio. Io credo che una riforma che anzitutto si è posta l’obiettivo di migliorare la governance, abbia invece perso una grossa occasione”.
Quale? Stimamiglio spiega: “La riforma della sanità all’esame dei lavori in Commissione e poi in Consiglio, crea di fatto due aziende uniche: una territoriale per tutte le Asl e poi, per quanto riguarda la Città Metropolitana di Genova, una sola azienda ospedaliera con San Martino, Galliera, Villa Scassi e futuro ospedale degli Erzelli. Due aziende separate tra loro, con il risultato che territorio e ospedali continuano a non parlarsi. Questo non risolverà mai il problema degli eccessivi afflussi al pronto soccorso”.
Forte della sua esperienza maturata sul campo, Stimamiglio prevede: “Ogni azienda tirerà la coperta dalla propria parte, ma tutto questo non sarà a beneficio dei cittadini. Nel nostro ultimo accordo regionale, veniva stabilito che per ogni distretto ligure – sono diciannove, di cui sei a Genova – venisse creata una struttura con un medico di base attivo per almeno diciotto ore al giorno, un infermiere e una strumentazione di base a livello di ecografo, di elettrocardiogramma e di radiologia. Questo avrebbe risolto il problema dei codici bianchi, togliendo pressione ai pronto soccorso. È passato un anno e mezzo da questo accordo tra istituzioni e Fimmg e sapete quanti punti sono stati attivati? Zero. Il territorio non filtra i pazienti e allora inizio a pensare che ci sia dietro una precisa volontà politica. Le aziende sono differenti e Asl e ospedali non si parlano. E questo rimarrà così anche con la prossima riforma sanitaria. Non viene toccato minimamente il problema. Per questo parlo di una grande occasione persa”.
Secondo Stimamiglio, “è invece essenziale far dialogare ospedali e territori. C’è poi un’altra criticità nella riforma della sanità: non si dice una parola su come si pensa di risolvere il problema delle liste d’attesa e delle fughe, manca completamente l’analisi della situazione. Io vedo solo un grosso tentativo di far passare una grossa fetta della sanità pubblica ai privati, perché c’è un enorme problema di sotto finanziamento a livello nazionale e nessuno lo affronta”.
Senza contare che una struttura sempre più centralizzata rischia di lasciare ancor più indietro chi è ai confini dei territori: “Per questo il progetto di riforma spaventa in particolare gli entroterra, e questi cittadini hanno ragione. Se per loro oggi è già difficile mettersi in relazione con l’Asl territoriale, figuriamoci con l’azienda unica. E questo vale anche per gli addetti ai lavori: per ogni cosa bisognerà rivolgersi alla struttura centralizzata”. Quando venne varata la riforma dei tribunali, con la chiusura del palazzo di giustizia di Chiavari, tutte le cause vennero spostate a Genova. Ancora adesso, ad anni di distanza, i danni provocati da quella decisione sono evidenti. “La paura è che con la sanità finisca allo stesso modo”, conclude Stimamiglio. Ecco perché le voci contrarie continuano a levarsi.